Pubblichiamo la relazione tenuta da Emilio Molinari al seminario sul TTIP organizzato il 13 settembre dalla lista L’altra Europa di Milanoche dà un quadro spaventoso della situazione attuale e futura  dell’acqua nel mondo.

Il TTIP ( Transatlantic Trade Investment Partnership, il trattato in atto tra Usa e UE) è la prefigurazione di un nuovo ordine mondiale nel quale il ruolo della politica e di tutte le istituzioni elettive viene marginalizzato e di fatto esternalizzato.  La sostanza di quanto verrà ratificato con il TTIP è un enorme processo di privatizzazione di tutto ciò che è pubblico è bene  comune e di ciò che è politica e istituzione. Questa è già una tendenza in atto. Lo è e forse le riforme dell’Europa e quelle di Renzi andrebbero lette come un’anticipazione del TTIP.

Gli organismi extraistituzionali preposti all’acqua

Già oggi le grandi imprese multinazionali, attraverso organismi privati esterni, delegati o partecipati dalle istituzioni internazionali come l’ONU, sono diventati i soggetti primari ( li chiamano stakeolder o portatori di interessi) delle decisioni che poi le istituzioni dovranno ratificare con leggi, direttive e sono diventati attori ufficiali nella “Governance”, termine che oggi sostituisce il “Governo politico e rappresentativo.”

Nell’acqua ad esempio: Il Consiglio Mondiale dell’acqua, partecipato dall’ONU e presieduto da SUEZ E VEOLIA ( a loro volta controllate da Goldnan Sachs), indice il Forum Mondiale dell’acqua che ogni 3 anni stabilisce le linee guida della politica mondiale dell’acqua. La Water Partnership istituita da Obama dopo l’indagine dei servizi promossa da Hillary Clinton sui futuri conflitti idrici nel mondo, è un organismo paritario (governo multinazionali), teso a tutelare gli interessi delle imprese USA dalla crisi idrica. Il CEO Water Mandate è un altro Forum internazionale delegato dall’ONU, al quale fanno capo più di 100 aziende multinazionali di tutti i comparti produttivi (Nestlè, Coca Cola, General Elettric, Monsanto, Wall Mart, Unilever, Barilla, Carefur, Levis Straus, ecc), con la finalità di promuovere tutte quelle azioni tese ad assicurare acqua per lo sviluppo delle loro produzioni.

Ecco, dietro al Trattato ci stanno queste lobby e questa politica. Gli USA hanno già delegato ben 600 esperti indicati dalle loro multinazionali a tutelare gli interessi americani nei negoziati USA – UE nel TTIP. E’ una cultura che si irradia nella società, è un rovesciamento del ruolo della politica. Non più preposta ad affermare diritti universali mediando tra i diversi interessi, ma chiamata dagli organismi privati a legiferare in linea con quanto espresso da questi.

Un esempio è Barilla, che nell’ambito di EXPO detta e lancia le linee guida di un Protocollo Mondiale sull’alimentazione e l’acqua e chiama la politica ad aderire e a tradurlo in leggi. Ma ciò che sorprende è che oggi una simile iniziativa susciti interesse anche tra le ONG e le associazioni della società civile più impegnate.

Il pragmatismo fa perdere di vista che con il TTIP e con l’uscita della politica pubblica dalle proprie responsabilità avverrà un salto epocale nel passaggio di sovranità dalle istituzioni alla governance dei poteri finanziari e con  particolare vigore si formalizzeranno le forme con le quali già ora avviene lo sfruttamento e l’accaparramento ( land grabbing e water grabbing) dei beni comuni essenziali alla vita ( Acqua, Terra, Energia).

Esempi:

Già oggi in Africa un territorio pari all’Inghilterra è stato comprato/concesso allo sfruttamento privato, mentre 1/5 del territorio cambogiano è stato venduto o concesso, con il risultato che in Africa la quantità di acqua necessaria a coltivare i terreni acquistati nel 2009 è, da sola, ben due volte il volume usato per l’agricoltura in tutta l’Africa nei 4 anni precedenti.

L’acqua nel TTIP

Ciò premesso, per quanto riguarda l’acqua per prima cosa occorre dire che il TTIP e il TISA, trattato parallelo sui servizi pubblici, rischiano di diventare un accordo per privatizzare tutti i servizi pubblici, comprese le reti idriche, quelle fognarie e la depurazione.

Per intendere la portata di tale prospettiva occorre leggerla avendo presente lo scenario del 2030:

–       con l’estendersi della crisi economica e dell’impoverimento.

–       con l’estendersi dei conflitti per l’acqua ( a partire dal 2022 come sostiene il documento della CIA), per il pane e per l’energia.

–       con il dilagare dei profughi di guerre ed ambientali. Ogni anno  per effetto della liberalizzazione dello sfruttamento delle aree tipo le dighe, le miniere ecc 15 milioni di persone si spostano nel mondo.

–       con l’aumento della domanda globale di acqua a cui, sostengono i Panel dell’ONU, verrà a mancare il 40%;

–       con il 70% della popolazione mondiale che vivrà nelle città e più della metà degli abitanti dei grandi centri urbani che vivrà in baraccopoli e avrà difficoltà d’accesso all’acqua potabile, ai servizi igienici, allo smaltimento dei rifiuti e alle reti energetiche.

Con il TTIP, alla privatizzazione classica dell’acqua potabile del rubinetto da parte delle grandi Utilities: Suez – Veolia – RWE ecc…,  farà seguito la differenziazione dei prezzi della qualità delle acque, per lavarsi, da bere ecc e l’equiparazione commerciale e concorrenziale tra acqua potabile del rubinetto e acqua in bottiglia (minerale o purificata) prodotta delle grandi multinazionali delle bevande: Nestlè, Coca Cola, Danone, S. Benedetto…

Guardate che ciò è già possibile intravvederlo nelle scelte di Expo. L’acqua buona e pubblica di Milano e Provincia ( MM e AMIACQUE ) non ha potuto diventare l’acqua di EXPO,  perché la “gara” è stata “vinta” da Nestlè,  alla quale è stata affidata niente meno che la piazzetta tematica dell’acqua, mentre Coca Cola è diventata official soft drink partner di EXPO, con grande e dichiarata soddisfazione del presidente Sala.

Una seconda ricaduta sull’acqua, sul suo consumo, sul suo accesso e sul suo degrado qualitativo, avverrà:

1 – per effetto dell’impulso che il TTIP darà all’accentuazione della concorrenza tra gli usi, che farà perdere ogni criterio di priorità, quello umano e al diffondersi delle forme di produzione energetica più distruttrici di acqua: gas da frantumazione su modello USA e Canada, apertura europea al carbone e alle trivellazioni, l’equiparazione agli USA della normativa per i biocombustibili, ecc. Gli stessi OGM avranno una ricaduta negativa sull’acqua.

2 – per effetto della rimozione dei vincoli in materia ambientale con l’uso di pesticidi vietati dalla normativa UE  (già ora nella UE, il 57% delle acque di superficie e il 28% di quelle di falda sono fortemente inquinate da pesticidi ) e inoltre per il venir meno, come negli Usa, del principio di precauzionalità.

3 – per la definitiva applicazione anche per quanto riguarda l’acqua e i servizi sanitari dei principi del full recovery cost, ( il recupero attraverso tariffe dei costi e dei profitti ) e la sospensione dell’accesso per chi non paga le tariffe.

Nella città di Detroit, ormai in degrado dopo la crisi dell’auto, ben 90.000 persone sono state private dall’accesso all’acqua.

Il mercato dell’acqua

Ma ciò che è veramente in gioco con il TTIP e la privatizzazione delle istituzioni pubbliche è la monetizzazione e la finanziarizzazione globale dell’acqua, non più solo della gestione dei servizi, ma dell’acqua in quanto tale.  Non sarà più intesa come elemento naturale e simbolico della vita,  bensì come materia prima e prodotto industriale: da produrre, da trattare, vendere, comprare e trasportare da un posto all’altro. Un prodotto distribuito da imprese detentrici delle tecnologie depurative, di trasporto, di grandi opere, di desalinizzazione e di sistemi di risparmio per unità di prodotto.

L’acqua pulita o potabile scarseggia? Ebbene, sarà la tecnologia a riprodurla, trattandola, desalinizzando i mari, trasportandola, deviando i fiumi e canalizzandola.

Oppure depurandola e rimettendola in circolo: già ora Los Angeles e Singapore immettono nei rubinetti l’acqua delle reti fognarie depurata.

Da qui nasce per le multinazionali, la necessità di definire il prezzo mondiale dell’acqua per qualità e usi, l’istituzione di una Borsa e di un Mercato mondiale dell’acqua.

I diritti allo sfruttamento dell’acqua

Da qui la necessità per il libero mercato di introdurre la compravendita dei diritti allo sfruttamento, già in atto in paesi come Usa, Cile, Australia, Spagna ecc… Diritti allo sfruttamento energetico, agricolo alimentare, industriale, minerario, all’imbottigliamento.

Con il TTIP questa totale liberalizzazione di un bene comune come l’acqua è destinata a estendersi all’Europa. Anzi, siccome il Canada tramite il Trattato nord americano Nafta è già sottoposto al regime dei diritti allo sfruttamento in atto negli Usa e siccome l’Europa ha approvato il CETA, il trattato con il Canada, le imprese canadesi o i ricchi magnati potrebbero già rivendicare tali condizioni.

Per dare una idea della compravendita dei diritti allo sfruttamento basta ricordare il magnate texano Boone Pickens ( ma anche l’ex presidente Bush è sulla stessa lunghezza d’onda), che ha comprato un lago in Alaska e ne rivende l’acqua all’Arabia Saudita e alla Cina,  o il Cile, dove l’acqua dei fiumi è lottizzata e venduta all’asta. Chi compra la concessione ha la priorità sui bisogni umani essenziali degli abitanti del luogo.

I crediti idrici

Sono gli strumenti finanziari “derivati” di questo sistema della compravendita dei diritti e si rifanno al modello dei crediti per la CO2. Danno un’immagine ambientale all’accaparratore, affermano il criterio del chi inquina paga, ma non fermano l’inquinamento e il suicidio idrico in atto.

Le maggiori banche del pianeta si vanno attrezzando in tal senso. Goldman Sachs, Morgan Stanley, Credit Suisse, Carlyle Group ecc… sostiene il New York Time, hanno raccolto 250 miliardi di dollari per raccogliere titoli idrici.

Fermare il trattato TTIP

Per il movimento mondiale dell’acqua questo obbiettivo è una necessità assoluta. Sarebbe la definitiva liquidazione della propria missione, del senso della vittoria referendaria e della possibilità di concretizzare il più grande successo che il movimento abbia realizzato sul piano mondiale: nel 2011 l’Assemblea Generale dell’ONU ha dichiarato che l’acqua e i servizi sanitari ( e questo è ancor più determinante) sono un diritto umano. Per questo, per il movimento dell’acqua fermare il TTIP,  la lotta per il No al Trattato, ( cosa da fare assolutamente) è una premessa.

Dovremmo avere un orizzonte altrettanto forte e ambizioso come quello di contrastare il Trattato USA / UE, prefigurando un trattato che concretizzi il diritto umano all’acqua e ai servizi sanitari.  Il diritto, la quantità  di acqua potabile necessaria ad una vita decente e quella per coltivare il proprio campo. Dobbiamo affermare questa cultura tra la gente, nelle istituzioni, nel mondo associativo, partendo da quelle più vicine, come i Comuni e le università.

Riempiendo di contenuti la lotta al TTIP è possibile ricostruire movimenti mondiali forti, capaci di misurarsi anche con la sfida di riportare nella sfera pubblica le istituzioni.  Senza il timore di parlare Noi, dal basso, di Trattati e protocolli mondiali che dettaglino tali diritti umani e i beni comuni, parlino di costituzioni con al centro i beni comuni, di Autorità mondiali, politiche e pubbliche che li affermino e li difendano e di tribunali che sanzionino chi non li rispetta.

Un compito di prospettiva, a lungo termine, che può e deve essere sostenuto da alcuni governi, gli stessi che hanno promosso la risoluzione dell’ONU ( Bolivia, Equador, Uruguay ecc…),  dai municipi, dal mondo della cultura e delle università, dagli artisti, dal mondo religioso, per arrivare alle grandi istituzioni ostili e alla politica.

Un orizzonte che dovrebbe impegnare in tale compito il movimento che si sta determinando contro il Trattato.

Un compito a lungo termine, ma che può, da oggi, nella nostra città di Milano, avvalersi di un’occasione universale, giustamente screditata e tradita nelle sue iniziali intenzioni,  come l’EXPO 2015 ,  per cominciare il cammino.  Per far sì che proprio da Milano e dal suo Comune arrivi la proposta e la disponibilità di candidare una sede per il confronto internazionale.

So che la proposta troverà molte ostilità anche nella sinistra del movimento.  Molti pensano che è meglio che EXPO e le istituzioni milanesi affondino una volta per tutti nei loro peccati mortali, che noi tutti dovremmo tirarci fuori in un fronte del NO, evitando contatti o confronti.

Io penso invece che Tsipras e del movimento che ho cercato di prefigurare debbano ambire a far sì che Milano, la nostra città e il nostro Comune, possano essere guardati come la città e l’istituzione da cui è partito il messaggio al mondo del diritto umano all’acqua, alla salute primaria, al cibo necessario e sano, al calore per tutti.

E con questo senza perdonare a nessuno i suoi peccati.

Emilio Molinari