Le banche creano denaro semplicemente inserendo delle cifre nel computer. Gli Autori riassumono le ragioni per la proposta di riforma monetaria che raccoglie sempre più consenso in Svizzera, come in molti altri Paesi industrializzati.

 

Quando, raccogliendo firme per l’iniziativa Moneta Intera (MI), chiedemmo ai passanti “chi crea il nostro denaro?” venimmo guardati perlopiù con aria interrogativa oppure risposero: “la Banca Nazionale Svizzera” o “lo Stato”. Ciò conferma l’impressione che su questo tema cruciale per la vita di tutti noi non vi è quasi alcuna conoscenza o una mistificazione.

In effetti una iniziativa popolare del 1891 attribuì alla Confederazione, tramite la BNS, l‘esclusivo potere di creare banconote, oltre a quello di creare monete metalliche già in vigore dal 1848. Ma nel frattempo è intervenuta l’era digitale. Oggi la Confederazione e la BNS creano assieme circa il 10% del denaro in circolazione, tramite l’emissione di monete metalliche e banconote. Il restante 90% è creato dalle banche private attraverso la concessione di crediti, o effettuando investimenti per conto proprio: le banche creano denaro semplicemente inserendo delle cifre nel computer. Questa moneta, chiamata scritturale, elettronica o bancaria, è il denaro che abbiamo sui nostri conti bancari. Tale modalità di creazione del denaro è la stessa per tutti gli altri maggiori paesi industrializzati. È così che le banche private hanno acquisito un enorme potere, precedentemente attribuito solo allo Stato [signoraggio -NDR-], e godono di un immeritato privilegio. Questo è un fatto confermato non solo da economisti di diversi Paesi ma recentemente pure dalle stesse banche centrali di Paesi quali l’Inghilterra, la Germania e la Francia, nonché da una pubblicazione didattica della BNS (Iconomix-Fachtagung, September 2013, di Carlos Lenz) che dice: “Le banche creano denaro tramite l’erogazione di crediti. Quando una banca concede un credito, essa scrive il corrispettivo importo sul conto del cliente come deposito”.

Le implicazioni di un tale meccanismo sono molteplici ed hanno una vasta portata sulla vita di tutti noi, a cominciare dal fatto che ai cittadini sfugge l’utile derivante dalla creazione di denaro, mentre le banche ne realizzano immensi profitti. Seppure, a fronte della somma dei prestiti, ogni banca deve avere una riserva di denaro emesso dalla BNS, tale riserva del 2,5% non solo è minima ma può essere costituita dopo la concessione dei crediti e sotto forma di un prestito. È dunque facile aumentare quasi illimitatamente il volume dei crediti, contribuendo alla enorme crescita della massa monetaria in circolazione.

Una seconda implicazione è che le banche possono creare denaro anche per acquistare per proprio conto azioni, titoli, immobili, derivati e altri beni e servizi, gonfiando in questo modo le bolle finanziarie.

Una terza implicazione è che il denaro creato dalle banche private non rappresenta franchi svizzeri, ma ne è un surrogato. Ciò significa che il denaro sui conti dei clienti di una banca sono a rischio in caso di fallimento dello stesso istituto di credito, poiché oggi tale denaro rappresenta un prestito alla banca e non un deposito tenuto fiduciariamente dalla banca.

Una quarta implicazione consiste nel fatto che quando le banche percepiscono che la situazione economica è favorevole intraprendono ogni tipo di azione per aumentare il volume dei prestiti nella continua ricerca del profitto, salvo poi chiederne il rientro oppure non rinnovarli quando la sensazione prevalente è che l’economia stia rallentando. Da qui nascono le situazioni di grande euforia dei mercati finanziari e le successive crisi avvenute in passato.

Alla luce di quanto sopra, l’iniziativa Moneta intera, che raccolse circa 112’000 firme [per la consultazione popolare del giugno scorso -NDR-], propone una riforma costituzionale che può essere riassunta in tre parti distinte:

1. Trasferire il potere di creare tutto il denaro, anche quello scritturale, alla BNS. Quest’ultima ottiene così un più efficace e diretto strumento di politica monetaria del tasso di interesse per controllare la massa monetaria. La BNS deciderà, in base alle previsioni economiche, la quantità di nuovo denaro da immettere nell’economia, e continuerà a fungere da prestatore di ultima istanza per il sistema bancario.
Le banche private invece svolgeranno finalmente quella che avrebbe dovuto essere, secondo la maggioranza dei testi accademici, la funzione di intermediario utilizzando il denaro che hanno a disposizione dai clienti, da altre banche o, in ultima istanza, dalla BNS per concedere crediti. Non c’è quindi pericolo che si abbia una stretta creditizia, come spesso asseriscono gli avversari dell’iniziativa. È pur vero che, siccome le banche private non potranno più creare denaro per conto proprio, verranno limitati investimenti speculativi generalmente più rischiosi.

2. Tutto il nuovo denaro deve essere attribuito esente da debito alla Confederazione, come peraltro avviene già oggi con le monete metalliche, ai Cantoni o direttamente ai cittadini. La decisione sull’utilizzo del nuovo denaro spetterà al Parlamento, che deciderà di volta in volta se finanziare la spesa pubblica federale o cantonale, ridurre il debito pubblico oppure versarlo direttamente ai cittadini. In ogni caso vi sarebbe un cospicuo beneficio per i contribuenti, a lungo termine ancora maggiore se queste risorse venissero utilizzate per la riduzione o persino l’estinzione del debito pubblico, attualmente pari a circa 220 miliardi di franchi.

3. Tutti i conti correnti detenuti dalle banche private devono essere posti fuori bilancio. Oggi tali conti sono inclusi nei bilanci delle banche e pertanto a rischio nel caso in cui una banca dovesse fallire. Con la riforma MI i conti correnti sarebbero tenuti esternamente ai bilanci delle banche e quindi i rispettivi titolari avrebbero la certezza che questi conti non verrebbero toccati in caso di fallimento. Avremmo perciò denaro a prova di crisi ed un traffico di pagamenti garantito, quindi nessuna banca sarà “too big to fail” e dovrà essere salvata dallo Stato.

Ulteriori benefici della riforma MI sarebbero ad esempio un sistema monetario e bancario più trasparente e comprensibile, una parità di condizioni tra banche, imprese e cittadini ed una maggiore concorrenza tra piccole e grandi banche.
Non da ultimo questa riforma avrebbe un impatto benefico sull’ambiente in quanto verrebbe rallentata la corsa sfrenata allo sfruttamento delle risorse del nostro pianeta, amplificata dalla pressione alla crescita inerente ad un sistema monetario basato sul debito e alla possibilità di creare denaro a piacimento per investimenti puramente speculativi e nocivi per l’ambiente.

In conclusione l’iniziativa Moneta intera costituisce un primo essenziale passo, anche se certamente non definitivo, per realizzare un sistema più equo e democratico, in cui tutti i soggetti economici possano avere le stesse opportunità, al fine anche di garantire alle generazioni future prospettive di sviluppo sostenibili.

 

Sergio Morandi, economista e membro del Consiglio scientifico dell’iniziativa Moneta Intera

Konstantin Demeter, membro del Comitato dell’iniziativa Moneta intera e coordinatore per il Canton Ticino dell’Associazione MoMo (Modernizzazione Monetaria).

 

Riprodotto per gentile concessione de “Il Corriere del Ticino” (ivi pubblicato il 4/10/2016)