Ha ragione due volte Matteo Renzi quando afferma che il voto per le elezioni amministrative non è un voto sul governo. La prima ragione sta nel fatto che, se si vota per eleggere il sindaco di un paese o di una città, si tratta di elezioni amministrative e non politiche. La seconda ragione è che in Italia per il governo non si vota mai, perché il voto alle elezioni politiche serve ad eleggere i rappresentati del popolo al parlamento.
Ha torto due volte Matteo Renzi quando subordina la sua permanenza al governo all’esito positivo del referendum sulla revisione della Costituzione. Ha torto anzitutto perché la Costituzione appartiene a tutti i cittadini ed è scorretto legare le sorti di qualsiasi governo ad un’eventuale modifica costituzionale. E ha torto anche perché il governo risponde del proprio operato al parlamento e non direttamente al popolo, che esercita la propria sovranità nei limiti e nelle forme della Costituzione, come ad esempio nel referendum, qualsiasi sia il suo esito.
Considerato il fatto che le distinzioni qui richiamate sono chiaramente espresse nella Costituzione vigente e non sono previste modifiche nemmeno nel progetto di revisione, sarebbe una prova di maturità politica se, in vista del referendum costituzionale tutti, maggioranza ed opposizioni comprese, discutessero sul metodo e nel merito delle modifiche proposte alla Carta fondamentale, lasciando da parte ricatti e minacce.
Purtroppo, al momento, continuiamo invece a registrare atteggiamenti e dichiarazioni infantili: da una parte ci sono quelli che “se non si fa come dico io, non gioco più”, dall’altra quelli che “se non passa la loro riforma, devono andarsene”. Due facce della stessa medaglia, di una classe politica mediocre, che ha smarrito il senso dei “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”, che animavano tutti i Costituenti.
In fondo è questa la ragione più profonda che ci fa dubitare dei sedicenti riformatori. Dimostrino, anzitutto, di saper applicare in concreto la Costituzione vigente, che è già un programma politico con un orizzonte così “alto ed esigente”, che costituisce un compito enorme per i prossimi decenni. Poi ne riparliamo…