La crisi politico-istituzionale in Kosovo sembra essere giunta ad un impasse, ma il punto di svolta è vicino e la soluzione della crisi non può essere rimandata. Questa settimana, come hanno indicato alcuni osservatori e per il modo come lo scenario sembra precipitare, rischia di essere decisiva. Sebbene il partito del premier uscente, il PDK di Hashim Thaci, abbia vinto le ultime elezioni politiche, il risultato ottenuto non è stato sufficiente a formare una maggioranza parlamentare. D’altro canto, unito dalla richiesta del rinnovamento e dalla denuncia della corruzione dell’esecutivo uscente, il blocco delle opposizioni, con LDK, AAK, Nisma, Vetevendosije, non sembra ancora sul punto di offrire, pur disponendo dei seggi sufficienti, un’alternativa credibile.

 

Il PDK è stato il primo, pur continuando la sua iniziativa volta a denunciare le irregolarità nella formazione delle procedure parlamentari preliminari, a raccogliere l’appello della presidentessa dell’auto-proclamata “repubblica”, Atifete Jahjaga, a trovare un accordo tra tutti i partiti e, in specie, tra i due schieramenti principali, per l’elezione del presidente del parlamento e la formazione di un nuovo governo. Le dichiarazioni di Thaci non sono sembrate tuttavia, fino a questo punto, molto inclini alla mediazione: «non è possibile superare la crisi istituzionale senza la partecipazione del PDK, essendo il PDK il primo partito alle elezioni politiche dell’8 giugno».

 

Il punto, come diceva qualcuno, è che spesso il potere logora chi non ce l’ha; qualche volta, finisce per logorare anche chi ambisce, e aspetta troppo tempo, a conseguirlo. Non c’è dubbio che l’impasse favorisca il PDK, se non altro per l’incombere, in caso di prolungamento dello stallo, dello “spettro” delle elezioni anticipate (ipotesi sulla quale anche gli osservatori internazionali sembrano dividersi); d’altro canto, questo “logoramento” non fa altro che accentuare, ogni giorno che passa, le differenze all’interno dell’eterogeneo schieramento delle opposizioni (che non tutti, sempre all’interno della “comunità internazionale”, considerano sufficientemente coeso ed autorevole per affrontare la sfida del governo e delle impellenti emergenze che il Kosovo ha di fronte).

 

Sino a questo momento, l’accordo sembrava propendere per una sorta di “co-abitazione”: all’AAK (con Ramush Haradinaj) la presidenza del governo, al LDK (con Isa Mustafa) la presidenza del parlamento, assegnazione, tuttavia, dubbia e controversa, dopo una altrettanto controversa sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato la presidenza dell’assemblea essere costituzionalmente appannaggio del partito di maggioranza relativa, cioè, appunto, il PDK.

 

La presidente pro-tempore del parlamento, incaricata della formazione dell’assemblea, Flora Brovina, potrebbe convocare l’assemblea in seduta permanente, fino a che gli accordi tra i gruppi non determinino la formazione di una maggioranza in grado di esprimere un governo, cui attribuire la fiducia. Allo stesso tempo, la presidentessa della “repubblica”, Atifete Jahjaga potrebbe decidere di sciogliere l’assemblea e convocare elezioni anticipate nel caso in cui, entro la fine della settimana, non si riuscisse a trovare una soluzione. La stessa credibilità istituzionale della presidentessa, tuttavia, sembra essere fortemente compromessa, dopo la sua decisione di prolungare il mandato dei giudici internazionali presso la Corte Costituzionale al di fuori del dettato costituzionale e delle sue prerogative istituzionali.

 

In questo panorama “allo sbando”, un rimescolamento delle carte è possibile. Sembra l’LDK, quale partito più forte del blocco delle opposizioni, intenzionato a prendere l’iniziativa di rivedere gli accordi post-elettorali, proponendo adesso un proprio leader, eventualmente lo stesso Isa Mustafa, alla premiership ed un esponente di Vetevendosje o dell’AAK alla presidenza del parlamento. Il leader dell’AAK, Ramush Haradinaj, non sembra avere tuttavia altro obiettivo che il governo e questo potrebbe riaprire lo scenario. D’altra parte, in clima di grandi coalizioni e di stabilità a tutti i costi, non pochi, all’interno della comunità internazionale, fanno il tifo per la Grande Coalizione in salsa kosovara, un inedito accordo tra PDK e LDK, dagli esiti imprevedibili.