L’Esercito di liberazione nazionale (Eln) ha rivendicato l’imboscata tesa domenica a una pattuglia dell’esercito che trasportava materiale elettorale verso un comune indigeno del dipartimento nordorientale di Boyacá, conclusa con l’uccisione di 12 membri delle forze dell’ordine, secondo il bilancio governativo.

Lo riferisce il gruppo armato in una nota seguita all’attacco, una mossa senza precedenti da parte della seconda guerriglia colmbiana da quando sono stati avviati con il governo “colloqui esplorativi” per un possibile negoziato di pace. Per l’Eln, tuttavia, il bilancio delle vittime è più alto: i ribelli parlano infatti di 17 soldati e un agente di polizia uccisi e sostengono di avere in ostaggio altri due soldati che “trattamento umanitario” e saranno preso rilasciati previa intesa con le autorità.

L’ELn motiva lo scontro con il clima di “alta militarizzazione” e “la pressione” che a suo dire viene esercitata sui suoi uomini in quella regione del paese. Sostiene inoltre che “non contraddice le intenzioni di pace” manifestate dalla guerriglia, perché effettuato in una zona con scarsa presenza di popolazione civile.

Nella nota, alla reazione indignata e minacciosa del governo, i ribelli evidenziano “la necessità di un cessate il fuoco bilaterale per procedere verso colloqui di pace ed evitare così la perdita di altre vite”. Per tutta risposta all’attacco, il presidente Juan Manuel Santos ha ordinato il rafforzamento dell’offensiva contro l’Eln, mentre il procuratore generale Alejandro Ordoñez Maldonado ha chiesto al governo di sospendere i colloqui preliminari con il gruppo armato.