Quando circa due mesi fa uscì la notizia che il Presidente lombardo, Roberto Maroni, intendeva promuovere nel nome di Expo un “Patto per lavoro” che estendesse le deroghe contrattuali oltre il territorio milanese e oltre lo spazio temporale dell’evento, ci fu una rumorosa levata di scudi da parte della Cgil e rimase soltanto la Cisl a difendere la bontà della proposta del presidente leghista.

Ora invece la Cgil, insieme a Cisl e Uil, ha firmato tranquillamente un Avviso comune regionale “Expo e Lavoro”, che dice le medesime cose che alcuni mesi fa ufficialmente non andavano bene e che va persino oltre a quanto stabilito nel Jobs Act del Governo Renzi, anch’esso ufficialmente bersaglio delle critiche della Cgil.

Ma quello che a prima vista appare come un improvviso cambio di linea, in realtà non lo è. Infatti, già nel febbraio scorso esisteva un “appunto Cgil Cisl Uil Lombardia”, di carattere riservato e intitolato “Un patto per lavoro ed Expo in Lombardia”, che stava alla base delle discussioni confidenziali con gli uomini del Presidente Maroni (ne abbiamo scritto 3 mesi su questo blog, pubblicando anche il testo dell’appunto). Ma era un momento diverso, era in corso il congresso Cgil e la segretaria nazionale era impegnata a contrastare il forte dissenso della Fiom e, quindi, mica si poteva dare pubblicamente ragione alle critiche di Landini. Finito il congresso, si è tornati alla normalità e una settimana fa il direttivo della Cgil Lombardia ha dato il via libera alla firma dell’Avviso comune, con il voto contrario della Fiom.

E così, proprio mentre a Roma Susanna Camusso spara a zero sul Jobs Act di Renzi, accusato (giustamente) di precarizzare ulteriormente il mercato del lavoro, qui la Cgil firma un patto che precarizza ancora di più. Ma è un’altra contraddizione soltanto apparente, poiché il vero punto è che si è contro il Jobs Act perché non è concertato con la Cgil, mentre laddove si concerta, come in Lombardia, tutto diventa possibile.

Cosa dice questo benedetto Avviso comune, vi chiederete a questo punto. Anzitutto, essendo un avviso comune, definisce principi generali e linee guida, da applicare poi concretamente e in dettaglio con specifici accordi di categoria e/o aziendali, in deroga alle normali regole contrattuali. Questo potrà avvenire su tutto il territorio regionale (basta che i settori e le aziende siano in qualche modo “correlati all’evento”) e con validità fino al 31 marzo del 2016, “fatta salva la possibilità di intese per un periodo ulteriore”.

Un’estensione, in nome di Expo, delle deroghe contrattuali in termini territoriali e temporali, dunque, e con l’unica preoccupazione di moltiplicare le forme precarie e di evitare scioperi. Infatti, si auspica che ci sia un ricorso ai “contratti a tempo determinato e di somministrazione” maggiore “rispetto a quanto attualmente previsto” e si intende “promuovere incisivamente l’istituto dell’apprendistato”, aggiungendo persino “l’apprendistato in somministrazione”, definito una “interessante opportunità”. Inoltre, si “auspicano” maggiori “soluzioni di flessibilità mansionaria ed organizzativa”. Infine, poi, si stabilisce che “siano definite le procedure per la prevenzione, la composizione e il raffreddamento delle controversie sindacali”.

In altre parole, più precarietà, meno diritti e niente scioperi. Il tutto giustificato dall’obiettivo “di trasformare una parte importante dell’occupazione che si creerà nel periodo dell’evento, in posti di lavoro stabili e qualificati” (vedi dichiarazione Segreteria regionale Cgil). Peccato però che nessuno spieghi da nessuno parte come dovrebbe avvenire il miracolo per cui l’estensione della precarietà nel periodo 2014-2016 si trasformi in nuovi posti di lavoro stabili a evento finito. Stando a quanto è stato firmato, sembra invece più probabile che avvenga l’esatto contrario, cioè che i posti di lavoro stabili che ancora esistono finiscano per essere trasformati in precari.

Expo non mi ha mai convinto – figuriamoci ora – ma vista la drammatica situazione sociale non posso che augurarmi che produca un po’ di posti di lavoro, anche se precari, e un reddito, anche se misero, per chi oggi è disoccupato o in cassa o in mobilità. Ma una cosa sono gli auspici, un’altra i fatti.

E quelli prodotti da Regione Lombardia e Cgil-Cisl-Uil con questo avviso comune purtroppo vanno nella direzione sbagliata. Poi, che tutto questo sia avvenuto in mezzo a un mare di doppiezze e ipocrisie, non fa che peggiorare la situazione.