Nel difendere un altro modello di agricoltura e di alimentazione, pensiamo sempre al ruolo chiave svolto da quanti lavorano la terra o ai consumatori, ma dimentichiamo che in questa catena, ogni giorno più lunga, che va dal campo al piatto, si trovano anche altri attori. Attori che pure svolgono un ruolo importante nel momento in cui si tratta di scegliere le migliori pratiche di produzione, di distribuzione e di consumo. Così, quanti stanno ai fornelli o dirigono ristoranti hanno molto da dire su ciò che cucinano e su ciò che mangiamo.

Il movimento Slow Food ha dato loro un nome: «Slow Food Km0. E sotto questa “etichetta„ si raccolgono i cuochi e le cuoche legati ad un’agricoltura locale, ecologica, contadina e di stagione. Come ricordano loro stessi, la loro scelta è per un cibo buono, pulito e giusto, o, per dirla in altre parole, per un cibo di qualità senza OGM e che sostiene un mondo rurale vivo. Così, in questi ristoranti troviamo prodotti provenienti da agricoltori locali, con i quali si è instaurato un rapporto diretto e di fiducia: varietà antiche e in via di estinzione, alimenti preparati in un raggio di non oltre 100 km, pesci provenienti dalla pesca artigianale, ecc.

Pochi giorni fa sono stati assegnati in Catalogna i certificati che accreditano i ristoranti ‘Slow Food Km0’ di Barcellona, Tarragona, Lleida e Girona. Cuochi dedicati a quello che cucinano, di solito in piccoli ristoranti diffusi sul territorio, ma anche di Barcellona, hanno ricevuto il riconoscimenti dalle mani del contadino Josep Pàmies e dello chef Joan Roca, salito agli onori della cronaca dopo che il suo ristorante, ‘El Celler’ de Can Roca, è diventato il numero uno a livello mondiale. Erano presenti alla cerimonia anche agricoltori locali che presentavano i propri prodotti. Campagna e cucina insieme, come dovrebbe essere, per una alimentazione al servizio della gente.

Ma si tratta anche di scommettere sulla giustizia sociale ed ecologica, non solo nelle nostre cucine, ma in tutte le cucine. E portare i principi della sovranità alimentare oltre la produzione e il consumo, perché la gastronomia è un altro fronte di battaglia contro un modello di agricoltura industriale, transgenico, intensivo, chilometrico, senza contadini, «petrolio-dipendente», omologato e che ci fa ammalare. Come dice la direttrice del ristorante Km0 ‘ Espai Tomata “, Neus Monllor, abbiamo bisogno di una ‘cucina ‘vincolata’ al nostro ambiente, a coloro che ci sono più vicini, ai cicli naturali, a condizioni di lavoro dignitose e alla qualità di ciò che mettiamo in tavola’.

Bisogna optare per una cucina ‘slow’, buona e accessibile a tutti e non solo a chi può permettersela. Ecco perché è indispensabile lavorare per cambiare le politiche pubbliche che subordinano l’alimentazione agli interessi di una manciata di aziende dell’agro-business. E portare un cibo ‘buono, pulito e giusto’ nelle mense scolastiche e a chi ne ha più bisogno. Una cucina ‘slow’ che, senza cadere nello sciovinismo, difenda i prodotti locali qui e ovunque nel mondo, insieme ai diritti di coloro che lavorano la terra, siano essi autoctoni o da venuti da fuori.

Quando il movimento 15-M è emerso in quel vicino-lontano 2011, si diceva: “Andiamo piano perché andiamo lontano”.

Riprendo questo slogan con una piccola modifica: ‘ Cucina ‘slow’ per arrivare lontano.

Traduzione dallo spagnolo di Giuseppina Vecchia