foto da: www.associazionelagunari.it

Il ripensamento sulla presenza del Demanio Militare nelle nostre città sia vista no solo come occasione di recupero fondi ma anche come restituzione di spazi sociali alle comunità di tutta Italia.

 

Il Ministero della Difesa ha recentemente impresso un’accelerazione alla dismissione di 385 caserme e presidi di pertinenza del demanio militare, come previsto nell’ambito del federalismo fiscale. Il Ministro Pinotti ha dichiarato in audizione alle Commissioni Difesa riunite di Camera e Senato che “è difficilissimo ma è indispensabile” mettere a disposizione del pubblico il patrimonio immobiliare militare: “è un urlo che sale dai nostri territori, dalle nostre città, dobbiamo farlo con tutte le nostre forze e creatività”. Già in un’intervista precedente a Sky Tg24 la Senatrice Pinotti aveva annunciato l’intenzione di allestire al più presto una task force che si occupi di dismissione delle caserme, a favore delle amministrazioni cittadine o anche dei privati che volessero investire.

Il Decreto Legislativo sul Federalismo Demaniale prevede che gli enti territoriali garantiscano la massima valorizzazione funzionale del bene ma tale valore non deve essere necessariamente finanziario. La Rete Italiana Disarmo chiede al Ministero della Difesa di esprimersi con chiarezza a favore della valorizzazione sociale dei beni dismessi, e invita i sindaci d’Italia ad aprire processi di partecipazione popolare in tal senso, con particolare attenzione al coinvolgimento dell’associazionismo al fine di poter poi disporre dei beni attribuiti nell’autentico interesse della collettività.

In questo scenario, infatti, la Rete Italiana Disarmo ritiene certamente importante segnalare i pericoli ma soprattutto evidenziare le potenzialità che la dismissione comporta. “Da una parte – dichiara Martina Pignatti, presidente di Un ponte per… – vediamo il rischio che significative porzioni del nostro territorio finiscano in mano a progetti di mero interesse privatistico, portando a edificazione selvaggia e cementificazione, in nome della necessità di fare cassa per i bilanci degli enti pubblici locali. Dall’altra riteniamo che si apra invece una sfida senza precedenti per la riprogettazione e riconversione a fini civili e di interesse pubblico di spazi precedentemente dedicati ad attività militari”. Si tratta di aree vaste, spesso situate nei centri storici e caratterizzate dalla presenza di spazi verdi, di cui la cittadinanza ha diritto di fruire a fini sociali, culturali e ricreativi, formulando progetti che ripensino lo spazio urbano con modalità partecipative.

Vogliamo quindi porre all’attenzione delle istituzioni alcuni casi paradigmatici, in cui comitati e gruppi di cittadini e associazioni hanno dimostrato di voler raccogliere la sfida e proporre processi di riqualificazione delle caserme in dismissione. A Pisa il Municipio dei Beni Comuni, aggregazione di associazioni e forze sociali, ha occupato e aperto alla città gli spazi di un ex-distretto militare nel centro cittadino, 4000 mq di suolo edificato e ben 8000 mq di verde esterno alberato. Il ribattezzato “Distretto 42” con il suo “Parco Andrea Gallo” è ora sotto minaccia di sgombero e sequestro, nonostante non vi siano motivi di urgenza per un blitz delle forze dell’ordine. Le istituzioni cittadine farebbero meglio a rispettare questa progettualità emersa dal basso e dialogare con essa, in attesa di un imminente probabile passaggio del bene al Comune.

“Anche a Roma, dichiara Riccardo Troisi di Presidente di Reorient è stata lanciata una campagna di mobilitazione popolare per il riutilizzo degli spazi in dismissione o abbandonati, tra cui molte caserme. In questo periodo di crisi abbiamo bisogno di luoghi a fruizione gratuita, spazi per la riprogettazione e la rigenerazione urbana ecologica e sociale, dove forme di economia solidale possano sperimentare un nuovo mutualismo di vicinato, anche questo significa costruire un’economia di Pace”.

Numerose altre esperienze in Italia emergono come laboratori di pace e cittadinanza: caserme occupate a Bologna, Livorno, Taranto, Treviso e Trieste, e diverse realtà che provano a strutturare percorsi partecipati, connettendo soggetti eterogenei, come accade a Roma con il Comitato cittadino per l’uso pubblico delle caserme, a Napoli con l’ex Collegio Costanzo Ciano, a La Spezia con l’associazione Murati Vivi per Marola, a Genova con il comitato Voglio la Gavoglio. Proprio a Genova l’amministrazione comunale ha appena acquisito una porzione dell’ex caserma Gavoglio, e il sindaco Marco Doria ha dichiarato che “il Comune si adopererà per restituire spazi a un quartiere particolarmente congestionato, come il Lagaccio, coinvolgendo la cittadinanza”. Speriamo sia l’inizio di un percorso nazionale di riconversione e demilitarizzazione delle nostre città.