Dal 19 dicembre scorso sono esecutive le sanzioni unilaterali degli Stati Uniti contro il Venezuela: si tratta di sanzioni contro «funzionari responsabili di violazioni dei diritti umani» e prevedono il blocco dei beni e il rifiuto dei visti. Le violazioni di cui è accusato il Venezuela riguardano la gestione della piazza nel corso delle proteste del febbraio 2014 e l’incriminazione di due protagonisti della sollevazione, Maria Corina Machado e Leopoldo López. La sollevazione a cui le sanzioni fanno riferimento non è stata tuttavia né democratica né pacifica: oltre 40 i morti, oltre 800 i feriti, grandi le devastazioni e i saccheggi provocati dai guarimberos (il nome degli scontri è infatti quello di guarimbas: “barricate”). Né i due protagonisti possono tanto facilmente essere accostati a dei novelli Gandhi latino-americani: Lopez era tra i protagonisti del fallito golpe del 2002 e successivamente accusato anche di malversazione; la Machado è incriminata per violazione della Costituzione, avendo preso la parola alla filo-statunitense OSA contro il Venezuela, in rappresentanza del suo paese ma senza avere ricevuto alcun mandato, né dal Parlamento né da altri organi costituzionali.

Come troppo spesso succede, l’applicazione delle sanzioni risponde solo agli interessi strategici di chi le commina e nulla ha a che vedere con la difesa dei diritti umani. La storia e i fatti dimostrano il contrario; all’inizio del nuovo anno, non c’è nulla di meglio che rinverdire le pagine della lotta per la pace e per i diritti umani. Grande è stato e continua a essere, infatti, il contributo del Venezuela contro la guerra e l’imperialismo e, nello specifico, per la promozione della soluzione diplomatica e della pace, specie in determinati contesti di grande importanza anche ai fini della mobilitazione democratica e pacifista. Non è difficile testimoniare con esempi storici l’iniziativa concretamente portata avanti nel corso degli ultimi anni dal Venezuela per contrastare la strategia dell’imperialismo e offrire soluzioni percorribili per la costruzione di un mondo più pacifico e più giusto, ancora per la costruzione della pace.

Nel merito, sono almeno cinque i contesti regionali nei quali più significativa si è dimostrata l’iniziativa bolivariana per la pace e la solidarietà internazionale: Libia, Siria, Palestina, Africa centrale e America Latina. Giusto per ordini di idee: in Libia, il Venezuela bolivariano è stato l’unico paese ad avanzare una concreta iniziativa diplomatica con una proposta di pace volta alla prevenzione dell’escalation, proposta sostenuta da Cuba, fatta propria dai paesi dell’ALBA e accettata, all’epoca, da Gheddafi (2011); in Siria, il Venezuela bolivariano ha lanciato un programma di sostegno ai profughi siriani in Libano, inviato rifornimenti di carburante e umanitari in Siria e costantemente denunciato la “guerra per procura” in corso nel paese nell’ambito di una strategia contro l’aggressione alla Siria tempestiva e articolata (2013-2014 in particolare); in merito alla Palestina, il Venezuela bolivariano ha prima cancellato accordi militari ed economici con Israele (2006), poi ha rotto i rapporti diplomatici con lo stato occupante (Israele) e riconosciuto ufficialmente con regolari relazioni diplomatiche, primo in America, lo stato di Palestina (2009); in Africa basti ricordare la strategia di cooperazione solidaria, su basi reciproche e paritarie, avviata dal 1999 e rafforzata dal 2005, con molti stati africani, specificamente nei settori dell’agricoltura, dell’energia, delle risorse minerarie, delle infrastrutture e del commercio; infine in America Latina i processi di scambio e di integrazione regionale.

Sotto questo profilo, è quasi pleonastico ribadire l’impulso decisivo e l’ispirazione creatrice portati da Hugo Chavez. Il Venezuela ha comprato buoni del debito argentino, inviato medici, tecnici e ingegneri in Bolivia, venduto petrolio in forma agevolata a Cuba e ad altri paesi dei Caraibi, sollecitato paesi latinoamericani a ricostruire legami con Cuba e promosso la creazione di spazi multilaterali come l’ALBA, l’UNASUR e la CELAC.

Il punto è che tutta la costruzione del socialismo del XXI secolo e ciascuno dei singoli episodi sin qui ricordati parlano della costruzione della pace e di un mondo nuovo e sono la migliore risposta alla disinformazione dominante. Partire dagli esempi concreti e praticare nella concretezza dei fatti la costruzione della pace, la tutela dei diritti umani e la solidarietà internazionale è anche il migliore auspicio che possa essere rivolto a tutti per il nuovo anno. Una delle prime occasioni di confronto e di approfondimento in merito alle questioni del lavoro di pace e di prevenzione della guerra sarà offerta dalla conferenza in programma martedì 13 gennaio, presso l’Associazione “Claudio Miccoli”, in Via S. Giovanni Maggiore Pignatelli 14, a Napoli, sul tema dei “Corpi Civili di Pace” e per la Difesa Nonviolenta. Qui il link.