L’altro ieri un amico mi ha inviato un comunicato intitolato ‘’azione di polizia contro il razzismo’’ nella prospettiva della partecipazione organizzata della polizia greca alla sfilata di Athens Pride 2017. Questo ha scatenato dentro di me un conflitto tutt’altro che teorico: si può umanizzare la polizia greca? Potrebbe la polizia, con la sua struttura, l’educazione ricevuta, con gli ordini che vengono eseguiti  e il suo ruolo sviluppato dallo Stato, stare accanto al cittadino invece di stare contro? Quanto efficaci sono i seminari formativi sui diritti umani rivolti agli agenti della polizia, sia uomini e donne? Non è una causa persa ogni azione e ogni sogno che ha lo scopo di “riposizionare” oggi la polizia greca?

Nel 2008, ad Atene, un ragazzo inerme viene ucciso dal proiettile di un poliziotto. I recenti avvenimenti di quest’anno e di tutti i precedenti, fuori dal Parlamento greco mi confermano che comunque la polizia non mi sembra predisposta a disobbedire ad azioni di repressione di massa. Si schiera, invece, con grandissima facilità e ‘’a pieno carico’’ per rispondere con lancio di lacrimogeni contro alcuni ‘’incappucciati’’, senza mai riuscire a garantire il diritto di una protesta pacifica e seria contro le leggi che violano la nostra Costituzione. Attraverso il Racist Violence Recording Network (RVRN) abbiamo registrato diversi episodi di violenza da parte della polizia, non solo contro gli immigrati, ma anche contro le persone lgbtqi+. Pochi giorni fa Tina Stavrinakis, la rappresentante di RVRN, spiegava al Parlamento greco esattamente questo punto.

Accanto a lei però c’era un brigadiere generale della polizia greca, che non aveva niente a che fare con quella polizia che tutti noi conosciamo. Parlava di iniziative di formazione nel corpo della polizia riguardo al rispetto dei diritti umani dei vari gruppi; parlava della necessità di arricchire il materiale didattico presso l’Accademia di Polizia e tante altre cose  importanti, che dimostrano un lavoro che ha lo scopo di costruire una polizia di un altro tipo. E non dimenticherò mai un poliziotto tedesco presente ad un dibattito sull’argomento “Polizia e utenti di droga’’ che spiegava che non porta in carcere i tossicodipendenti che trova per strada (come fa la polizia qui in Grecia), ma li informa e li aiuta ad andare nei centri di recupero a Colonia (questi centri che c’erano una volta anche in Grecia, ma ormai li hanno chiusi) e porta sempre con sé il naloxone per evitare qualsiasi caso di overdose e per salvare vite umane.

La polizia greca si è rifiutata di partecipare come istituzione ufficiale alla sfilata di Athens Pride 2017 e questo la dice lunga sulla situazione attuale. Ma è la stessa istituzione che nel 2005 ci ha aiutato a sfilare nonostante le intimidazioni della notte precedente. Alcune persone che lavorano nella polizia hanno trovato il coraggio e la forza di organizzare un blocco, di stampare camicie con il logo Athens Pride e di marciare con orgoglio. E non si sa se saranno in grado di realizzare la loro visione di una polizia diversa, ma hanno costruito un piccolo ponte, lo stesso che sta costruendo anche il brigadiere e tanti altri. Nessuna istituzione è stata mai cambiata da sola, perché le istituzioni sono le persone che le compongono. Se l’umanità volesse disegnare un percorso più rivoluzionario chiedendo la ricostruzione dello stato a beneficio del cittadino (dato che oggi le democrazie parlamentari sono in una crisi senza precedenti e questo lo vediamo tutti i giorni), chi deciderà il ruolo delle forze armate in questa direzione, se non le persone stesse che prestano servizio presso le forze armate? Credete che la disobbedienza civile sia un’atteggiamento che non possono implementare, per esempio, i lavoratori nella polizia greca?

La comunità lgbtqi+ deve riflettere e agire a favore delle persone che fanno questo primo passo, rafforzando con le loro attività politiche e con le sue dichiarazioni questi tentativi, proteggendoli contro il cosiddetto «nocciolo duro» e la struttura dura dell’istituzione che loro servono. Li deve anche “vincolare” con un contratto morale per un impegno al rifiuto della violenza e alla difesa dei diritti dei loro concittadini. Ma la comunità per fare questo non deve essere apolitica. Non deve rimanere in silenzio quando succedono incidenti di violenza, non deve organizzare cocktail parties mentre la gente scende per strada per dimostrare per la morte di Grigoropoulos, non deve far finta di niente mentre l’attuazione delle misure politiche portano a un aumento della violenza, creando persone senza dimora e senza lavoro, o mentre le proteste pacifiche vengono soffocate dai lacrimogeni. Non deve rimanere in silenzio quando i partiti che non sono all’interno dell’arco democratico attaccano la gente. Inoltre tutte le organizzazioni che promuovono il movimento lgbtqi+ devono essere interconnesse ufficialmente con la comunità e con le sue organizzazioni. E tutte le sue organizzazioni dovrebbero essere più in contatto con le persone lgbtqi+, permettendo un’ampia partecipazione al processo decisionale. Tutti noi dobbiamo imparare a non rompere i ponti, ma a vederli come opportunità per proteggere la nostra gente.

E qualcosa di molto importante: nessuno può combattere il mostro diventando a sua volta un mostro. Nessuno può combattere la violenza del sistema praticando la stessa violenza. Semplicemente perché la violenza chiama altra violenza ed è così che si riproduce.

 

Traduzione dal greco: Olga Liakaki