di Carlos Aznárez

“Se non smetteranno di ucciderci, faremo sciopero”, hanno detto. Chiaro come il sole. Le donne argentine hanno preso il toro per le corna e hanno detto “Basta” con l’ondata di omicidi, di violenza e di rapimenti di giovani donne per le reti del traffico di esseri umani. Perciò si sono assunte loro il compito di fare uno sciopero nazionale di un’ora, mercoledì 19 ottobre. Questo sciopero, così come le proteste innumerevoli che si chiamano “Non Una Donna di meno”, che si sono ripetute in tutto il continente, è un grido di indignazione che cerca di scuotere finalmente le fondamenta

del sistema e di fare in modo che cambi e di fare qualcosa circa questa situazione intollerabile.

Le cronache che leggiamo sono sconvolgenti. Donne e ragazze vengono stuprate, uccise, torturate, rapite. I casi più recenti che hanno inorridito il paese sono stati lo stupro e l’uccisione (“morte tramite  infilzamento”  con un oggetto non affilato è stata la descrizione fornita dai media) di Lucia Pérez e l’accoltellamento di tre ragazze che    erano in giro con i loro amici,  per mano di un uomo che aveva preso specificamente di mira le donne del gruppo. C’è stato anche un grande numero di mariti che hanno ferito ripetutamente  le loro mogli, mentre la polizia imperturbabilmente risponde: “cercate di non farlo arrabbiare”, frase che è il mandato di secoli di patriarcato.

Come hanno scritto le combattenti femministe, in quanto portavoce di questo atto di opposizione auto-convocato: “Questo sciopero significa che non tollereremo più questo, o che agiremo come se nulla fosse accaduto. In ogni città grande, in ogni città piccola, e in ogni angolo, alzeremo le nostre voci perché #VogliamoVivere! (#VivasNosQueremos!)”

Aggiungono altre ragioni ugualmente importanti per fare lo sciopero: “Perché dietro l’aumento della violenza patriarcale c’è anche un aspetto economico che è la mancanza di autonomia economica delle donne che ci lascia indifese quando vogliamo la libertà e che ci rende anche vulnerabili al traffico di esseri umani o “muli a buon mercato” per il traffico e la vendita di droga.

“Perché la media della disoccupazione è del 9,3%, ma per le donne è del 10,5%. Perché il 76% del lavoro domestico non pagato è eseguito dalle donne. Perché i compiti di assistenza che ci assumiamo ci espongono a una maggiore precarizzazione del lavoro. Perché nei lavori precari il divario tra donne e uomini cresce dal 30 al 40%. Perché il 20% delle donne che ricevono un salario in cambio del loro lavoro, svolgono mansioni domestiche e, in seguito, molte  diventano insegnanti e infermiere, lavori essenziali ma screditati. Perché, quando abbiamo dei figli, tocca a noi prenderci cura di loro, e quindi la cifra totale di noi che lavoriamo scende dal 54% al 39%. Perché i congedi per maternità sono brevi e non ci sono quasi per niente locali dove tenere i bambini nei posti di lavoro delle madri, sia forniti dallo stato che dal settore privato.”

Evidentemente, ci sono più che sufficienti motivi per lo sciopero delle donne e dovrebbe meritare molto più di un’ora (dalle 14 alle 15), svegliare tutti quelli che non sono ancora diventati consapevoli del fatto che oggi, questo movimento è in prima linea in tutte le nostre lotte. Ciascuno di loro.

D’altra parte, è importante ricordare che soltanto pochi giorni fa c’è stata una toccante dimostrazione di donne nella città di Rosario, nel contesto dell’Incontro Nazionale delle Donne, dove in oltre 100.000 hanno manifestato con le loro bandiere e striscioni, e la polizia ha deciso di reprimerle con pallottole di gomma e gas lacrimogeni. (vedere le foto su: http://www.thedawn-news.org/2016/10/10/over-100000-women-marched-for-their-rights-in-argentina-there-was-police-repression-pictures-inside

Questi crimini orripilanti contro le donne sono accaduti soltanto pochi giorni dopo  quell’appello a un’enorme attenzione contro la violenza basata sul genere. Sembra quasi una vendetta del maschilismo che ancora si cela nella nostra società. Un segno di questo è stato il fatto che  media tradizionali hanno chiuso gli occhi sull’evento e che non hanno detto una parola in proposito. Avrebbero imparato una o due lezioni e avessero prestato attenzione, dato che di frequente pubblicano articoli carichi di ideologia patriarcale o vignette dove le donne compaiono per lo più come prostitute o come persone pazze, isteriche perché protestano  pubblicamente contro ciò che è sbagliato.

E he cosa succede con le istituzioni? Tutte guardano dall’altra parte. Dalla sacre gerarchie ecclesiastiche, ancora radicate nel loro passato di inquisizione, ai governi, nessuno vuole ascoltare una parola sugli aborti gratuiti e sicuri, e continuano a tollerare il fatto che delle povere donne muoiano ogni giorno perché abortiscono in modo clandestino e insicuro. Alcuni fanno finta di preoccuparsi, quando devono fare delle campagne elettorali, ma poi se ne dimenticano completamente.

Tutta  la società deve ascoltare questa rivendicazione e sostenerla in modo che possa portare ad azioni che effettivamente pongano fine a questa violenza ripugnante. Questo problema, come molti altri, non può mai essere risolto mandando la polizia a reprimere coloro che lo denunciano. La polizia e il sistema giudiziario si sono dimostrate essere due delle più crudeli istituzioni per le donne, a causa del potere che detengono. Proteggono fidanzati e mariti  violenti,   accusano le vittime e liberano gli stupratori, i “magnaccia” e i pedofili “per mancanza di prove”. A questa offensiva criminale del patriarcato ci si deve opporre nelle strade. Se la giustizia non agisce come dovrebbe, allora dobbiamo incaricarci noi di svergognare  pubblicamente coloro che torturano, violentano e uccidono le donne, in modo che non dobbiamo spargere lacrime su un’altra vittima fatale.

Ci si deve opporre al patriarcato e al maschilismo, alla fobia delle lesbiche, dei trans sessuali e a ogni forma di discriminazione, servendoci dell’educazione. Dobbiamo trasmetterla ai nostri bambini, ai giovani, dimostrando loro i nostri valori e usando un linguaggio anti patriarcale, e non permettendo che nessuna delle nostre parole faccia sentire una ragazza o una donna inferiore perché è donna. E dobbiamo anche chiedere questo nelle scuole, nelle scuole superiori e nelle università, e metterlo in pratica nei luoghi di lavoro, dove le molestie sessuali sono comuni e spesso diventano stupro.

Se non agiamo, se non ascoltiamo questo allarme rosso che ci lanciano le donne della nostra società e di tutta l’America Latina, diventeremo, per omissione, complici di ogni attacco che subiscono.

Il 19 ottobre, quindi, dobbiamo stare tutti dalla loro parte. Dalle 13 alle 14, ci saranno l’interruzione del lavoro, dimostrazioni e bandiere appese all’entrata di ogni posto di lavoro e di istituzione educativa. Alle 19, faremo una dimostrazione, partendo dall’Obelisco di Plaza de Mayo, davanti al palazzo del governo.

Non una donna di meno!

 

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