foto da: uaar.it

Neanche il fastidio per Berlusconi e per quello che ha fatto e non fatto per l’Italia nell’ultimo ventennio giustifica la requisitoria del pm Ilda Boccassini che, parlando di Karima, disse: “È una ragazza intelligente, di quella furbizia orientale, propria delle sue origini”.

Tra il 26 e il 27 luglio finirà il mese di ramadan, una festa importante per molti italiani e stranieri musulmani.  Lo scorso anno sindacati e imprenditori temevano che per il caldo la produttività dei lavoratori, specie quelli impiegati nell’agricoltura, sarebbe diminuita e addirittura proponevano liberatorie contrattuali. Quest’anno non ci sono state ansietà, i datori di lavoro hanno capito che non tutti i musulmani osservano l’astensione dal cibo e dall’acqua dall’alba al tramonto, molti usufruiscono delle deroghe al digiuno suggerite dal corano, così come hanno fatto i calciatori in Brasile e come fanno i tanti musulmani che incontriamo ogni giorno.

La fede islamica rimanda ad un universo di valori e di significati che investono l’intera esistenza della persona; non solo un insieme di concetti astratti comuni a tutte le religioni, ma convincimenti dai quali derivano abitudini, costumi, abbigliamento… che scandiscono ogni atto della vita. Il confronto con le culture dei Paesi occidentali è complesso, a tratti difficile, a volte impossibile. La secolarizzazione che è alla base delle società occidentali, dove la religione è una sfera separata dalla politica è assente nel pensiero musulmano più tradizionale. Molti degli immigrati musulmani che vengono in Italia portano con sé questa impostazione di fondo che si riflette nel modo di intendere la vita quotidiana e le relazioni sociali, decidendo le priorità alle quali uniformare le proprie scelte. Ma sono tantissimi, probabilmente la maggioranza, quelli che lasciano il loro paese alla ricerca del cambiamento. Molte donne denunciano che la loro condizione, una volta arrivate in Italia, muta peggiorando per effetto dell’isolamento in cui sono costretti i musulmani.

L’Italia, che pure potrebbe giovarsi degli errori compiuti da altri Paesi europei, sarà in grado di accogliere l’onda?  Sono pessimista, perché per ospitare diversità, religiose e culturali, bisogna essere laici e “lo stivale” non lo è. La laicità nasce dalla pluralità delle visioni della moralità e riesce a contenerle tutte, mentre noi siamo vissuti nel contesto che tratteggiò Machiavelli, con santa madre chiesa che ci ripara dalle guerre religiose soffocandoci in una incubatrice storica. La società civile è ampiamente secolarizzata, ma per convenzioni politiche e cedevolezza mediatica si da più peso al Papa che al Presidente della Repubblica. Il concordato fascista vincola l’Italia ad obblighi senza chiedere nulla in cambio, ad esempio mentre si raschiano le tasche dei cittadini si perpetuano esenzioni fiscali alla Chiesa, anche se per la soffice revisione craxiana al Concordato il cattolicesimo non è più religione di Stato. Assistiamo al paradosso che tutti gli italiani mantengono una religione di una parte. (7 milioni di € delle due ultime canonizzazioni sono ad oggi solo sul gobbo dei romani, che non a caso pagano le addizionali più alte di tutti.)

Il nostro Paese, che potrebbe essere definito semiteocratico, non è in grado di prescindere dalle religioni e i governi pensano ai cittadini stranieri come portatori di una fede, tagliando fuori così le maggioranze laiche degli immigrati che spesso lasciano il loro Paese anche per fuggire dal fondamentalismo..

Come dimenticare il caso delle due giovani cooperanti rapite in Iraq? il sindaco Veltroni andò a chiedere solidarietà alla moschea, piuttosto che recarsi in ambasciata, ma anche Alemanno che invitò in Campidoglio per lo sdigiuno gli ambasciatori dei Paesi arabi, o una assessore della giunta Pisapia arrivata a promettere moschee per le diverse correnti religiose islamiche, o comuni politicamente correttissimi che offrono anche se non richiesti, menu halal,  e naturalmente i numerosi incontri di preghiera per la pace in Medio Oriente, ai quali purtroppo non si è sottratta neanche una parte consistente (ma non maggioritaria) della comunità ebraica. Sarebbe ben più sensato accreditare che tra Oriente e Occidente non è in corso uno scontro di religione e di civiltà, ma piuttosto una lotta tra dittature (cosa è la teocrazia se non dittatura?) e democrazie.

Credo sarebbe bene guardare verso gli Usa. Quello che ha fatto grande, tra luci e ombre, quel Paese è stato proprio non avere una religione di riferimento alla quale inchinarsi. Gli Stati Uniti, culla dell’Occidente, hanno sempre guardato con sospetto alla Chiesa cattolica percepita come una minaccia ai loro valori, quelli che noi chiamiamo, spesse volte con sprezzo, la religione civile dell’America che guarda più, forse, all’eroismo delle figure epiche dell’antico testamento che ai miracoli del vangelo. Due mesi prima della sua storica elezione come primo presidente cattolico nel 1960, John Kennedy pronunciò a Houston un discorso per rassicurare la sua indipendenza dalla Chiesa: Credo in una America in cui la separazione della Chiesa e dello Stato  è assoluta, in cui nessun prelato cattolico dica al presidente che cosa fare, e nessun pastore protestante dica ai suoi per chi votare; un Paese in cui nessuna Chiesa o scuola confessionale riceva fondi pubblici o goda di privilegi, dove a nessuna persona venga negato l’accesso alla vita pubblica perché la sua religione è diversa da quella del presidente che ha il diritto di nominarlo o degli elettori che potrebbero eleggerlo. Credo in una America che non è ufficialmente né cattolica, né protestante, né ebrea, nella quale nessun uomo pubblico chiede o accetta istruzioni , su questioni di pubblico interesse, dal papa, dal Consiglio nazionale delle chiese o da qualsiasi fonte ecclesiastica, dove nessun organo religioso cerca d’imporre la propria volontà direttamente o indirettamente sulla popolazione o sugli atti pubblici dei suoi funzionari, e dove la libertà religiosa è così indivisibile che ogni azione contro una Chiesa è un’azione contro tutte” .

Non è un caso che uno dei presidenti che ha creato più danni agli americani e non solo, sia stato Bush jr., che aveva come faro il cristianesimo fondamentalista.

L’applicazione del discorso del presidente cattolico JFK rappresenterebbe una svolta per il nostro disgraziato Paese.  Avere regole certe per ogni cittadino senza tenere conto né del paese d’origine né della religione, che – va sempre ribadito – per la maggioranza delle persone del mondo così come per gli italiani non ha nessuna rilevanza. Ma anche alla Chiesa cattolica dovrebbe essere chiesto un passo indietro evitando le intromissioni continue e le pretese economiche, che non consentono uno sviluppo armonioso ed imparziale della società. Intanto cancellando l’art. 7 della Costituzione che, ahimè,  anche i gruppi di atei o le microbiche organizzazioni laiche hanno rinunciato a fare. Perché purtroppo anche molto mondo laico ha paura di vivere senza religione. In troppi si arrabattano cercando qualcosa che pensano meno peggio – e tra le religioni delle intese sicuramente nessuna ha l’arretratezza culturale del cattolicesimo – ma si può serenamente parlare del furto dell’otto per mille quando si accetta che anche le altre religioni – sebbene le molliche – si spartiscano la torta?

Sarebbe il caso, ad esempio, di essere un po’ più netti con i valdesi che hanno inaugurato la stagione delle intese con lo Stato (le metastasi del cancro concordatario) e si sono battute fieramente prima per ottenere l’8 per mille e poi la truffaldina ripartizione della quota non espressa. Le altre si sono accodate ovviamente. Anche con questa malleveria da parte dei laici si assolvono le religioni che invadono lo Stato, ritenendole portatrici di valori positivi. Non si combatte il brigante opponendogli il brigante e mezzo.

Intanto, il giorno in cui finirà il ramadan, il Papa pop sarà a Caserta dove omaggerà le donne attraverso la patrona della città, sant’Anna. Sotto i riflettori della Rai servizio pubblico, finanziata dal governo e dalle tasse degli italiani.

Tiziana Ficacci
dal blog liberelaiche