Discorso del dottor Guillermo Sullings (Argentina) durante il workshop “Convertire una crisi in un’opportunità: umanizzare l’economía”, organizzato da Pressenza.
Viviamo da tempo in un mondo in crisi; una crisi sociale, culturale, politica ed economica.
Davanti a un simile panorama, si potrebbe pensare che l’aspirazione umanista a un mondo unito e solidale si allontani ogni volta di più. Tuttavia chi come noi non rinuncia alle utopie che hanno mobilitato l’umanità per secoli ha fiducia nel fatto che questa crisi sia il segnale di un nuovo mondo: qualcosa sta cambiando nelle persone e quindi potrà cambiare anche la società.
Entrando nel tema economico, è evidente che il capitalismo si sta infilando in un vicolo cieco. Questo capitalismo, che a un certo punto sembrò riformulare la sua equazione distributiva, favorendo le politiche keynesiane e il Welfare State, a partire dagli anni Ottanta ha ripreso la sua vera natura rapace attraverso il neo-liberismo. Le multinazionali hanno delocalizzato i diversi stadi produttivi in paesi caratterizzati da manodopera a basso costo ed estrema flessibilità del mercato del lavoro. La distribuzione dei profitti a favore delle imprese a danno dei salari ha aumentato il divario e per mantenere i livelli di consumo delle popolazioni si è esteso il credito. Questo ha prodotto l’indebitamento crescente delle persone, delle imprese e dei governi e il conseguente arricchimento delle banche.
Questo aumento della disuguaglianza nella distribuzione delle entrate e il finanziamento di un consumismo irrazionale mediante il credito ha alimentato le successive bolle. Man mano che scoppiavano l’assurdità del sistema diventava evidente; tornavano poi a dinamizzarsi provvisoriamente con un’altra bolla ancora maggiore, finché non è scoppiata l’ultima. Le cose continueranno così finché non si risolverà il problema alla radice, toccando la regressiva meccanica
distributiva intrinseca al sistema capitalista. La crisi non si risolverà di certo con le misure di austerità che impoveriscono ancora di più le popolazioni, ma neanche con le politiche keynesiane applicate dagli stati più progressisti, che non bastano a invertire il piano inclinato della dinamica capitalista.
In questa economia di rapina, mossa dalla ricerca smisurata del profitto e dal consumismo irrazionale, dietro all’illusione della crescita eterna esistono almeno tre tendenze che la stanno avvicinando ai suoi limiti.
- La tendenza alla concentrazione della ricchezza genera gravi contraddizioni, che accelerano le esplosioni sociali. Lo stesso sistema che predica il consumismo e il successo economico come massimi valori emargina ogni volta più gente, impedendole di raggiungere questo obiettivo tanto desiderato. Oltre alla ricchezza genera così frustrazione sociale e risentimento.
- Lo stesso sistema che predica la crescita senza limiti come falsa soluzione della povertà provoca mediante il consumismo l’incremento della domanda di commodities, elevando i prezzi e pertanto il costo della vita dei più poveri.
- Lo stesso sistema che predica che la crescita senza limiti darà lavoro a tutto il mondo riduce i posti di lavoro usando la tecnologia in funzione esclusiva del profitto e li rende sempre più precari, trasferendo gli stabilimenti in luoghi dove la mano d’opera costa meno.
E’ evidente che questo sistema non è sostenibile dal punto di vista ambientale, non è sostenibile dal punto di vista sociale, non è sostenibile dal punto di vista politico e nemmeno da quello economico. Si potrebbe pertanto affermare che esistono le “condizioni oggettive” per produrre un cambiamento; bisognerà vedere tuttavia se anche la parte soggettiva, il fattore umano, si dirigerà verso un cambiamento profondo. E bisognerà soprattutto vedere se i popoli saranno capaci di cercare una trasformazione come risposta globale e non solo nell’ambito delle rivendicazioni nazionali.
Chi detiene il potere economico in questo sistema globalizzato conosce le conseguenze sociali e politiche delle sue azioni e cerca di eludere i controlli. Sebbene sia ormai evidente che il sistema finanziario mondiale è il grande responsabile della crisi attuale, è sempre più difficile controllarlo, non solo per la complicità del potere politico, ma anche per la sua possibilità di rifugiarsi nei cosiddetti “paradisi fiscali”. Oltre ai “paradisi fiscali”, hanno creato i “paradisi di sfruttamento del lavoro”, dove le multinazionali non sono obbligate a rispettare norme minime di condizioni lavorative, né tanto mano a pagare salari degni. E hanno creato anche i “ paradisi di inquinamento ambientale”: quando le multinazionali non possono più contaminare il loro territorio, trasferiscono le fabbriche dove questo viene permesso.
Il potere economico mondiale, ormai globalizzato, in generale compra il potere politico e quando non ci riesce elude la sua azione. Per cambiare la situazione di una popolazione dunque non è più sufficiente cambiare i suoi governanti, perché la loro possibilità di azione è limitata.
E’ possibile sostituire questo sistema economico? Certamente sì. Questo richiederà però una “reingegnerizzazione” graduale, passo a passo, perché il sistema non crolli sulla testa dei popoli. Bisognerà invertire la meccanica distributiva, mediante la partecipazione dei lavoratori ai profitti delle imprese, ma soprattutto bisognerà trasformare l’attuale struttura di produzione e consumo e il modello di crescita. Forse alcune società non dovranno puntare a una maggiore crescita, ma piuttosto a una riduzione dell’orario di lavoro, mentre altre hanno bisogno di svilupparsi per migliorare le condizioni di vita: sarà là che bisognerà concentrare gli investimenti.
Bisogna modificare le forme di crescita economica, aumentando i servizi sanitari ed educativi, le comunicazioni, gli svaghi e gli altri servizi che migliorano la qualità della vita senza danneggiare l’ambiente. E’ necessario anche razionalizzare la crescita legata all’estrazione delle risorse. Ora non c’è il tempo di scendere nei particolari, ma è comunque sicuro che possiamo cambiare il sistema economico e umanizzarlo.
E sarebbe politicamente possibile fare tutto questo? Possiamo rispondere che questo dipende soprattutto dai popoli, che dovrebbero trasformare la politica togliendo il potere ai soci del capitale globalizzato. Lo sforzo sarà dunque doppio: i popoli dovranno puntare a cambiamenti politici e costruire una democrazia reale, per poi avanzare da là verso trasformazioni più profonde dell’economia. In ogni caso sì, questo è possibile.
Tuttavia, se anche si ottenesse tutto quanto detto finora in un paese, sappiamo che la portata delle politiche nazionali non è sufficiente davanti a un potere globalizzato. Sarà necessaria dunque una risposta mondiale, articolata tra i popoli. Sembra un percorso difficile, ma forse è l’unico davvero possibile, viste le frustrazioni a cui sono andati incontro i tentativi nazionali isolati. Una storia di frustrazioni aggiunge alle difficoltà insite in qualsiasi tentativo di cambiamento anche quelle legate allo scoraggiamento, alla rassegnazione, al pregiudizio del “non si può.”
Per superare questa barriera è necessario che una nuova mistica si diffonda nel mondo: l’immagine della futura Nazione Umana Universale, un’aspirazione che ci dà forza in ogni angolo del pianeta, per convergere nel processo di trasformazione, generando sinergie reciproche.
Dobbiamo utilizzare tutte le nuove tecnologie di comunicazione per diffondere gli ideali di un nuovo mondo e contrastare il pessimismo che alcuni mass-media vogliono suscitare in noi: cercano di convincerci che le proposte alternative in campo economico e politico sono delle ingenuità e che bisogna accettare in modo pragmatico i vecchi schemi conosciuti, visto che sono gli unici che funzionano. Bisogna invece affermare con forza l’idea che il vecchio mondo si sta già ritirando e che una nuova civiltà sta comparendo all’orizzonte.
Stiamo parlando della necessità di approfondire un cambiamento culturale, verso una società che preferisca la solidarietà al consumismo, che dia maggiore valore alla sua vita e a quella del pianeta. Oggi ci sono già segnali che molti esseri umani – e in particolare le nuove generazioni – condividono questa nuova sensibilità, questa aspirazione a un mondo migliore e soprattutto vivono già in base a questi nuovi valori. Questo è un momento storico adatto a stimolare l’espansione dei cambiamenti già presenti nel cuore dell’essere umano, attraverso un’idea-forza: quella della Nazione Umana Universale, in cui si vadano cancellando le frontiere, per attuare politiche globali che riducano le disuguaglianze e mettano fine alla violenza e al saccheggio del pianeta. E che soprattutto permettano all’essere umano di ritrovare il suo spirito e volare al di sopra del materialismo alienante.