I cittadini equatoriani, in patria e all’estero, stanno dando una lezione di sovranità popolare al resto del mondo.

 

In attesa dei risultati definitivi provenienti dall’Ecuador, in quella che sarà una gara sino all’ultimo voto, i cittadini equatoriani che vivono in Spagna hanno scelto come presidente già al primo turno il progressista Lenìn Moreno: 45% dei loro voti contro 21% della seconda contendente, la moderata Cynthia Viteri. E con un miserrimo 15% hanno bocciato clamorosamente il conservatore Guillermo Lasso che, avendo raccolto in patria il 28% dei voti, andrebbe al ballottaggio il 2 Aprile se Moreno non riuscisse a incrementare il suo attuale 39,13% fino a sfondare la soglia del 40% [1].

Lasso è l’ex banchiere che, negli anni seguenti il 1998, da “superministro” applicò supinamente le ricette neoliberiste imposte dal FMI (il famigerato aggiustamento strutturale coi suoi selvaggi tagli al welfare, operati in base allo slogan “meno Stato più mercato”), e si spinse fino ad adottare il dollaro USA come moneta nazionale.

Moreno rappresenta la continuità del governo più longevo nella storia del suo paese, quello di Raphael Correa che negli ultimi dieci anni ha portato l’Ecuador a registrare i più significativi progressi fra tutti i paesi dell’America Latina nei settori chiave: istruzione, servizi sanitari, strade e trasporti pubblici, acqua, elettricità.

E allora? Come interpretare questa diversità di giudizio nei due gruppi di votanti?
Per certo le cause sono molteplici, ma un fatto si impone: la differenza ‘spagnola’ non sta tanto nella promozione di Moreno (+15% rispetto al voto nazionale) quanto nella bocciatura di Lasso (-87% sul voto nazionale).
Allora, se lo scarto di giudizio riguarda le ricette neoliberiste, si può dedurre che gli Equatoriani residenti in Spagna sentono viva e attuale, sulla propria pelle, la disumana negatività di quelle ricette, mentre per gli Equatoriani residenti in patria si tratta di ricordi lontani una generazione, abbastanza da lasciare spazio al malcontento cui ogni governo uscente, per quanto virtuoso, inevitabilmente presta il fianco.
Questa polarizzazione pro o contro il neoliberismo viene avvalorata dal voto degli Equatoriani residenti negli USA, seconda maggiore comunità nel mondo (con 105.000 elettori registrati, dei quali ha votato solo il 9%) dopo la Spagna (168.000 elettori registrati, dei quali ha votato il 21%).

Il grafico mostra che le preferenze per Moreno e Vitali sono simili sia in Ecuador che in Spagna e USA, mentre il candidato neoliberista, secondo in Ecuador, viene declassato al terzo posto in Spagna e promosso al primo posto negli USA.
Seguendo la massima ‘a pensar male si fa peccato ma quasi sempre ci si azzecca’ vien da ipotizzare che le poche migliaia di cittadini Equatoriani emigrati negli negli USA e sostenitori di Lasso siano in prevalenza persone che in patria avevano perduto antichi privilegi a causa della più equa redistribuzione del benessere realizzata dai governi Correa…

Le elezioni dell’Ecuador sono ancor più importanti se si allarga lo sguardo all’intera America Latina dove minoranze elitarie, che avevano conquistato il potere negli anni ’70 con golpe militari, ora lo stanno rifacendo con golpe mediatici.
Ancor più importante, questo piccolo paese si conferma leader mondiale nella resistenza alla dittatura mediatico-finanziaria che poche multinazionali impongono a tutti i popoli e ai loro governi sedicenti “democratici”. E’ il paese che offre asilo politico a Julian Assange nella sua ambasciata di Londra, e non è certo un caso se il candidato neoliberista ha dichiarato di voler sloggiare Assange qualora andasse al potere.

Grazie, Ecuador!

 

[1] Fonte: Consejo Nacional Electoral de Ecuador
Schede scrutinate alle ore 19:00 italiane del 21/02/2017:
89% in Ecuador, 72% in Spagna, 60% in USA.