E’ stato annunciato questa mattina dal ‘Isa Qaraqe’, ministro per gli Affari di Detenuti ed ex-Detenuti dell’Autorità palestinese, il decesso in una prigione israeliana di Maysara Abu Hamdiya, detenuto di 64 anni di Hebron, affetto da una grave forma di cancro all’esofago.

Insieme alla popolazione, agli attivisti e al personale legale competente degli affari dei prigionieri, anche Qaraqe’ ha denunciato le autorità carcerarie israeliane per negligenza medica.

Abu Hamdiya è morto alle otto del mattino, ora locale, presso l’ospedale Soroka a Beersheva.

In queste settimane si erano succeduti sui Social Media intensi appelli e denunce per il rapido aggravarsi delle sue condizioni di salute e non erano mancati i comunicati dei prigionieri, oggi in collera per l’accaduto.

Il sospetto che Abu Hamdiya si fosse ammalato di un tumore si stava era diffuso tra i palestinesi dall’agosto 2012, ma fino a dicembre le autorità d’occupazione gli avevano concesso soltanto due visite in ospedale. Allora il prigioniero era stato sottoposto ad un esame di biopsia, e tuttavia, i medici israeliani non si erano pronunciati sull’esito dell’analisi. Poi a febbraio Abu Hamdiya ha perso la voce e solo allora i medici gli hanno fatto sapere che gli restavano pochi giorni di vita.

A marzo Abu Hamdiya è stato sottoposto per la prima volta a un ciclo di chemioterapia, subito sospeso “a causa delle festività ebraiche”.

Come molti altri penitenziari dell’occupazione israeliana, anche su Eichel, quella in cui si trovava il palestinese, vige il divieto di visita per i familiari dei detenuti palestinesi in forma di punizione collettiva.

Precipitato ormai in uno stato comatoso, il 28 marzo è stato reso pubblico in via ufficiale dalle autorità carcerarie israeliane il peggioramento del suo stato di salute. Le metastasi avevano invaso l’intero midollo spinale.

Gli israeliani avevano avviato le procedure per il suo rilascio proprio perché il palestinese non aveva più alcuna possibilità di sopravvivere.

Oggi la Palestina ha accolto un altro martire dalle prigioni israeliane dalle quali, dal 1967, 51 palestinesi non sono mai più usciti vivi. In questo momento sono 700 i prigionieri palestinesi che hanno immediato bisogno di essere visitati, e sono 25 i detenuti malati di cancro.

Abu Hamdiya era nato nell’anno della Catastrofe palestinese, nel 1948, e da giovanissimo si era unito alla resistenza fino a entrare a far parte dei quadri di Fatah dall’esilio in Libano. Aveva combattuto con Abu Jihad al-Wazir, celebre comandante della rivoluzione di Fatah con al-Assifa, per subire lo stesso destino di quel gruppo storico della resistenza.

Con l’invasione israeliana del Libano, nel 1982, anche Abu Hamdiya lasciò il Paese per rifugiarsi in Tunisia e fare ritorno in Palestina nel 1998 grazie alla mediazione di Yasser ‘Arafat.

Aveva lavorato per i tanto discussi servizi di sicurezza preventiva dell’Autorità e l’ultimo di una serie di arresti era giunto il 28 maggio del 2002 con un grosso carico di accusa.

Nell’estate scorsa il ministro Qaraqe’ aveva scritto alle Nazioni Unite rammentando le 178 risoluzioni che Israele viola riguardo al trattamento da riservare ai detenuti e prigionieri.