Quanto sta accadendo in Crimea configura una “violazione del diritto internazionale”, dal momento che è difficile negare che forze militari russe siano entrate in Crimea ed abbiano quindi violato non solo gli accordi bilaterali, ma, soprattutto, la sovranità ucraina. Intervenuto a un convegno promosso da Die Zeit ad Amburgo, l’ex cancelliere tedesco Gerhard Schroeder è tornato sulla vicenda russo-ucraina e, retrospettivamente, sul “precedente kosovaro”, praticamente alla vigilia del quindicinale dell’aggressione atlantica alla Serbia (24 Marzo 1999). Più complessa, invece, la riflessione che andrebbe svolta sul principio di non-ingerenza, l’intervento russo essendo stato sollecitato dalle manifestazioni del popolo di Crimea, in larga parte russofono, ed esplicitamente richiesto dall’auto-governo di Crimea, che già godeva di un regime di autonomia nell’ambito della sovranità ucraina ed ospita, in base ad un accordo, recentemente rinnovato, la flotta russa del Mar Nero, di stanza a Sebastopoli. La presenza russa era già “ufficiale” dallo scorso 21 Aprile 2013, in virtù di un accordo tra il presidente russo Putin e l’ex presidente ucraino Janukovich, che ha sancito la concessione di basi militari in territorio ucraino sino al 2042, in cambio di una riduzione del prezzo del gas per 10 anni.

 

Da più parti è stato avanzato un parallelo tra l’attuale situazione in Crimea, che dopo il referendum popolare del 16 Marzo è stata praticamente “federata” alla Russia, e la storica situazione in Kosovo, la regione serba a maggioranza albanese, per la quale è stata combattuta una guerra da parte delle forze occidentali ed è oggi retta da un auto-governo che ne ha proclamato unilateralmente l’indipendenza il 17 Febbraio 2008, indipendenza non ancora riconosciuta dalla “Comunità Internazionale”. È su questo che è intervenuto Schroeder, affermando che, da Cancelliere della Germania, durante il conflitto kosovaro, ha dato corso ad una violazione del diritto internazionale. “Abbiamo attivato i nostri piani contro la Serbia, e, insieme con le forze della NATO, dato corso al bombardamento di uno Stato sovrano senza che vi fosse alcuna decisione del Consiglio di Sicurezza”, fuori, dunque, dalla legalità internazionale e dal “diritto” internazionale. Una violazione della Carta delle Nazioni Unite.

 

Le responsabilità giuridiche vanno di pari passo con quelle politiche, dal momento che, così come nel caso del Kosovo la guerra non è servita per gli scopi che erano stati dichiarati, a partire dalla protezione della comunità albanese kosovara, così in Ucraina l’intervento dell’Unione Europea non è stato né coerente né adeguato. Da un lato, a detta di Schroeder, “nessuno sa che tipo di interessi esprima” l’attuale governo ucraino, che ha preso il potere dopo un golpe in cui hanno giocato un ruolo non secondario le forze fasciste, né quella parte della sua leadership che fa riferimento alla storica oppositrice del presidente deposto, Yulija Timoshenko, al punto da paventare il pericolo che il sostegno finanziario promesso dall’Unione Europea, pari a 11 miliardi di euro in due anni, possa “finire lungo canali sbagliati”. Dall’altro, la leadership della Commissione Europea non s’è resa conto delle conseguenze del proprio intervento, essendo l’Ucraina un “Paese culturalmente diviso”, e non ha trovato la soluzione migliore nell’imporre di fatto all’Ucraina la scelta obbligata ed esclusiva tra l’accordo di associazione e stabilizzazione con l’Unione Europea e l’unione doganale con la Russia.

 

È interessante osservare come Schroeder non abbia detto che l’intervento occidentale in Kosovo sia stato ingiusto, semplicemente che un “intervento umanitario” non è coperto dal diritto internazionale e, al di fuori di un mandato e di un consenso internazionale sancito dall’ONU e in linea con la Carta delle Nazioni Unite, configura una violazione della legalità internazionale e può instaurare, come le più recenti vicende della Abkhazia, della Ossezia e, oggi, per alcuni aspetti, della Crimea, un precedente pericoloso. I Paesi occidentali hanno violato questi principi quando si sono cimentati nella aggressione contro la Serbia, proprio come la Russia viola “di fatto” la sovranità ucraina con l’invio di truppe in un Paese straniero senza una risoluzione delle Nazioni Unite. In altri termini, l’esigenza di proteggere una minoranza nazionale da abusi o violazioni dei diritti umani non costituisce ragione per un intervento di aggressione o unilaterale. Se il diritto internazionale, nei suoi principi fondamentali (almeno di sovranità, autodeterminazione e non-ingerenza) vale per tutti, allora si tratta di criticare i Paesi occidentali per il riconoscimento dello Stato auto-dichiarato del Kosovo, l’Unione Europea e, in primo luogo, Germania e Polonia, per la propria intromissione negli affari ucraini, e la Russia per la violazione della sovranità ucraina. Altrimenti, la critica unilaterale diventa ipocrita, come la diplomazia russa ha messo in evidenza, denunciando, nelle intromissioni di USA ed UE in Ucraina, “un trionfo dell’illegalità, del collasso del diritto e dei doppi standard”.