Caracas, venerdì 28 Luglio ore 14:00 locali, 20:00 ora italiana: il giorno dopo il comizio conclusivo del Presidente Nicolàs Maduro, raggiungiamo telefonicamente Geraldina Colotti, giornalista che si trova in Venezuela per testimoniare quanto sta accadendo prima del voto della Costituente previsto per domani, domenica 30.

Di seguito, dunque, l’intervista esclusiva che la redazione di La Riscossa ha realizzato.

Si sono viste manifestazioni pro-Costituente e i media occidentali, come sappiamo, trasmettono quotidianamente notizie di “guerriglia”. Qual è il clima che si respira in Venezuela?

«Sembra di vedere due paesi diversi, se teniamo anche conto dell’immagine che viene fornita dai media occidentali, completamente distorta, ad uso e consumo di un processo che vuole screditare da moltissimo tempo la legittimità del Governo Bolivariano del Venezuela. Questa delegittimazione, ovviamente, ha un fine: dire che il Socialismo, foss’anche quello di matrice umanista, cristiana come si definisce quello Bolivariano, ha fallito ed è portatore di miseria, povertà e insicurezza per le masse popolari. Dunque avallando, in buona sostanza, le pratiche eversive che sta portando avanti l’opposizione venezuelana: la “guerriglia”, sostanzialmente, s’è intensificata da 3 mesi a questa parte, ha provocato oltre 300 morti, ed è, sempre per i media occidentali, “la reazione legittima contro una dittatura che non lascia spazio neanche al dissenso”. Dissenso, insomma, che ne avrebbe ben donde per le ragioni che ho espresso prima. Questa è la versione generale da propaganda di guerra che si sta diffondendo in questa fase.

Ci sono, effettivamente, delle zone popolate da classi medie e medio-alte che sono da sempre teatro di queste violenze a partire dal colpo di Stato del 2002 contro Chavez, proseguendo con la serrata petrolifera, fino alle ‘guarimbas’ di qualche anno fa. Le questione che è rimbalzata ancor di più sui giornali occidentali è stata, poi, la vicenda di un altro tipo di rivolta, quella militare (tecnicamente nda) di quel gruppo di ufficiali golpisti dell’esercito, in Plaza Altamira, la stessa piazza epicentro dove abbiamo visto ricomparire il poliziotto (che aveva rubato l’elicottero da cui aveva lanciato granate sugli edifici pubblici) il quale ha inneggiato al golpe. Tuttavia, stavolta, lo Stato Maggiore dell’Esercito Bolivariano, Vladimir Padrino Lopez, ha risposto a tono ribadendo più volte ciò che ha detto Chavez per rigettare l’arroganza delle sanzioni nordamericane, le quali hanno colpito 13 funzionari del Governo. La pratica delle sanzioni, c’è da dire, è stata ‘inaugurata’ da Obama, portando come motivazione quella del “Venezuela come minaccia nei confronti degli Stati Uniti”. Padrino Lopez ha rigettato, per l’appunto, questa arroganza rispondendo alla comunità internazionale che “non si costruisce una comunità internazionale con le bombe ma con il rispetto della dignità dei popoli e del popolo venezuelano in particolare”.

Che è anche quello che ha risposto il Presidente Maduro alle affermazioni della Mogherini.

«Sì, esattamente».

Le proteste che vengono propagate da tutti i media occidentali e statunitensi sono concentrate a Caracas, così com’è stato per gli episodi di tre anni fa, oppure l’estensione è maggiore?

«È bene precisare questo: mentre a Caracas avviene quanto sopra menzionato, tutto il resto del Paese produce, lavora tranquillamente in serenità, come se ci fossero ‘due paesi’ , come ho detto prima. Gli scontri, in ogni caso, si verificano tanto nei quartieri medio-alti di Caracas quanto in alcuni altri di determinate Regioni governate dall’opposizione. Anzi, sarebbe più corretto dire “di municipalità governate dall’opposizione”, soprattutto nel Tàchira (al confine con la Colombia nda) in cui c’è un Governatore ‘chavista’  ma si verifica un ‘traffico’ con la Colombia, grazie a gruppi paramilitari, in termini di mercato nero, alimentare, del petrolio che sfruttano in funzione antibolivariana».

Prima di tornare sulla questione della guerra alimentare, però, è bene parlare del voto della Costituyente di domenica 30. Tecnicamente, come si voterà e su cos’è il voto di dopodomani?

«È un’esperienza straordinaria vivere questa fase politica e storica. Intanto per la passione che ci mettono i compagni venezuelani che militano e partecipano in favore della Costituyente e, anche per chi ha poca dimestichezza con le pratiche democratiche come la sottoscritta, ci si rende conto che l’esercizio democratico non è un feticcio e viene preso molto sul serio perché è la forma attraverso cui si esprime ripetutamente la democrazia partecipata e protagonista, che è l’asse centrale della Costituzione Bolivariana. C’è, quindi, una marea di giovani e di persone molto preparate che lavorano a questo sistema elettorale che è stato considerato da tutti gli osservatori internazionali quasi perfetto, “a prova di frodi”, uno dei migliori al mondo. Il che, tra l’altro, illumina meglio quale sia la strategia dell’opposizione che quando vince, e lo fa attraverso questo sistema elettorale, se ne guarda bene dal protestare; quando, al contrario perde, comincia a gridare alla frode. Addirittura Capriles Radonski, leader dell’opposizione chiese il riconteggio manuale dei voti: una cosa completamente demenziale, dato che è un sistema totalmente elettronico e informatizzato. Sarebbe lunghissimo da spiegare, dico solo un paio di cose significative a riguardo: in primis, per garantire l’effettiva veridicità e validità del voto, il Governo venezuelano s’è dotato di sofisticati software di riscontro interno del voto e, a differenza degli USA, dove pure vige un sistema automatizzato del voto, qui c’è un doppio riscontro, tanto con ricevuta cartacea del voto effettuato quanto con l’impronta digitale dopo aver votato.

Dunque il conteggio del voto procede in maniera molto rapida. Questa, inoltre, non è una tornata elettorale tradizionale: durante le elezioni presidenziali, ad esempio, ci sono giorni e giorni di prove del sistema e di verifiche meccaniche (e ‘umane’) incrociate con tutti i partiti, per far sì che non ci possano essere falle nel sistema di voto.

Con questo sistema i risultati si conoscono prestissimo, tuttavia per le elezioni della costituente le urne rimarranno aperte fino a quando c’è gente ai seggi, diciamo, anche se di norma c’è un’orario di chiusura (16:00 o 18:00). Ovviamente, questa non è una elezione tradizionale, come dicevo prima, è un’elezione di cittadini, ci sono persone che si iscrivono come rappresentanti di un comune, o dei pensionati, ad esempio, dunque possono esserci anche rappresentanti dell’opposizione, qualora dovessero venir eletti. Non a caso a monte di tutto questo c’è il Poder Popular, che nel senso più ampio e più forte del termine, è l’istanza che presiede non solo alla Costituzione Bolivariana ma è l’essenza originaria della stessa. Un po’ come successe nella Comune di Parigi e i presupposti sono simili: non già quello di azzerare l’avanzatissima costituzione Bolivariana bensì ampliarne lo spettro dei diritti, che nel corso di questi anni sono stati acquisiti ma che non potevano essere contemplati nel testo originario, dato che è stato frutto di una mediazione in cui le parti in causa erano molte, come la chiesa cattolica. Proprio la chiesa cattolica venezuelana sta facendo ‘il diavolo a 4’ e rappresentano un vero e proprio partito di guerra, sceso pesantemente in campo contro lo Stato, disobbedendo agli ordini di Papa Bergoglio che aveva chiesto di disinnescare le violenze ai tremendi vescovi che furono insediati da Wojtila. Il voto, comunque, è un sistema che mette in moto un processo lungo, quello della Costituente, che poi dovrà essere votato tramite referendum popolare».

Questa, insomma, non è e non sarà l’unica elezione per la Costituente, dunque? Spiegaci un po’ qual è ‘l’oggetto del contendere’ e com’è strutturato il voto per la Costituente.

«Intanto ci sono 543 candidati per liste, individuali (pensionati, operai, etc). Dopodiché ogni comune, a seconda della grandezza, ha la possibilità di eleggere un certo numero di candidati. Tutti questi candidati verranno votati in questo voto di domani, uno di lista e l’altro individuale, e saranno quelli che faranno parte dei 543 costituenti che metteranno in moto tale meccanismo. Questo ‘motore’ che si mette in moto, ovviamente, non si sa quanto potrà durare: può anche darsi che ci vogliano 6 mesi e inizierà un dibattito per ambiti (ad es. la terra, la pesca, la questione di genere, la diversificazione dell’economia e così via) portando nei dibattiti tutte le esperienze di autogoverno che ci  sono state nel corso degli anni e che hanno rappresentato il vero anticorpo alla guerra economica. Il Venezuela, insomma, vuole intraprendere quello che non ha compiuto precedentemente, ovvero, il ribaltamento dei rapporti di produzione. L’architrave dello stato borghese nel corso del tempo non è stato modificato, nei fatti, dal Venezuela: è stata appena intaccata da un processo interno di sviluppo e contro potere che ha innescato il chavismo, il quale a sua volta ha messo in moto diverse politiche che hanno drenato risorse attraverso le ‘misiones sociales’ direttamente dall’esecutivo socialista ai consigli comunali, molti dei quali si sono federati in ‘comunas’. Gli eletti che dovranno dibattere dei temi sopra citati, ovviamente, dovranno riportare la discussione nel Paese, come se fosse una ‘grande Agorà’, come s’è sempre fatto in Venezuela».

Sentendoti parlare cade pezzo dopo pezzo la tesi occidentale di Maduro “dittatore”…

«Ma quale “dittatore” rimanderebbe nelle mani del popolo ogni tipo di decisione rispetto a quanto costruito fino ad oggi? Ma quale dittatura, poi, permetterebbe a queste destre di continuare impunemente come stanno facendo, fino al punto da ardere vivi essere umani perché chavisti, sono oltre trenta le persone bruciate à la Ku Klux Klan. Quale “dittatura” avrebbe permesso una consultazione, fatta passare per plebiscito, che si è svolta in modo illegale e arbitrario dalle destre?»

Che ha visto, documentate, prove di falsificazione della consultazione stessa come i voti multipli…

«Esattamente! Un voto con le solite truffe della solita opposizione, ecco, la quale ha provveduto subito, ancora prima che si chiudessero i seggi, a comunicare di aver raggiunto la cifra di sette milioni di voti». 

Meno di quelli che ha preso Capriles alle elezioni Presidenziali, in ogni caso.

«Si, tra l’altro. Oltretutto, quello che hanno fatto, dopo aver comunicato i ‘risultati’ alla stampa internazionale, hanno bruciato tutte le schede. C’è di più: i calcoli, tra l’altro, hanno mostrato che neanche se ogni elettore fosse stato ‘un fulmine’ e si fosse precipitato da un “seggio” all’altro e avesse votato “alla velocità della luce” si sarebbero raggiunti quei numeri. La consultazione convocata dalla MUD è stata, in sostanza, abbastanza demenziale».

Certo è che un “sistema dittatoriale” non concede elezioni così frequentemente, né le perde, per altro.

«Sì, ed è proprio questo il punto: 18 anni di Venezuela Bolivariano non sono molti, nell’arco della Storia di un Paese, per far sì che si stabilizzi uno Stato, calcolando anche che l’inflazione indotta dalla guerra economica, etc. Per tutta una prima fase del chavismo i soldi derivanti dalla nazionalizzazione e statalizzazione del petrolio sono stati usati soprattutto per saldare l’enorme e centenario “debito sociale” nei confronti degli indigeni, delle categorie che non avevano nulla da mangiare né tanto meno un documento di identità, per dire. Poi, ovviamente, s’è verificato il colpo di Stato contro Chavez nel 2000 e l’economia era stata ridotta allo zero assoluto dopo la serrata petrolifera. Tutti i tentativi di diversificazione dell’economia da parte del chavismo hanno prodotto dei risultati: sono andati avanti, pur con mille storture, perché un processo come quello bolivariano sperimenta senza avere il controllo totale dei mezzi di produzione, e quello che s’è fatto è stato tantissimo.

Quando uno Stato, poi, ha una percentuale di persone che si triplica, rispetto ai bisogni e che può accedere a qualsiasi tipo di consumi, che prima non riusciva a consumare neanche un pasto e ora ne riesce a sostenerne tre e in cui le case popolari costruite grazie alla ‘mision vivenda’ sono state addirittura 1.700.000…»

Dunque in sostanza dici che sono cambiati i parametri del Paese?

«Certamente: sono cambiati i parametri rispetto ad un Paese che sta cominciando a rimettere in piedi un’economia ma su altri terreni e, costantemente, con un sabotaggio mostruoso incrementato a dismisura negli ultimi anni. Tale sabotaggio ha colpito, come prima dicevo, il settore alimentare, ovvero i bisogni primari delle masse».

In Italia s’era arrivati al punto che qualsiasi media, sia stato un sito internet o un quotidiano, come ben sai, parlava di Venezuela nel caos perché i beni di prima necessità erano irreperibili, com’è avvenuta la guerra economica e su quali basi si poggiava?

«Innanzitutto il sistema di distribuzione non è nelle mani statali ma private. O meglio, la piccola produzione agricola, quella che fa mettere insieme più agricoltori formando una cooperativa ha una sua distribuzione, facendo vendere ai mercati la propria merce, quando questo non può avvenire per un motivo o per un altro, si deve ricorrere alle grandi compagnie di distribuzione. Ne esistono di statali ma sono la minor parte rispetto alla quasi totalità che è in mani di privati. Si è verificato di tutto, come si può ben immaginare, dalle tangenti agli “accaparramenti”: per anni i grandi trafficanti andavano a rifornirsi dai produttori, compravano tutto l’acquistabile e vendevano i prodotti al mercato nero a prezzi maggiorati. Un po’ come è accaduto in passato col petrolio al confine con la Colombia, nel Tàchira: fare il pieno per un SUV in Venezuela costa quanto comprare una bottiglietta d’acqua, per dire, dunque immagina quanto poco ci si mette ad andare avanti e indietro alla frontiera per svuotare i distributori venezuelani, dato che in Colombia il prezzo del carburante è molto alto quasi come in Italia, e rivendere quel carburante al mercato parallelo. Lo stesso discorso è stato fatto con il cambio dollaro/bolivar: c’è un sistema parallelo, basato su un sito che si chiama dolartoday.com, tremendissimo, che perverte l’economia. Tale sito, basato a Miami, fornisce dei falsi parametri per il cambio dollaro/bolivar, tant’è che nel sito c’è espressamente scritto “Càmbio y valor de el dolar paralelo” che perverte e deprime l’economia, come ho detto. C’è anche poi, connesso, il “rischio paese” calcolato dalle Agenzie di Rating, connesso a questo sistema, che viene affibbiato ai Paesi per cui quando vai a chiedere un prestito pretendono, se il tuo rischio è elevato, i soldi tutti in contanti oppure un interesse maggiorato perché non sei considerato ‘solvente’. Questo sistema di sabotaggio vige da anni e il Governo Bolivariano sta prendendo contromisure, ancora una volta, rivolgendosi al Poder Popular: esiste un sistema di autorganizzazione diretta (i CLAP, comitati di rifornimento e produzione) in cui si produce, l’ho visto coi miei occhi, anche sfruttando gli orti urbani, per far fronte alla tremenda guerra economica. C’è stato uno straordinario processo di ripresa e di mantenimento: calcoliamo, per un momento, il prezzo del petrolio, che scende vertiginosamente a giorni alterni. Il Venezuela, deve far fronte ai prezzi del mercato ma non per questo fa pagare questa crisi indotta dai mercati alla popolazione: il 70% degli introiti derivanti dal petrolio lo si investe in ‘misiones’ sociali. Ecco perché le coperture, per lo studio, la cultura e i diritti elementari, non sono mai venuti meno.

Qui si capisce quanto sia strumentale la protesta di questi che si dicono ‘studenti’, ma sono ricchi figli di persone delle classi medio-alte, sia una bufala: i bambini delle elementari hanno in dotazione un computer, oltre ai libri e all’istruzione gratuita; gli universitari ricevono un iPad, ad esempio, ma così come ci sono anche le borse di studio all’estero… Si capisce facilmente perché il Venezuela viene considerata una minaccia per il Mondo: è in completa controtendenza e anche se non è presente il socialismo e alcune grandi imprese fanno buoni affari, togliendo anche solo un po’ di questi ‘buoni affari’ stanno bene tutti. Anche questo progetto bolivariano, umanista, cristiano e riformista non va bene al potere.

In Italia abbiamo inserito il pareggio di bilancio in Costituzione che mette fuorilegge non solo le riforme strutturali, ma anche il keynesismo. La natura rapace e guerrafondaia del capitalismo non può consentire il benessere della popolazione perché ha bisogno di distruggere».

Articolo originale: http://www.lariscossa.com/2017/07/29/vi-racconto-cosa-sta-accadendo-venezuela-intervista-esclusiva-geraldina-colotti/