Nel 2015 il premio Nobel Muhammad Yunus ha compiuto 75 anni. In un saggio ha raccontato l’evoluzione dell’esperienza del microcredito e della “Banca dei Poveri”: “Si può fare! Come il business sociale può creare un capitalismo più umano” (Feltrinelli, 2012, pagine 253, euro 8,50).

Yunus sogna e realizza un capitalismo dal volto e dal cuore umano, e in questo libro racconta e approfondisce alcuni esperimenti di “business sociale” che aumentano il benessere fisico e la ricchezza materiale delle comunità più svantaggiate. Per essere più precisi l’azienda sociale “si colloca fuori dall’universo della ricerca del profitto perché il suo obiettivo è quello di contribuire alla risoluzione di un problema sociale usando i metodi dell’impresa, ivi compresi la produzione e la vendita di beni e servizi” ad un prezzo accessibile a quasi tutti (p. 29). Per Yunus “L’accesso al credito dovrebbe acquisire lo statuto di un vero e proprio diritto umano”.

Comunque esistono sostanzialmente due tipi di imprese orientate al benessere sociale. Nel primo tipo la proprietà è diffusa e la “proprietà si impegna a non distribuire dividendi, ma a investire l’eventuale surplus nell’ampliamento e nel miglioramento dell’impresa stessa… L’altra tipologia è invece rappresentata da imprese convenzionalmente orientate al profitto la cui proprietà è però in mano ai poveri direttamente o indirettamente, attraverso un trust di gestione fiduciaria impegnato per statuto a risolvere un determinato problema sociale” (p. 30).

Del resto molti problemi non possono essere risolti dalle classi dirigenti nazionali, poiché “i governi sono spesso ostaggio di interessi particolari, di partiti politici che mirano solo ad accrescere il loro proprio potere e di personaggi corrotti” (p. 54). Quindi Yunus si rende perfettamente conto che questi esperimenti sociali otterranno scarso aiuto dal mondo politico tradizionale e che questo nuovo settore dell’economia è fondamentalmente legato alla buona volontà e alla disponibilità economica dei cittadini. Inoltre, “persone ricche di intelligenza, creatività e talento possono sviluppare e introdurre innovazioni che raramente una struttura burocratica pubblica è in grado di produrre, e lo fanno senza imporre nessuna tassa” (p. 54).

La forza dei progetti realizzati dal business sociale risiede nel fatto che “le persone che vengono messe in grado di acquistare beni e servizi a un prezzo abbordabile compiono un passo decisivo per riacquistare fiducia in se stesse. Infatti, non si limitano ad accettare passivamente un dono, ma giocano un ruolo attivo nel sistema economico come liberi attori dell’economia di mercato” (p. 35). Inoltre, le fondazioni no profit, che di solito si occupano di beneficienza, potrebbero avere un ruolo centrale nel far nascere imprese con finalità sociali nei paesi che conoscono meglio.

Le imprese con finalità sociali sono quindi diverse dalle classiche organizzazioni no profit che dipendono dalla benevolenza, dalla filantropia e dalla beneficienza, poiché incassano denaro, sono autosufficienti e possono risolvere molti problemi a medio e lungo termine. E la caratteristica principale di un buon imprenditore sociale è questa: nonostante gli insuccessi iniziali, deve avere “l’onestà di riconoscere di aver compiuto un errore” (un caso piuttosto infrequente nei manager maschi), e la forza di ricominciare da capo. Naturalmente è meglio partire con progetti limitati: “Finché le dimensioni sono contenute si può essere operativi in tempi brevi e quindi cominciare subito a imparare dai propri errori, aggiustare il tiro e migliorare con continuità”.

Il settore sanitario potrebbe essere molto adatto alle imprese sociali. Ad esempio molti vaccini non vengono prodotti industrialmente poiché non garantiscono margini di profitto interessanti per le multinazionali farmaceutiche. Per rendere economica una campagna di vaccinazione si può adottare un sistema di sussidiarietà incrociata: “i pazienti di classe media potrebbero pagare un prezzo leggermente superiore a quello di costo e i conseguenti profitti potrebbero consentire di mantenere molto bassi i prezzi per i poveri”.

www.cure2children.org si occupa di talassemia, è stata fondata da due italiani cosmopoliti ed è un esempio magistrale di organizzazione sanitaria che si sta trasformando in business sociale. L’azienda è una “learning organization”: ha un approccio sistemico, e c’è un apprendimento continuo e di gruppo (pure il giornalismo partecipativo può diventare un business sociale).

Un’altra area di intervento molto interessante è quella della formazione. Infatti le famiglie incappano nella trappole della povertà quando i genitori non riescono a trovare il denaro sufficiente per permettere ai bambini di restare al passo con i tempi commerciali e tecnologici. Le organizzazioni che pagano gli studenti per studiare consentono ai bambini di non lavorare e alle famiglie garantiscono un’entrata extra per farle vivere dignitosamente. Ci sono poi organizzazioni che si occupano della formazione degli adulti come www.assefaitalia.org, che opera in India.

Comunque anche il giornalismo partecipativo può diventare un ottimo business sociale e indubbiamente l’approccio di Yunus è una grossa sfida culturale, “ma quando la cultura e la tradizione diventano il pretesto per rifiutare ogni rinnovamento, vuol dire che si tratta ormai di una cultura e di una tradizione morte, buone forse per i musei ma una zavorra per la società”.

Muhammad Yunus è nato e cresciuto in Bangladesh. Laureato in economia, ha insegnato in due università americane e ha diretto il dipartimento di economia dell’Università di Chittagong. Nel 1977 ha fondato la Grameen Bank (www.grameen-info.org) e nel 2006 ha vinto il premio Nobel per la Pace. Nel 2008 crea il www.yunuscentre.org e successivamente un laboratorio creativo che promuove le nuove imprese globali con finalità sociali: www.grameencl.com. Nel 2014 è uscito il film documentario di Marco Amenta: http://trovacinema.repubblica.it/multimedia/copertina/de-niro-premia-il-film-su-yunus/5670130, http://movieplayer.it/film/il-banchiere-dei-poveri_23691.

Per approfondimenti video:

http://www.agoravox.it/Un-altra-banca-e-possibile.html (sottotitoli in italiano, 5 minuti);

https://www.youtube.com/watch?v=5Q2T7TEy9tE (intervista, 14 minuti, 2012);

https://www.youtube.com/watch?v=nYXgfEpgnkk (conferenza, 30 minuti, 2011);

https://www.youtube.com/watch?v=XvwllE33cy4 (conferenza, 67 minuti, 2007);