E’ certo positivo che il Patto di stabilità si sia allentato, e è stato di sicuro importante il ruolo degli amministratori locali – sindaci in primis – che sono a più stretto contatto coi problemi generati dai vincoli e dai mancati pagamenti alle aziende che hanno realizzato opere per gli enti locali.

Ma non basta certo questo per cambiare la situazione nel nostro Paese. E sarà bene mettere l’accento sulla contraddizione di chi da un lato vuole allentare i vincoli del Patto, ma dall’altra non mette in discussione l’impostazione politico-economica da cui il Patto è generato. Ovvero la serie di misure draconiane di austerità che non solo provocano macelleria sociale ma fanno aumentare ancora di più il debito. Chi si oppone oggi al Patto di stabilità ha accettato qualche mese fa senza battere ciglio il Pareggio di bilancio in Costituzione e persino i vincoli del Fiscal Compact europeo, sottoscritto senza un minimo di dibattito critico, che ci impegna a 20 anni di tagli sociali e austerità per ridurre un debito che non sarà comunque possibile ripagare.

I dati lo confermano: le ricette del governo Monti che ha seguito i dettami di FMI, BCE e Commissione europea, hanno portato il nostro debito al 127%.  Perché la recessione ormai conclamata fa diminuire il debito meno di quanto diminuisce il Pil. E visto che questo famigerato rapporto è il metro su cui si misura l’economia di un Paese, le scelte fatte sono fallimentari, olte che socialmente insostenibili.
Ma perché non si ascoltano le tante voci che chiedono altre vie di uscita dalla crisi? L’Italia, ancora rappresentata da Monti al vertice del Consiglio europeo, ma anche la Francia di Hollande, si affannano a chiedere misure minimaliste, come appunto ammorbidire temporaneamente il patto di stabilità, invece di avviare una vera iniziativa politica per creare  una vera crisi diplomatica che abbia senso in Europa e apra un nuovo spazio politico.

Perché i paesi Pigs non si danno una mano a vicenda e sfidano il potere tedesco o la fallimentare Commissione Barroso? Qualche settore dei sindacati e del movimento alter-mondialista l’ha capito e 10 giorni fa a Bruxelles ha inscenata un’occupazione degli uffici della Commissione europea incaricati di questione finanziarie e di bilancio.

Nelle ultime settimane il Parlamento europeo ha lanciato segnali importanti sulla regolamentazione finanziaria e del sistema bancario, e ha coraggiosamente rispedito al mittente il bilancio “al ribasso” approvato dal Consiglio.

E’ uno spazio politico fragile e molto stretto, ma si intravede la possibilità di lavorare per un cambio di rotta immediato. Servono però governi coraggiosi, se si vuole ribelli, e non replicanti di destra e di sinistra impegnati a emendare marginalmente l’immarcescibile dottrina liberista. Ignorando che la democrazia stessa è commissariata, e che le autorità europee avranno potere di controllo sulle noste decisioni e dal prossimo autunno potranno addirittura correggere il nostro Bilancio esautorando di fatto il Parlamento. Evidente che la lotta alla corruzione e ai privilegi della casta sono solo una minima parte dell’azione da intraprendere per cambiare le cose.

Per contrastare tutto questo si deve rinegoziare il debito, come ormai sempre più voci sociali, soggetti indipendenti e di movimento vanno dicendo.

Ornella De Zordo, Consigliere Comunale a Firenze PerUnAltraCittà, lista di cittadinanza