Da sinistra: il Presidente del Senato Pietro Grasso, il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera, la dirigente ISTAT Linda Laura Sabbadini – ©UNICEF Italia/2013/Andrea Ruggeri

Oggi il Centro di Ricerca Innocenti (IRC) dell’UNICEF lancia “Il benessere dei bambini nei paesi ricchi. Un quadro comparativo”, undicesimo della serie Report Card: un’indagine sul benessere dei bambini nei Paesi ricchi. Secondo il rapporto i Paesi Bassi e quattro paesi nordici – Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia – sono ai primi posti nella classifica sul benessere dei bambini; mentre quattro Paesi dell’Europa meridionale – Grecia, Italia, Portogallo e Spagna – si trovano nella metà inferiore della classifica.
«Preoccupa la situazione dell’Italia» dichiara il Presidente dell’UNICEF Italia Giacomo Guerrera «che nella classifica complessiva sul benessere dei bambini – costruita sulla media in 5 diverse aree di indagine – occupa il 22° posto su 29 paesi
 
Nello specifico, l’Italia è al 23° posto nell’area del benessere materiale, al 17° posto nella salute e sicurezza, al 25° posto nell’istruzione; al 21° posto per quanto riguarda le condizioni abitative e ambientali. In Italia il 17% dei bambini – pari a circa 1.750.000 minorenni – vive sotto la soglia di povertà. L’Italia ha anche il più alto tasso “NEET” (Not in Education, Employment or Training) di tutti i Paesi industrializzati, dopo la Spagna, con l’11% dei giovani che non sono iscritti a scuola, non lavorano e non frequentano corsi di formazione.»

Disagio o benessere, una scelta politica prima che economica

Mentre il dibattito continua a generare opinioni fortemente contrapposte sui pro e i contro delle misure di austerità e dei tagli alla spesa sociale, i dati della Report Card 11 mostrano i risultati di 29 economie avanzate nel garantire il benessere dei loro bambini durante il primo decennio di questo secolo.
Il confronto internazionale, si legge nel Rapporto, dimostra che la povertà infantile in questi Paesi non è inevitabile, ma dipende dalle scelte politiche – e che alcuni Paesi stanno facendo molto meglio di altri nel proteggere i bambini più vulnerabili.
«Sia in tempi di crisi economica che non, l’UNICEF esorta i governi e le parti sociali a mettere i bambini e i giovani al centro dei loro processi decisionali» ha detto il Direttore del Centro di Ricerca dell’UNICEF, Gordon Alexander.
«Per ogni nuova misura politica presa in considerazione o adottata, i governi devono esplicitamente valutarne l’impatto e gli effetti sui bambini, sulle famiglie con bambini, sugli adolescenti e sui giovani adulti. Questi gruppi non hanno voce nei processi politici e le loro opinioni vengono ascoltate troppo raramente.»
Nel rapporto si evidenzia che non c’è una stretta corrispondenza tra PIL pro capite e benessere generale del bambino. Per esempio, la Slovenia ha una posizione migliore del Canada, la Repubblica Ceca dell’Austria e il Portogallo degli Stati Uniti.
Il rapporto rileva, inoltre, che i Paesi dell’Europa centrale e orientale stanno iniziando a colmare il divario con le economie industriali più consolidate.

Luci e ombre della condizione minorile

Nonostante le battute d’arresto subite da alcuni paesi su indicatori specifici, la storia generale degli anni 2000 registra un costante miglioramento in diversi campi del benessere dei bambini in tutto il mondo industrializzato.
Ogni Paese per il quale sono disponibili dati ha registrato una riduzione nella mortalità infantile e nei “livelli più bassi di reddito familiare”, mentre il tasso di iscrizione scolastico è ulteriormente aumentato.
Va sottolineata che, data la difficolta di avere costantemente dati aggiornati e comparabili a livello internazionale sulle condizioni di vita dei bambini, il rapporto mette in luce i risultati di politiche governative che sono state realizzate prima dell’acuirsi dell’attuale crisi economica.
Tuttavia, per la maggior parte, questi dati tracciano tendenze di lungo periodo e riflettono i risultati di investimenti a lungo termine nella vita dei bambini.
Livelli medi di rendimento scolastico, o tassi di vaccinazione, o prevalenza di comportamenti a rischio, per esempio, non sono suscettibili di essersi significativamente modificati nel breve termine dalla recessione degli ultimi tre anni. La dimensione relativa a comportamenti e rischi risulta quella dove si rilevano i progressi più accentuati.
E, se si considera la dimensione dei “comportamenti e rischi” ci sono buone notizie su tutta la linea. Per esempio: tra gli 11-15 anni nei 29 Paesi presi in esame solo l’8% dichiara di fumare sigarette almeno una volta alla settimana.
Solo il 15% ammette di essersi ubriacato almeno due volte nella vita, e il 99% delle ragazze non sono rimaste incinte in età adolescenziale. Inoltre circa due terzi degli adolescenti non sono mai state vittime di bullismo, né coinvolti in risse.
Al contrario, i livelli di attività fisica rimangono bassi: Stati Uniti e Irlanda sono i soli Paesi in cui più del 25% dei bambini fanno sport per almeno un’ora al giorno. E in questo aspetto, purtroppo, l’Italia risulta all’ultimo posto nella graduatoria.

Le percezioni dei ragazzi

Il Report Card 11 include anche le opinioni dei bambini e dei ragazzi sulla propria soddisfazione. Questi risultati – riportati nella classifica sulla soddisfazione di vita dei bambini – sono sostanzialmente in linea con i dati statistici sulla misurazione del benessere dei bambini, con alcune importanti eccezioni: i bambini in Estonia, Grecia e Spagna hanno dato ai loro Paesi un punteggio molto più alto, mentre Germania, Lussemburgo e Polonia un livello inferiore rispetto ai dati oggettivi.
«Abbiamo bisogno di saperne di più su come i bambini vedono e valutano la propria vita, ciò che conta per loro, e dobbiamo saperlo in modo più sistematico» ha affermato Gordon Alexander.
«Le voci dei bambini, anche quando sono piccoli, sono di vitale importanza. Ribadiscono il messaggio di questa e delle precedenti Report Card: che i governi devono guidare le politiche in modo tale da salvaguardare a lungo termine il futuro dei loro bambini e delle economie. Il clima attuale rende tutto ciò ancora più urgente di quanto non lo sia stato in passato.»
Fonte: unicef.it