Scrivere a poche ore da un evento drammatico qual è stato l’atroce attentato alla sede del giornale satirico francese Charlie Hebdo è al contempo doveroso ed inopportuno, dacché solamente il silenzio si confà ad eventi simili. La matrice dell’aggressione è sembrata chiara sin dall’inizio, non appena sono trapelate le prime, dolorose notizie.

Ad altri, naturalmente, lascerò il commento politico dell’incresciosa vicenda. Dal canto mio, intendo spendere poche parole appena, che, per chi come me si occupa di dialogo interreligioso, rappresentano un dovere, civile ed etico assai prima che spirituale. Al di là di ogni vuota retorica, intendo ribadire con fermezza che ciò a cui la Francia ed il mondo hanno assistito attoniti non rappresenta in alcun modo l’Islam, termine il cui etimo rinvia a quella pace (salam) che il fondamentalismo musulmano tradisce insieme con il messaggio del profeta Mohammad, fedele riflesso di un Dio dal volto misericordioso.

In alcun modo dobbiamo lasciarci risucchiare nella mefitica spirale delle contrapposizioni, che non fanno altro che acuire un conflitto che in tutti i modi dobbiamo cercare di comporre e di arginare. Il primo passo in tal senso è rappresentato dal rifiuto di accondiscendere alle semplificazioni denigratorie che una stampa superficiale dà irresponsabilmente in pasto ad un’opinione pubblica disinformata ed emotivamente suscettibile.

In questo momento, tutti gli sforzi devono convergere verso la presentazione del volto di un Islam non soltanto differente, ma opposto rispetto alla contraffazione fattane dall’estremismo integralista. Una gran parte di questo Islam, assai più silenzioso ma ampiamente maggioritario, era presente nell’unica immagine rincuorante che vorrei conservare di questo giorno infausto: le piazze delle città francesi traboccanti di dolore e d’indignazione, ma anche di speranza e di dignità civile.

Perché, è bene non dimenticarlo, insieme con la redazione del Charlie Hebdo, l’Islam che crede nella pace e cerca faticosamente di costruirla è l’altra vittima di questo ennesimo, tragico eccidio.

Alessandro Esposito – pastore valdese in Argentina