La donna e l’uomo contemporanei si trovano di fronte a occasioni inedite sul piano sociale della relazione e della comunicazione che consentono di conoscere, esplorare, sperimentare, confrontare. Tutto ciò, anche se sembrano aumentare le “crisi” su diversi piani dell’esistenza umana: dall’ecologia all’economia, dalla politica alle relazioni sociali e soprattutto “crisi della cultura”, delle ideologie e dell’identità.

[1]La precarietà e l’ insicurezza permeano ogni settore dell’esistenza, dal livello lavorativo alle relazioni interpersonali e agli affetti (Bauman 1998). Gli esseri umani appaiono confusi e privi di punti di riferimento stabili, vivendo in un’epoca dominata da passioni tristi, tormentate, inquiete, e di abissali frustrazioni, in quanto si è assistito al crollo del mito dell’onnipotenza dell’uomo, costruttore della storia e della propria identità in contesti appunto storici, a favore di una condizione di baratro esistenziale e di totale impotenza di fronte al mondo, intriso di complessità. Da queste istanze scaturisce una forte crisi di senso, soprattutto educativa, dalla pedagogia alla formazione dell’adulto.

Nei paesi industrializzati le istituzioni come la scuola e la famiglia reagiscono in modalità insicure e incerte alle sfide della modernità e della globalizzazione, rivelando una profonda crisi educativa che si manifesta come deriva del concetto di autorità, che non si esplicita più in modalità autoritarie rassicuranti e contenitive nel rapporto tra genitori e figli e tra insegnanti e allievi. I soggetti adibiti all’educazione trattano gli educandi come pari da persuadere per evitare il conflitto. In passato l’anzianità rappresentava un punto di riferimento, in senso implicitamente autoritario, che consentiva la trasmissione di cultura e di memoria storica, nell’importanza dei concetti e non in modalità evasive e seduttive.

Attualmente, l’unica gerarchia accettabile è determinata dal successo, dal potere personale, spesso conseguito in modo illecito, per cui il giovane ubbidisce solo se si sente sedotto e dominato e l’insegnante cerca di ottenere l’attenzione degli allievi in modo anche maldestro e furbesco, mediante tecniche di seduzione ed astuzie didattiche. Dunque per uscire dalla crisi di valori, di punti di riferimento, di governabilità e orientamento della società postmoderna, non occorre puntare sul progresso, né sul consumo, né sulla produttività, né sulla crescita, visti i limiti delle risorse energetiche mondiali.

Il futuro risiede proprio nel contrario: nella Decrescita (Latouche 2007), nel tornare ad investire sull’educazione, sulla cultura, sulla pedagogia, coniugandole in modalità dialogiche e interculturali, perché viviamo nel tempo della globalizzazione, del pluralismo e delle complessità etniche e linguistiche, dove gli elementi fondanti dell’educazione interculturale dovrebbero trovare massimo supporto a tutti i livelli della società civile e democratica, quali principi cardine della cittadinanza attiva.

Attualmente, il processo denominato “globalizzazione”, originato nelle macrostrutture delle tecnologie e del neocapitalismo flessibile, ha trasformato la società civile e il pianeta in un contesto ad alto fattore di complessità e di interdipendenza, di mobilità e di cambiamento, nel cosiddetto “villaggio globale” (McLuhan 1964), in cui si assiste, purtroppo, allo sviluppo di essere umani sempre più autocentrati, ripiegati sulla propria identità, nell’assenza di punti di riferimento stabili e soprattutto credibili e che pongono come matrice della propria condotta la ricerca unilaterale del piacere immediato e del libero arbitrio, inteso come libertà individuale ed egoistica, contrapposta alla vita sociale e di gruppo.

L’ordine neoliberista ha potenziato le egemonie, esaltando il capitalismo senza regole e senza limiti, per cui anche l’istituzione scolastica, a livello mondiale e locale, si trova a sottostare ad impositive logiche di mercato e a manifestazioni di conformismo e allineamento politico e culturale, con il rischio di depotenziare e svilire il ruolo centrale della formazione e dell’educazione al pensiero critico, antidogmatico, che è invece finalizzato a promuovere società eque e a misura di persona. L’istituzione scolastica, nelle sue competenze educative e pedagogiche, finalizzate a promuovere contesti pluralisti e interculturali, è chiamata a far fronte all’individualismo competitivo, alimentato dai poteri forti, dalle logiche neoliberiste e capitaliste, al fine di contrastare l’accrescimento di forza e potere su questioni etiche e su forme di dominazione gerarchica e di controllo della società civile, per creare ed alimentare invece spazi e contesti di pace e dialogo interattivo.

[1] Cfr. Portera A., Manuale di pedagogia interculturale, Editori Laterza 2013