L’Associazione per i Popoli Minacciati (APM) accusa i paesi membri dell’ASEAN (Associazione delle nazioni del sudest asiatico) di trattare in modo disumano i profughi Rohingya provenienti dalla Birmania (Myanmar). Invece di garantire tutela e protezione ai profughi di fede musulmana in fuga dalle persecuzioni in Birmania, i paesi vicini organizzano delle vere e proprie cacce all’uomo per scovare i profughi che si nascondono sul loro territorio. Lo scorso 19 febbraio la Malesia ha chiuso il parco nazionale Penang ai visitatori per setacciare il territorio alla ricerca di profughi Rohingya dopo che il giorno prima una barca con 140 profughi si era arenata sulle coste del parco. Finora la polizia ha trovato 113 profughi che si nascondevano nei boschi e che ora rischiano di essere forzatamente rimpatriati in Birmania.

Un gruppo di 32 profughi Rohingya salvati dalla Marina dello Sri Lanka dopo aver trascorso 65 giorni in mare hanno raccontato di essere stati intercettati dalla Marina thailandese che ha spinto la loro barca in alto mare nonostante un danno al motore. Il comandante della Marina dello Sri Lanka Commodoro Attygalle ha confermato i racconti dei profughi. L’APM chiede all’Alto Commissariato per i Profughi delle Nazioni Unite di avviare un’indagine sulle accuse che, se confermate, implicano che la Marina thailandese ha gravemente violato il diritto internazionale mettendo in conto la morte delle persone a bordo della barca. Non è la prima volta che la Marina thailandese finisce nel mirino della stampa internazionale. Già nel dicembre 2008 si era resa responsabile di aver abbandonato in alto mare una barca con a bordo profughi Rohingya provenienti dalla Birmania.

I 32 profughi salvati dalla Marina dello Sri Lanka hanno raccontato di essere vivi per miracolo. Nelle ultime tre settimane di fuga erano finite le provviste alimentari e l’acqua potabile. 98 persone sono morte e i loro corpi sono stati gettati in mare. Purtroppo le tragedie come queste non sono casi isolati. Profughi Rohingya tratti in salvo a fine gennaio 2013 in Thailandia hanno raccontato che negli ultimi 16 giorni in mare avevano consumato solo 4 pasti composti da riso crudo.

I Rohingya fuggono dalle violenze e dalla discriminazione di cui sono vittime in Birmania. In seguito a diversi scontri violenti tra persone appartenenti ai Rohingya di fede musulmana e persone appartenenti ai Rakhine di fede buddista, circa 120.000 Rohingya sono ancora costretti a rifugiarsi nei campi profughi birmani. Durante una visita nel paese asiatico, l’inviato speciale delle Nazioni Unite per la Birmania Tomas Quintana ha condannato le condizioni catastrofiche nei campi e ha dichiarato che i campi profughi birmani assomigliano più a delle carceri piuttosto che a delle strutture che dovrebbero garantire la protezione di chi vi è ospitato.