Il gruppo di lavoro  di Vicenza che ha che ha concluso il percorso sui 45 esercizi del libro “Difendersi senza aggredire” di Pat Patfoort ci ha inviato questo materiale con le testimonianze di Pat stessa e  dei partecipanti. Ringraziamo Massimo Corradi  per averlo messo a disposizione.

Tutti usano la violenza nei confronti di altri, mi riferisco beninteso all’una o all’altra forma di violenza:

–        non-verbale: attraverso uno sguardo, una mimica, un riso o un sorriso, un gesto, un atteggiamento

–        verbale: un’osservazione insultante o umiliante, una critica distruttiva, uno scherzo aggressivo

–        con il corpo: colpire, dare un calcio, costringere, afferrare, sputare, violare

–        con oggetti: distruggere un oggetto di qualcuno, colpire e ferire con un oggetto di uso comune, utilizzare un’arma.

 

Certe persone lo fanno più spesso che altre a seconda della loro educazione ed esperienze vissute, delle circostanze nelle quali si trovano, delle conoscenze e della coscienza che hanno, dell’addestramento che hanno avuto.

E tutti fanno violenza a se stessi, alcune persone anche più spesso di altre, e ciascuna a suo modo.

Tutto ciò avviene coscientemente o inconsciamente, in maniera voluta o non voluta.

 

Nessuno è perfettamente nonviolento. Ma quante più nozioni si hanno sulla violenza e la nonviolenza, e sulla trasformazione dell’una verso l’altra, e quanto più ci si esercita su questo, sulla base di feedback di altre persone, tanto più spesso e più profondamente si arriva alla nonviolenza, tanto più nonviolenti si diventa, tanto meno si provoca della sofferenza, a sè e agli altri.

 

Nel libro “Difendersi senza aggredire. La potenza della nonviolenza” ci sono 45 esercizi alla fine del libro. Con questi esercizi il lettore o la lettrice possono trasformare il contenuto del libro nella pratica, renderlo concreto, e realmente integrare I contenuti. Per una tale materia, leggere e comprendere, riflettere, discutere o meditare sono i primi passi. Per integrare veramente il significato e il contenuto del testo è anche necessario sentire le cose, tentarle, ascoltare gli altri in maniera aperta, confrontare la teoria con se stessi e le proprie esperienze.

I 45 esercizi sono confezionati in maniera tale che le persone che li compiono si ascoltano veramente gli uni gli altri, diventano più coscienti dei loro modi di pensare e agire, si aprono a nuove idee e modi di fare, e così possono sostenersi gli uni gli altri per sviluppare un atteggiamento nonviolento.

 

Ci sono già diversi gruppi che hanno iniziato a fare questa serie di esercizi, tanto in Belgio che in altri paesi (il libro è stato pubblicato in varie lingue). Da quel che so c’è un solo gruppo che ha fatto tutta la serie di esercizi fino all’ultimo, è un gruppo di quattordici persone a Vicenza, in Italia.

Qui sotto si trova un’ immagine sintetica di ciò che questo tragitto di studio e messa in pratica di Nonviolenza e Equivalenza ha portato loro, tanto a livello individuale che a quello di gruppo. Si sono trovati regolarmente per 5 anni e hanno iniziato nel giugno 2008. Io li ho sostenuti per mezzo di una giornata di supervisione ogni anno.

 

I quattordici partecipanti hanno alla fine ciascuno ricevuto un attestato per la loro partecipazione.

 

Questo attestato è secondo me un diploma di grande valore per coloro che vogliono trasmettere ad altri la Nonviolenza e l’Equivalenza, per coloro che vogliono fare dei trainings di Nonviolenza. Testimonia che non soltanto si conoscono delle teorie e si sanno utilizzare delle tecniche, ma che durante un periodo di una durata considerevole si è lavorato su se stessi, sono stati messi in discussione e trasformati i propri modi di agire e anche di pensare, e questo sulla base di osservazioni e feedback di un gruppo di persone molto varie. Questo richiede apertura, audacia, forza, coraggio, perseveranza,  disciplina, tutte caratteristiche della Nonviolenza.

 

Sono molto riconoscente alle persone del “Gruppo Equivalenza” di Vicenza, che durante questi cinque anni, con delle vite professionali e famigliari molto attive, si sono trovate regolarmente e tra gli incontri effettuavano gli esercizi, per poter lavorare a questo insieme e così crescere nella Nonviolenza.

 

PAT PATFOORT

 

 

INTRODUZIONE

Il percorso che abbiamo fatto in questi cinque anni testimonia che la nonviolenza è una scelta impegnativa, per niente scontata, che costringe a mettere in discussione e a rivedere le proprie abitudini e i propri comportamenti, le proprie esperienze, inseriti spesso in un modello di pensiero e azione che crea sofferenza e non ci fa vivere bene. Diventare consapevoli di questo, e provare con umiltà ma con coraggio e determinazione a sperimentare nel proprio quotidiano e insieme ad altre/i un modo diverso di relazionarsi e di difendersi, risulta formativo per se stessi e dà un piccolo contributo alla costruzione di una cultura per una gestione nonviolenta dei conflitti.

La forza e l’energia portate da ciascuna/o partecipante a questa esperienza individuale e di gruppo ha rappresentato un aiuto alla riflessione e un’ incoraggiamento a perseverare in questo percorso: dà infatti molta carica sapere che con altre/i si sta portando avanti un impegno a ricercare l’equivalenza nei conflitti di tutti i giorni. E’ quindi anche molto bello che dei gruppi “gemelli” con le stesse nostre finalità siano partiti  a Milano, a Firenze, a Roma: permette di sentire che a piccoli passi la nonviolenza si diffonde e insieme si cerca di far parte della costruzione di un cambiamento positivo di sé e di ciò che ci sta attorno.

Ecco di seguito le brevi valutazioni e considerazioni di fine percorso dei singoli partecipanti al gruppo.

 

CHIARA

Attraverso questo percorso di gruppo ho cominciato a cercare di capire da dove parte l’altro, quali sono i fondamenti di ciò che lo muove mentre mi parla, come possiamo trovare insieme qualcosa che mi sia possibile accogliere senza tradire me stessa e che accolga la sua parte. E mi è stato utile a leggere diversamente tante cose che mi fanno soffrire, mi ha dato un modo per superare l’impotenza.

E infine ho capito che le dinamiche di un conflitto hanno tempi anche molto lunghi per trovare soluzione ma che tanti passi che sembrano quasi ingenui nella loro semplicità costruiscono a poco a poco le condizioni per mantenere e far fiorire le relazioni conflittuali trasformandole in qualcos’altro.

 

DANIELA

Questo percorso ha cambiato in profondità la prospettiva con cui interpreto le relazioni. Di tale cambiamento gli aspetti più importanti sono l’onestà che ho sviluppato nel riconoscere le motivazioni che mi muovono; la coerenza e la fermezza che ho imparato a praticare rispetto ai miei fondamenti; il riconoscimento delle strategie che metto in atto per mettermi in M maggiore. Altro esito è che si è sciolta in me una paura profonda, quella di entrare in conflitto: mi sento meglio in grado di prevenirlo se possibile, di gestirlo se imposto da altri, ma anche di farlo emergere se necessario per me.

 

MASSIMO
L’aspetto più importante che questo percorso ha cambiato in me è una maggior chiarezza e consapevolezza delle potenzialità e possibilità del metodo dell’equivalenza, derivante dall’averlo sperimentato in prima persona e insieme al gruppo.

A livello personale ho capito tra le altre cose che cedere rispetto al proprio punto di vista per puntare alla ricerca di soluzioni che soddisfino anche dei fondamenti dell’altro oltre che i miei, è un atteggiamento non di debolezza ma di estrema forza, e che richiede coraggio.

 

LUCIANA

Il percorso con il gruppo è stato parallelo ad altri percorsi nella mia vita.

Un passaggio significativo è stato quando ho capito che molti conflitti che vivo sono di tipo interiore.  Un altro passaggio è stato quando ho capito che, se riesco a rispettar-mi a tal punto da consentir-mi di esprimere sempre le mie ragioni, saprò anche rispettare l’altro e consentirgli di esprimere le sue ragioni.

Ricordo una frase che ho registrato durante un incontro di gruppo: “Se la verità è alle spalle è nel mio bagaglio ed è indiscutibile. Se la verità è davanti, è da costruire, e da costruire insieme.”

Quello che ancora mi fa avere  speranza nel vivere i conflitti, è che questo davanti, da costruire, insieme, lo posso sperimentare, se pur con fatica e  con molte incertezze.

 

MARIA LAURA

Lo studio del libro/manuale abbinato al periodico incontro con il gruppo mi ha reso sensibile sui miei meccanismi di reazione di fronte ai conflitti, più consapevole delle modalità che adotto in situazioni di difficile gestione relazionale; mi ha consentito inoltre di esercitarmi nel decentrare il mio punto di vista per addentrarmi nella posizione della controparte. Quest’ultima è una grande strategia acquisita che spesso mi permette di valorizzare la diversità, la ricerca continua e dinamica di soluzioni creative.  Il lavoro fatto insieme al gruppo mi ha fatto emergere una forte determinazione che si è radicata strada  facendo consentendomi di superare la fatica e i momenti di demotivazione vissuti  in questi anni di studio.

 

PATRIZIA

In questi 5 anni ho avuto modo di capire alcuni meccanismi, che erano e sono automatici, che mi causano e causano intorno a me tanta sofferenza.

All’inizio tali meccanismi si sono solo resi evidenti, evidenziati, un po’ come un’analisi con un mezzo di contrasto. Successivamente ho provato a modificare qualcosa, alcuni atteggiamenti, alcune parole, alcuni pensieri, aumentare i silenzi per non far partire questi automatismi. Questa la fase più difficile. In alcuni rari casi vi sono stati impercettibili ma per me enormi cambiamenti. Altre volte (la maggior parte) la consapevolezza di come io tendo a comportarmi, di come io tendo a pensare e l’allenamento a comprendere anche il punto di vista dell’altro mi ha dato tanto per comprendere e per non peggiorare alcune relazioni difficili da tanti anni.

 

GIORGIO

Nel tempo, nella lettura e nella condivisione del metodo con il gruppo di Vicenza, ho eliminato il senso di fastidio dato dalla apparente semplicità con cui Pat Patfoort ci mostra le probabili conseguenze di ogni nostra modalità relazionale. Ho imparato ad ascoltare meglio anche le cose non dette. Ma soprattutto sentire con maggiore attenzione i fondamenti del mio agire. E a valutare con consapevolezza le falle comunicative nella relazione. Ho iniziato a provare gusto nell’accorgermi delle dinamiche imparziali innescate nei rapporti, e nel trovare modi equivalenti di correggerle.

Mi fa felice pensare di avere la possibilità di insegnare ai miei figli un modo di vivere differente. Mantenendo alta l’attenzione sul sentire, ascoltare, capire, comunicare, fare, riascoltare, ripensare, progettare insieme soluzioni.

 

ADELINA

Il percorso di questi anni prima di tutto mi ha dato la possibilità  di considerare in modo diverso i conflitti che possono manifestarsi nei rapporti con le altre persone. Si tratta di una comunicazione diversa basata soprattutto su modalità diverse, aperta al dialogo e al rispetto della diversità dell’altro.

Credo che questo sia il cammino da continuare, perché‚ credo anche di essere all’inizio di questo percorso.

Non è sempre semplice mettere in pratica tutto questo. Entrano in campo i propri vissuti emotivi e la propria storia personale, il proprio passato che, a volte, possono essere di ostacolo.

 

ROSA

Nel corso di questi cinque anni di lavoro sulla risoluzione dei problemi senza conflitto è stato fondamentale il percorso seguendo gli esercizi del testo confrontandomi con il gruppo. Senza il gruppo, il lavoro, sia individuale che collettivo, sarebbe stato per me impossibile.

Ho compreso che la procedura  nella relazione equivalente dipende molto dal nostro io interiore.

Quindi ho cominciato a lavorare per un mio cambiamento.

Alle volte è semplice alle volte sembra quasi impossibile  percorrere questa strada.

Quello che è certo che tutto ciò ha cambiato la mia vita. Ora sono molto più serena nell’affrontare i conflitti. Questa modalità permette di scavare in profondità e leggere l’autenticità dei propri fondamenti. Sto meglio con le mie figlie e con le persone con cui mi trovo a contatto tutti i giorni. Riesco a leggere con occhi e cuore diversi la realtà. Non è così semplice ma si può fare.

 

CRISTINA

Ho conosciuto Pat nel 1987 e mi era piaciuto molto il suo metodo. Ho letto i suoi libri e ho anche presentato il suo metodo ai training PBI ma lo avevo capito solo a livello intellettuale.

Solo in questi cinque anni di lavoro sugli esercizi con il gruppo, sento di averlo capito veramente. Ringrazio il gruppo perché c’è stata molta fiducia e capacità di raccontarsi. Mi ha aiutato a comprendere meglio gli altri e avere una visione più ampia della realtà. Sono cresciuta nella pratica anche se non sono cambiata radicalmente. Ho maggiore consapevolezza delle dinamiche che mi stanno attorno e più capacità di gestirle meglio.

 

FERNANDO

Quando ho conosciuto Pat rimasi affascinato dal suo metodo. Ma la mia personalità mi portava a lasciare il libro sul comodino. Il gruppo mi ha dato un guinzaglio dolce che ho scelto e che mai mi è stato imposto e alla fine di ogni incontro ero sempre soddisfatto ed arricchito.

Sono più consapevole delle dinamiche dell’escalation, sugli effetti delle catene, sulla sofferenza dell’altro non distinguibile dalla mia anche se espressa in modi e per motivi diversi dai miei.

Confrontandomi con il gruppo ho imparato ad anticipare ed evitare certe modalità e giudizi gratuiti che prima utilizzavo come difesa. Riesco a capire dove sto andando e questo riduce se non annulla addirittura il male che posso dare ricevere. Un bel lavoro! Un lavoro mai finito da praticare sempre.

 

LUIGI

Questo percorso mi ha insegnato che “soluzione” è diverso da “alternativa” e che c’è sempre un’alternativa da provare anche quando non esiste un’apparente soluzione. E’ necessario imparare a guardare oltre ai risultati immediati. Per fare questo serve un metodo. Finché l’essere umano sarà in grado di pensare, anche in modo alternativo, esisteranno sempre delle alternative creative da sperimentare.

… Queste considerazioni mi fanno pensare che l’aver fatto questo percorso mi dà delle responsabilità nei confronti della società. E per capire come concretizzare questa intuizione, la dimensione interiore e quella personale non bastano più. E’ necessario il livello collettivo, del gruppo.

 

ANGELINA
Per me questi cinque anni sono stati molto importanti. La cosa che mi viene da dire è che questo percorso mi ha cambiato la vita.

 

 

 

Gennaio 2014.