SAPPIATELO. Lo Stato ha sottratto 172 milioni di euro al 5 per mille. Una firma contro lo scippo di Stato”, questa scritta lampeggia sullo sfondo giallo del portale del mondo non profit “Vita” e, onde evitare che il lettore impaziente non attenda lo scorrimento delle scritte, altre due capeggiano ai lati della cornice gialla dell’intera pagina web.

È stata proprio “Vita” all’inizio dell’estate a lanciare l’inchiesta sui soldi del 5 per mille del 2011, in parte “spariti”. All’epoca ci si era domandati come fosse possibile che, con 600mila scelte in più rispetto all’anno precedente, le entrate recuperate dalle associazioni fossero invece calate in un solo anno di 72 milioni. Qualcosa non quadrava. Poco avevano sortito le richieste di chiarimento sottoposte all’Agenzia delle Entrate dalla stessa “Vita” e dal deputato democratico Edoardo Patriarca, presidente dell’Istituto italiano della donazione. I misteri del 5 per mille 2011 sono stati sciolti solo ai primi di luglio quando l’on. Luigi Bobba (PD), fra l’altro membro della Commissione Bilancio, ha presentato un’interrogazione parlamentare per avere una delucidazione ufficiale in merito. Pur ribadendo il tetto massimo dei 400 milioni di euro al 5 per mille che lo Stato ha introdotto in base alla legge finanziaria 2012, Bobba domandava in particolare quali fossero i criteri di distribuzione per il denaro che superava tale tetto, in modo da ottemperare alle scelte fatte dai contribuenti. La raccolta di adesioni dei cittadini era stata piuttosto alta negli anni precedenti, tanto da sforare già i suddetti 400 milioni. In base ai dati registrati dall’Agenzia delle Entrate, nel 2009 (relativamente alla dichiarazione dei redditi del 2008) l’importo finale destinato al 5 per mille è stato di circa 420 milioni di euro, attestando una partecipazione alla scelta di 15,4 milioni di cittadini; nel 2010 l’importo è salito a 463 milioni di euro con un’adesione di 16,1 milioni di cittadini. Non si capisce allora come si sia potuto prevedere quel tetto e soprattutto come non sia stata data alcuna indicazione circa il ricalcolo del coefficiente per la devoluzione di fondi agli enti beneficiari scelti dai cittadini.

È stato il viceministro dell’Economia Stefano Fassina a fornire i dati sui fondi raccolti per il 5 per 1000 nel 2011 (sulle dichiarazioni dei redditi del 2010) che ammontano a quasi 488 milioni di euro. Di questi saranno distribuiti agli enti no profit solo 395 milioni: persino 5 in meno rispetto al tetto previsto. È Stefano Arduini, sempre dalle pagine di “Vita” di luglio, a indicare che “lo Stato tratterrà 92,8 milioni di euro sul 5 per mille dello scorso anno, che vanno a sommarsi agli 80 milioni ‘spariti’ dall’Irpef 2010. A conti fatti quindi il 5 per mille è ormai un 4 per mille”. La comunicazione governativa dei dati conferma le anticipazioni di “Vita”…e la rivolta del no profit è inevitabile. Di “scippo”, “furto”, “decurtamento”, “sparizione”, “abuso”, “sottrazione” si parla sui siti web di numerose organizzazioni non governative e associazioni del panorama del volontariato italiano: non si usano mezzi termini in riferimento all’azione statale e, dalle accuse della stampa, il passo è breve fino alla mobilitazione della società civile. Una petizione è in corso per chiedere di rendere strutturale la disciplina concernente il 5 per mille: perché in quest’Italia di “precariato” lo è anche il 5 per mille che, a 7 anni dalla sua introduzione, il parlamento deve confermare di anno in anno; inoltre la petizione chiede la rimozione di ogni limitazione esogena, ossia la cancellazione del tetto previsto. La firma delle petizione si accompagna a un piano di totale trasparenza sui fondi ricevuti dalle associazioni attraverso il 5 per mille; ossia mediante la stessa pagina del sito web si potrà visionare quanto “è stato sottratto in questi due anni alla propria associazione, o a quella a cui si è destinato il 5 per mille”.

Intanto l’intero settore si mobilita, rendendo note le conseguenze rilevanti che questa “sparizione” di fondi del 5 per mille 2011 avrà sull’attività di piccole e grandi associazioni. Come l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) che denuncia i 13 milioni di euro in meno rispetto alla preferenza espressa dai contribuenti, con cui avrebbe finanziato il Programma di oncologia clinica molecolare 2014; o il WWF che registra un ammanco di 250mila euro che andranno direttamente a toccare il budget a disposizione delle guardie volontarie per l’antibracconaggio. Oppure il taglio della campagna “Chiamami per nome” finalizzata alla registrazione anagrafica dei bambini senza nome dei Paesi africani dove l’associazione Enzo B opera.

Adesso che la situazione è emersa con chiarezza, occorre che chi ha a cuore il problema si impegni per modificare la disciplina del 5 per mille. Sapere non equivale ad agire, ma è un ottima premessa.

Miriam Rossi