In occasione dell’anniversario della conquista di Mosul nel nord dell’Iraq da parte dello Stato islamico (10 giugno 2014), e della decisione da parte delle milizie terroriste di trasformare la Chiesa siro-ortodossa di Sant’Efrem in moschea, l’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) insieme all’Associazione internazionale per i diritti umani (IGFM) si sono appellate alla Comunità internazionale perché in Medio Oriente le minoranze religiose perseguitate vengano sostenute molto più attivamente di quanto non sia stato fatto fino ad ora. L’appello congiunto delle due organizzazioni dal titolo “Non rimanere immobili davanti al genocidio di Ezidi e Cristiani d’Oriente” è stato inoltre adottato come risoluzione in occasione della 35. Giornata della Chiesa Evangelica tedesca svoltasi a Stoccarda durante questo fine settimana.

Nell’appello si chiede ai seguaci di tutte le religioni e dei diversi credo pacifici di intervenire e di sollecitare i politici in patria e all’estero ad agire per alleviare la difficile situazione dei rifugiati e degli sfollati, così come i civili assediati nelle aree curde e cristiane della Siria settentrionale. Come misura concreta si chiede l’istituzione di un corridoio per gli aiuti umanitari e per i rifugiati nel nord della Siria controllato a livello internazionale, ma anche che venga chiarita la sorte di 200 persone di fede cristiana rapiti in otto villaggi assiri, dei Vescovi Mor Gregorius Yoanna Ibrahim e Boulos Yazigi rapiti nel 2013 nei pressi di Aleppo, come anche un aiuto alla ricostruzione dei territori ancora liberi o già liberati.

Attualmente la situazione di persecuzione che pesa su Cristiani e Ezidi in Medio Oriente, riguarda anche molte minoranze islamiche, per le quali prevale l’elemento etnico piuttosto che quello religioso oppure la forte radicalizzazione degli aspetti religiosi nelle aree conquistate dallo Stato islamico. L’APM è impegnata da tempo ormai a favore di diverse minoranze islamiche perseguitate nel mondo: ultimamente la situazione più drammatica nel mondo islamico riguarda proprio la minoranza dei Rohingya in Birmania. Garantire diritti per tutte le minoranze è l’unica strada per prevenire conflitti in aree dove convivono minoranze etniche o religiose.