di Antonietta Chiodo, Promosaik

Tutti abbiamo dei maestri lungo il nostro tragitto di vita, ci prendono per mano, per insegnarci, avviarci o semplicemente raccontarci ciò che il mondo grida, parole che segnano e lasciano immaginare i colori ed i profumi che avvolgono l’istante che muterà un intera esistenza. 

Quel che per noi occidentali spesso appare scontato in alcune zone del mondo segna utopie di diritti svelati, rapiti, immagini che strappano la coscienza e la obbligano a sedersi ed osservare bambini presi lungo le strade, fermati e scalciati come sassi lungo una via, lasciandoli gridare il loro dolore a madri lontane e spesso portate via dalla morte.

 

Immagini e racconti di un popolo in guerra, contro le bombe più pericolose, il potere e l’abuso fisico e psicologico, costretti alla paura del domani, alla paura di giocare al pallone sapendo che qualcuno prima o poi arriverà ma se diventi grande lungo questo incubo disegnato da una mano che non puoi afferrare, sarai un adulto coraggioso, un adulto che saprà per tutta la vita il valore di un istante. Mai cancellerò le parole di un uomo palestinese, uno dei miei maestri, spesso raccontava le sue giornate da ragazzo, costretto a studiare in stati diversi, perdendo così una sua identità personale, le paure nascoste perché un uomo deve apparire un leone per difendere il suo popolo e la sua terra, i suoi profumi e gli ulivi. Uno dei primi insegnamenti fu di osservare, un giorno mi guardò sorridendo immaginando il mio stupore:

 

– Per conoscere quel territorio ed il popolo palestinese e renderti conto di cosa significhi davvero essere prigionieri, devi guardare le mani degli uomini che incontrerai lungo la strada, se farai caso, a molti di loro mancano le unghie delle mani. La polizia ha l’abitudine di portare via dalle loro case i capifamiglia e tra le prime torture è di loro abitudine strappargli le unghie, poi ancora lasciarli nudi in una stanza ustionando l’uomo in vari punti del corpo. Umiliarli, deridendoli e minacciarli di portare via i loro bambini senza diritto ad un supporto legale, se lo avrai, significa che sarai ancora vivo, ma non sarai felice, perché vivo non significa libero. –

Uomini che vengono prelevati e portati via senza giusta causa a periodi alterni, lasciando le donne ed i bambini a cavarsela da soli. Uomini che sanno che l’indomani è un giorno che non sai dove lo passerai e se … lo passerai.

L’incognita della libertà

Parleremo dell’esperienza di Samantha Comizzoli e la descriveremo in breve per chi non la conosce, nasce in Italia a Galliate, Novara, cresce ispirata da una sua libertà interiore ed il bisogno di viaggiare che la porterà in Palestina fino ad oggi. Inizia già dalle superiori ad avvicinarsi alla lotta politica, milita poi nella F.I.G.C. per un breve periodo. Ha vissuto per brevi periodi in Costarica, Egitto e Messico, per poi terminare in terra palestinese rientrando in territorio italiano perché espulsa dallo stato di Israele come ospite indesiderato ed a causa di un visto che lei lasciò scadere tempo prima del suo arresto.

Poco più di un mese fa mi ritrovai a seguire personalmente la scarcerazione dell’attivista italiana Samantha Comizzoli detenuta dallo stato di Israele a causa delle sue riprese video a testimone dell’usurpazione dei diritti umani soprattutto nei confronti di centinaia di bambini palestinesi. Poco tempo prima dell’accaduto iniziò il tour del suo video denuncia “Israele il cancro”, un tour al quanto complesso a causa di continui boicottaggi da parte di varie città italiane, questo portò alla cancellazione di parecchi appuntamenti, ma non riuscirono a frenare la passione e l’utopia che ha portato i suoi collaboratori a divulgare la sua voce e quella di un popolo ferito.

Per avere le idee più chiare per quanto riguarda l’atteggiamento di questo stato nei confronti di chi si delinea di idea differente dalla sua, sarebbe bene rammentare ciò che accadde nel 2010, durante la scarcerazione di alcuni attivisti italiani che vide una storica e triste dichiarazione del presidente degli stati Uniti d’America, Obama: “è importante trovare modi migliori per fornire aiuti alla popolazione di Gaza, senza mettere in pericolo la sicurezza d’Israele.”

Indelebile inoltre l’aggressione subita dalla Freedom Flottilia da parte del governo israeliano nella cui situazione il consiglio dell’ONU presentò un testo per la richiesta di una commissione d’inchiesta per violazione dei diritti umani. Come in molti altri casi, il governo italiano appoggiò la violenza votando contro ed affossando anche questa possibilità che giustizia finalmente fosse fatta.

Similare il caso che trova coinvolta Samantha Comizzoli lasciando sola una donna privata dei propri diritti solo per aver divulgato la verità.

Samantha ha subito la detenzione di Israele per una intera settimana nel mese di Giugno 2015 subendo pesanti pressioni psicologiche, alcuni lettori ricorderanno anche lo sciopero della fame, nella speranza della liberazione dei trecento bambini detenuti illegalmente nelle carceri israeliane, costretti a subire abusi fisici e sessuali provati da alcune commissioni di note associazioni per i diritti umani anche site in territorio sionista.

Il 12 Giugno 2015 l’attivista venne prelevata in maniera al quanto brusca dal taxi su cui viaggiava a pochi chilometri dalla città di Nablus, venendole negata nelle prime ore di detenzione la possibilità di comunicare con il consolato italiano o un legale di fiducia. Passò molte ore di quei giorni in isolamento tra la paura e l’incertezza di ciò che le sarebbe potuto accadere, come uno spettro o qualcosa di distaccato dal mondo terreno a cui non fu permesso comprendere ciò che in realtà era semplicemente un diritto negato ad un semplice cittadino del mondo da uno stato potente.

Nel frattempo non solo la psiche di Samantha veniva messa sotto pressione, ma anche il suo essere donna, subendo perquisizioni fisiche senza potersi ovviamente appellare ad una mera possibilità che questo abuso fosse evitato.

Venne finalmente rimpatriata donandoci un altro momento indimenticabile, pochi amici e nessun giornalista italiano ad attenderla all’ aeroporto di Fiumicino, Roma, numerosi poliziotti in borghese che si accinsero a recuperare i dati personali delle persone presenti. Pochi secondi dopo l’atterraggio la donna scese finalmente dall’ aereo, venendo prelevata nuovamente per essere interrogata altre ore ancora.

Personalmente non potrò mai comprendere il gelo interiore che per tutta la vita ci si porti dentro, ma sento di comprendere la delusione che Samantha può aver provato sentendosi tradita dallo stesso stato in cui è nata ed in cui ha vissuto i suoi momenti indelebili familiari e della sua infanzia. Lo stesso paese che in TV vede scorrere quelle pubblicità progresso per la tutela delle donne e dell’infanzia, quell’infanzia che in paesi come la Palestina viene negata in cui chi cerca di difenderla viene eletto a nemico, lo stesso nemico che per principio va eliminato, usurpato e possibilmente reso inerme dalle armi socio-politiche che i potenti sanno usare piuttosto bene.

Ecco le nostre fonti, inviate direttamente da Samantha:

“Quest’intervista video è stata fatta poche ore dopo il mio arrivo a Fiumicino:

http://www.tgmaddalena.it/intervista-samantha-comizzoli-sequestrata-ed-espulsa-da-israele/

Ma la memoria, si sa, a volte cancella e fa riaffiorare in un secondo tempo dettagli e particolari.. quindi, dopo ho scritto questi:

http://www.samanthacomizzoli.blogspot.it/2015/06/non-e-stata-una-coincidenza.html

http://www.samanthacomizzoli.blogspot.it/2015/06/prigione-in-pillole.html

http://www.samanthacomizzoli.blogspot.it/2015/07/la-storiella-della-olive-la-palestina.html

http://www.samanthacomizzoli.blogspot.it/2015/06/chi-ce-nella-cella-n-110.html