Arriva alla VII edizione la campagna nonviolenta internazionale Open Shuhada Street, lanciata per protestare contro le misure di chiusura e separazione messe in atto dal governo israeliano nella città di Hebron in Cisgiordania e, in generale, per chiedere uguaglianza, rispetto dei diritti umani e la fine della occupazione militare israeliana. Durante la settimana di mobilitazione internazionale dal 19 al 27 Febbraio 2016 attivisti e organizzazioni in tutto il mondo metteranno in atto azioni nonviolente e organizzeranno incontri per chiedere la riapertura di Shuhada Street, la via principale di Hebron preclusa ai palestinesi e diventata simbolo di apartheid. Mentre su twitter, l’hashtag sarà #Hebron #Palestine #OpenShuhadaSt.

Hebron è tra le quattro città sante sia dell’ebraismo e dell’Islam. Come il resto della Cisgiordania, è sotto occupazione militare israeliana dal 1967. Insediamenti di coloni iniziarono a diffondersi allora e continuano ancora oggi ad espandersi, pur se ritenuti illegali secondo il diritto internazionale. Oltre ai grandi insediamenti di Kiryat Arba e Givat Ha’avot costruiti su terra palestinese, nelle immediate vicinanze della città di Hebron, ci sono circa 600 coloni israeliani che vivono nel cuore della vecchia città palestinese ‘difesi’ da più di 1500 soldati. Tensioni e aggressioni sono culminate il 25 febbraio 1994 quando il colono israeliano Baruch Goldstein uccise 29 palestinesi mentre pregavano in moschea durante il Ramadan. In risposta a questo evento, l’esercito israeliano ha introdotto una politica di separazione, che ha visto la chiusura di Shuhada Street ai palestinesi, così come la chiusura di tutti i loro esercizi commerciali che vi si trovavano. Simbolo di una più ampia politica di apartheid condotta da Israele nei territori palestinesi occupati, la chiusura di Shuhada Street limita la libertà di movimento per i palestinesi e massacra l’economia di Hebron, una volta fiorente snodo commerciale e ora quasi diventata una città fantasma.

Non mancano tentativi di opporsi a questo stato di cose attraverso la disobbedienza civile. Come quella portata avanti da Youth Against Settlements, gruppo di attivisti palestinese che conduce quotidiana attività di diffusione delle informazioni di quanto accade ad Hebron. Vittima di minacce e rappresaglia da parte dell’esercito israeliano, l’associazione ha avuto di recente la sede devastata e saccheggiata di telecamere e macchine fotografiche che servono per raccogliere e mostrare al mondo testimonianze di quanto accade. La sede e tutta la zona circostante a partire dal 28 dicembre è zona militare chiusa e nessuna persona che non sia registrata come abitante del quartiere può entrare, se non registrato.

AssopacePalestina aderisce alla Campagna ed invita tutti a mobilitarsi ed essere nelle strade e nelle piazze, comunicando la data e inviando foto o video dell’iniziativa a: lmorgantiniassopace@gmail.com