di Johan Galtung

Nello sviluppo economico globalizzato si stagliano due fatti basilari, a parte lo sviluppo militare, politico, culturale e sociale:

* I BRICS – un acronimo che sta diventando un fatto sociale – stanno emergendo;

* Gli USA-UE stanno declinando; non solo come mercati, bensì anche come produttori.

Un altro modo di dirlo è che l’Occidente è stato battuto dalla concorrenza, non dal Resto nel suo insieme ma per ora da una sua parte selezionata. Il mercato mondiale è una somma non costante ma crescente, però molta della domanda può essere soddisfatta da una produzione nazionale interna anziché dall’import-export. Come parte della storia.

L’Occidente ha equivocato sulla definizione di sviluppo, abbarbicandosi ancora allo sviluppo economico come crescita economica (misurata dall’aumento annuo di PIL pro-capite). I BRICS hanno inteso diversamente lo sviluppo, aggiungendovi la distribuzioneeconomica (misurata dal rapporto nei poteri d’acquisto fra i quintili (20%) rispettivamente superiore e inferiore della popolazione, e fra gli stipendi di un amministratore aziendale (CEO) e un lavoratore dipendente medio; quindi ai livelli macro e micro). Niente crescita vuol dire recessione-depressione, niente distribuzione vuol dire anche di peggio: la morte. Per una graduatoria economica servono, come per un’ubicazione geografica, almeno due coordinate. Un professore di latitudini, o di crescita, e basta, è semplicemente non abbastanza valido.

Lo sviluppo diventa una crescita in atto e un’eguaglianza in aumento. La sola crescita può condurre a una diseguaglianza flagrante a spese degli strati sociali più bassi e della natura – un sistema che conosciamo anche troppo bene; la sola distribuzione può condurre alla miseria condivisa di un certo passato umano. Abbiamo bisogno di tutte e due.

Anche il mappamondo era sbagliato. Anziché due parti, un Nord globale sviluppato e un Sud globale in via di sviluppo, era meglio la vecchia tripartizione: il Primo Mondo occidentale-[neo]liberista del Nord Ovest; il Secondo Mondo occidentale-marxista/socialista del Nord Est; il Terzo Mondo povero del Sud Ovest di Alfred Sauvy – dal francese tiers-état — con tre continenti, il Sud-America cattolico, l’Africa mista, l’Asia islamica e hindu; e, meglio ancora, con l’aggiunta di un Quarto Mondo taoista-confuciano-buddhista del Sud Est, capeggiato dal Giappone e ormai anzi dalla Cina. Il secondo, terzo e quarto mondo contribuiscono tutti quanti ai BRICS: R(ussia) dal 2°; B(rasile), S(udAfrica) e I(ndia) dai tre continenti del 3°; C(ina) dal 4°. Oggi il vero Sud globale è costituito da tutti questi; l’Occidente è solo nord-occidentale. Sorprendente, e c’è parecchio altro in arrivo.

Anche il modello di sviluppo prevalente era sbagliato: imparare dai paesi più sviluppati (MDC), sicché paesi meno sviluppati (LDC) li avrebbero inseguiti e così i meno sviluppati di tutti (LLDC); con la supervisione di Washington DC per mantenere, di massima, l’ordine. Il socialismo era perdente.

Anche i modelli in controtendenza erano sbagliati. C’era un modello socialista del Secondo Mondo di socializzare i mezzi di produzione, un modello terzomondiale di dipendenza latino-americana di tagliare i legami con il Centro, modelli verdi africani e asiatici di sviluppo locale simili al sarvodaya di Gandhi, all’ujama’a di Julius Nyerere, e le comuni popolari da Quarto Mondo di Mao (una fase del modello cinese di alternanza fra crescita e distribuzione), ma, nessuno di essi divenne il modello del “sud globale”. Né il modello sindacalista del G77 terzomondiale per ottenere migliori condizioni commerciali con il Primo Mondo che avrebbe avvantaggiato le élite, non la gente in generale. E alcuni paesi furono cooptati, come capi sindacali, nell’OCSE – Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico.

Allora, che cosa è successo? Come disse il presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso, facendo una conversione a 180 gradi dalla teoria della dipendenza: capitalismo come “unico gioco in vigore”. Ma il suo successore Lula comprese meglio lo sviluppo, aggiungendovi il fattore distributivo. Così fece la Russia passando alla modernità dal feudalesimo. Così fece la Cina – profondamente ispirata dal Giappone imperiale con uno sviluppo dapprima socio-economico, istruzione e sanità per tutti, infrastrutture – attingendo al proprio confucianesimo per la crescita, al proprio buddhismo per la distribuzione e al proprio taoismo per l’alternanza fra esse, con l’aggiunta della gigantesca elevazione delle classi infime per 400 milioni di abitanti fra il 1991 e il 2004. Così fece il SudAfrica eliminando l’apartheid. Solo l’India non fece altrettanto, ancora paralizzata dalle caste, chiusa alla sfida dei Naxaliti. La crescita è impressionante; non lo è la miseria del fondo sociale. L’India non fa parte di questo processo del Sud globale; la Turchia sì, in quanto apre all’islam non-laico.

Elevando le condizioni del fondo sociale finora calpestato, compresa la natura, la società ne ha un triplice beneficio. Passa dalla sofferenza alla capacità riproduttiva per umani e natura. Dai guai della diseguaglianza ai vantaggi dell’uguaglianza. E dalla morte per fame e dalla sussistenza alla partecipazione da consumatori-produttori. I cinesi lo chiamano capi-comunismo, che combina l’attenzione marxista ai bisogni fondamentali con quella liberale al mercato. Quanto mai combinabili, e BRCS+Turchia ne mostrano il percorso.

Oltre al sistema statuale opera il sistema di genere e di generazione: le donne sono state calpestate, e così i pensionati; includendo entrambe le categorie fra i produttori ci saranno balzi quantici. Il Nord Ovest ha migliorato lo stato delle donne di ceto medio e superiore, ma è da biasimare per la condizione degli anziani la cui esperienza e saggezza è rinchiusa in ghetti di vecchi. L’Asia fa di meglio.

E invece di elevare le condizioni del fondo sociale, gli USA lo fanno sprofondare anche di più, riducendo l’economia a un preparare (flipping hamburger, slang per indicare illavoro sottopagato nei fast food, ndt)) e mangiare hamburger. L’UE ha una diseguaglianza in aumento in praticamente tutti i paesi membri – rampante in Germania – e fra la Germania e i paesi GIPSI (Grecia-Italia-Portogallo-Spagna-Irlanda). Si stanno comunque de-sviluppando – nuova categoria analitica – e l’una e gli altri. E così l’Est-Europa col suo voltare le spalle al buono del proprio passato socialista.

Qualunque economia è percorsa da due contraddizioni interne oltre alla classe sociale: fra l’economia reale e quella finanziaria, e entro il reddito reale fra i beni e i servizi. L’Occidente ha giocato d’azzardo sui servizi e trovato solo Cina e India in grado di produrre tutti i beni industriali di cui ha bisogno il mondo. L’Occidente si è dato all’economia finanziaria – usando denaro per produrre altro denaro con la speculazione – e ha mietuto un crollo ben meritato nel 2008. Ci saranno altri crolli. I paesi meglio isolati dall’economia USA sopravviveranno; fra loro i BRICS, che ora collaborano internamente in base a un paniere di valute e a un’internet libera dallo spionaggio USA.

Il Nord Ovest deve imparare. E il mondo ha bisogno di dialoghi fra modelli di sviluppo: occidentale-liberista, occidentale-marxista, islamico, buddhista, giapponese, cinese. Per una migliore teoria e prassi economica. Per tutti.