Intervista di Silvia Cattori alla giornalista Anastasia Popova

La giovane giornalista russa Anastasia Popova era totalmente sconosciuta all’opinione pubblica prima dell’uscita dello scioccante documentario che ha realizzato sulla Siria: “The Syrian Diary” (*); un buon film, sensibile, rigoroso, che dà voce a tutti quei siriani cittadini comuni che si dicono vittime dei gruppi armati e che contrasta nettamente con quanto riportato dai giornalisti occidentali impegnati a fianco degli insorti.

Anastasia Popova ha parlato della propria esperienza a Ginevra, dove è intervenuta a margine della 22° sessione del Consiglio dell’Onu per i diritti umani. Avendo saputo che a seguito della presentazione era stata invitata ad esprimersi davanti alla Commissione d’inchiesta dell’Onu a proposito della situazione in Siria, le abbiamo chiesto come si è sviluppato esattamente l’incontro.

Silvia Cattori: La «Commissione d’inchiesta sulla Siria» l’ha invitata a Ginevra il 7 marzo. Pensa di aver avuto abbastanza tempo per preparare il suo intervento?

Anastasia Popova: Io, Bahar Kimyongur e Mère Agnès-Marie de la Croix siamo stati invitati ad incontrare gli investigatori della commissione d’inchiesta a seguito della nostra presentazione all’Onu [1]. Successivamente, abbiamo avuto l’opportunità di incontrare il Presidente della commissione, Paulo Pinheiro, la signora Carla del Ponte, la signora Karen Koning Abu Zayd e altri membri. Inizialmente l’incontro doveva durare 20 minuti, ma in realtà si è protratto per circa 50 e a mio avviso è stato molto positivo. Ciascuno di noi ha fatto una breve dichiarazione.

Silvia Cattori: Siete stati veramente ascoltati dagli alti rappresentanti della Commissione d’inchiesta indipendente della Nazioni Unite sulla Siria? Oppure, alla luce delle critiche che le delegazioni della commissione hanno sollevato, avete avuto il sentore che fosse più un alibi per la commissione, utile a dimostrare di aver operato in modo neutrale?

Anastasia Popova: Con mio grande stupore, l’incontro ha avuto successo. In alcune occasioni i commissari hanno cercato di argomentare, ma per lo più hanno ascoltato e preso appunti. Siamo stati sollecitati a fornire tutte le informazioni in nostro possesso, video inclusi, il più rapidamente possibile, in modo da poter inserire  nel rapporto finale alcuni dei casi menzionati. Hanno proposto una collaborazione futura, accettato di incontrare le vittime e i testimoni dei crimini commessi dai gruppi armati per rendere il rapporto più equilibrato.

Silvia Cattori: Ma questo incontro, giunto quando ormai il rapporto della commissione era stato definito, aveva ancora un senso? Nelle sue interviste alla stampa, la signora Carla del Ponte condanna in primo luogo le forze governative e non i terroristi, [2] che entrano a migliaia in Siria con l’appoggio della Turchia e di altri paesi.

Anastasia Popova: Sono rimasta sorpresa nel ricevere una lettera della signora Carla del Ponte, nella quale dichiarava di aver visto il mio documentario e di essere interessata a una cooperazione più profonda. A mio avviso, si è trattato di un incontro molto utile e spero di vedere presto risultati positivi in tal senso.

Ho letto il rapporto e ho fatto una breve sintesi dei dubbi sollevati sulla base di ciò che ho visto io stessa e di quanto ho ascoltato dai testimoni e dalle vittime in Siria. A mio avviso il rapporto è unilaterale [3].

Si affronta poco la questione dei crimini commessi dai gruppi armati e gli scarni elementi riportati sono destinati ad avere poca risonanza. Alcuni metodi utilizzati nei combattimenti vengono descritti come tattiche dell’esercito armato, quando non lo sono. Il governo è accusato di particolari forme di tortura, mentre nel video che appare nel film “The Syrian Diary” si distingue chiaramente la bandiera dell’opposizione.

Molte informazioni riportate in questo rapporto sono menzogne vergognose.

Alcune derivano da fonti non verificate, che utilizzano la parola PUÒ nelle loro testimonianze, ma le conclusioni della commissione biasimano il governo, accordando piena fiducia a queste testimonianze dubbiose!

A mio parere è difficile fare un rapporto probatorio sulla base di 445 testimonianze raccolte nei campi dei rifugiati fuori dalla Siria, quando ci sono 23 milioni di persone che vivono in Siria, di cui più di 5 milioni si sono spostate al suo interno. La mancanza di accesso al paese non può essere considerata un’argomentazione; per reperire le informazioni esistono modalità alternative alle fonti governative. Gli investigatori potrebbero utilizzare il materiale fornito dai giornalisti, oppure incontrare le vittime fuori dalla Siria, per esempio in Libano.

Silvia Cattori: In effetti, il documentario “The Syrian Diary”, diffuso da Rossiya 24, dà voce ai siriani di ogni estrazione sociale che vivono l’arrivo dell’esercito armato nei loro quartieri con angoscia. Questo atteggiamento contrasta in modo singolare con quello presentato nei reportage dei giornalisti, che si fanno arrestare nei furgoni degli “oppositori” armati. Ha per caso il sentore che in quanto giornalista russa, sia vittima di una sorta di ostracismo in Occidente, in ragione del quale la sua testimonianza, per quanto onesta e importante, viene sottoposta alla censura da parte dei media? E questo dal momento che il suo paese e la Cina hanno messo il veto a ogni intervento militare in Siria?

Anastasia Popova: Per quanto riguarda il documentario “The Syrian Diary”, credo che la gente viva ancora con lo stereotipo secondo cui i media occidentali sono i migliori, perché garantiscono la libertà d’espressione e il rispetto dei telespettatori e che “icone” dell’informazione come la BBC o la CNN non possono fornire informazioni non verificate. È difficile per queste persone credere che oggi vengano COSTRUITE delle notizie dagli stessi giornalisti, che una volta erano obiettivi. La differenza sta nel fatto che oggi sono diventati uno strumento che forma le opinioni inventando storie in grado di orientare i telespettatori. A questo si può aggiungere un aiuto massiccio e coordinato alle storie presentate che giunge da Internet. Le informazioni indesiderate vengono soppresse o rimangono invisibili nello tsunami di quelle fornite.

In Russia il sistema mediatico non è sviluppato come in Occidente, non subisce ancora forti strumentalizzazioni e per questo siamo liberi di presentare punti di vista differenti. Per esempio, per quanto concerne la Siria, siamo in possesso di alcuni resoconti e pareri in netto contrasto l’uno con l’altro. In questo modo la gente può pensare, analizzare e costruirsi un’opinione. Ho spesso sentito dire che c’è un’enorme mancanza d’informazione “alternativa”  in Europa, che non è facile da rintracciare nei media dominanti. Spero che questo documentario riesca a dimostrare che l’informazione “alternativa” esiste e che bisogna continuare a cercarla.

Silvia Cattori: La ringrazio.



* Vedi:

http://www.silviacattori.net/?lang=it

Fonte e traduzione: silviacattori.net

[1] Anastasia Popova e Bahar Kimyongur, in un primo momento erano venuti a testimoniare a Ginevra su invito dell’Istituto internazionale per la Pace, la Giustizia e i Diritti Umani (IIPJHR) e del Collettivo dei Siriani in Svizzera (CSS), nell’ambito della Conferenza che si è tenuta a Ginevra il 28 febbraio 2013, a margine della 22° sessione del Consiglio dei diritti dell’uomo dell’Onu http://www.silviacattori.net/article4282.html. Di conseguenza la commissione d’inchiesta dell’Onu, senza dubbio imbarazzata dalle critiche che l’accusano di aver favorito le bande terroriste, ha chiesto loro di tornare a Ginevra, come è accaduto a Mère Agnès, per ascoltare le loro testimonianze.

2 “Nel nostro rapporto è stato stabilito che i crimini per mano del governo sono più importanti” dichiarava la signora Carla del Ponte a Radio France culture l’08 marzo 2013