Riportiamo di seguito la lettera di Adriana, cooperante italiana, andata via da Gaza ieri ed in attesa di rientrare nella Striscia. La missiva introduce il report successivo che include testimonianze in loco sul settimo giorno d’attacco. La formattazione approssimativa (che nel possibile abbiamo migliorato) può essere evitata scaricando il PDF originale del 20. E’ inoltre disponibile un breve video in bassa risoluzione.

 

Ecco il report sulla tragica evoluzione dell’offensiva militare israeliana degli ultimi giorni, e soprattutto con le testimonianze dirette da gaza.Realizzato dai cooperanti di alcune delle ONG che lavorano a Gaza.
In allegato anche un video degli spari dalle navi militari nella notte del 18 novembre quando eravamo ancora a Gaza e avveno appena colpito il palazzo dei media.
Siamo con il fiato sopseso, continuamo a ricevere le telefonate dagli amici a gaza che sono sempre piu distrutti, al settimo giorno di attacchi e senza dormire in uno stato di tensione costante.
Con il cuore e la testa a Gaza,
Adriana

 

 

Siamo  al  settimo  giorno  dell’attacco  più  violento  e  brutale  condotto  da  Israele dall’operazione  Piombo  Fuso.  Continua  il  massacro  dei  civili  e  i  bombardamenti  sulla popolazione  di  Gaza  imprigionata  dall’assedio  illegale.  A Gaza  i  boati  dei  bombardamenti scandiscono  le  giornate  e  le  notti  insonni  della  gente  rinchiusa  nelle  case.  Il cielo  è  invaso dal  rumore  costante  dei  droni  e  dei  caccia  F16  che  sorvolano  in  continuazione  tutta  la Striscia con il  loro  carico  di  distruzione,  e  dal  mare  arrivano  i  colpi  dell’artiglieria  delle navi militari. 

L’aviazione  israeliana  ha  condotto  oltre  1600  bombardamenti,  centinaia  gli  spari  dalle  navi  della  marina militare. A  Gaza,  dove  metà  della  popolazione  ha  meno  di  14  anni,  colpire  i civili  significa  colpire  i  bambini. Sono  117  le  vittime  del  massacro  dei  palestinesi  a  Gaza,  la  gran  parte  civili,  tra  questi  almeno  25  bambini sotto  i  16  anni. Oltre  1000  le  persone ferite,  tra  cui  più  di  252  bambini.

Dal  18  novembre,  quinto  giorno  dell’escalation,  l’esercito  israeliano  ha  intensificato  gli attacchi  deliberati  sui  civili colpendo  sempre  di  più  le  case,  le  moschee,  i  veicoli,  i giornalisti  e  gli  organi  di  informazione.  Il  numero  dei morti  è  aumentato  in  maniera esponenziale.  Nei  primi  quattro  giorni  dell’offensiva  le  vittime  erano  state circa  40, mentre negli  ultimi  due  giorni  sono  già  oltre  80  le  persone  uccise.

Nella  notte  del  18  novembre  sono  stati  colpiti  gli  uffici  dove  sono  concentrati  i  principali media  palestinesi  a Gaza,  con  il  ferimento  grave  di  6  giornalisti,  di  cui  uno  ha  perso  la gamba. Anche  ieri  19  novembre  è  proseguito l’attacco  alla  libertà  di  informazione.  La Shuruq tower,  che  ospita  Aqsa TV  e  altre  emittenti  televisive  straniere, ha  subito  due  attacchi  in  24 ore.  Due  persone  sono  rimaste  uccise, due  cameramen  e  un  corrispondente  del canale saudita Al­-Arabiya  sono  stati  feriti.

 

E’  stata  colpita  anche  un’automobile  che  riportava  la  scritta  Press,  per  fortuna  vuota  al momento  dell’attacco. Queste  azioni  sono  una  evidente  minaccia  alla  libertà  di  informazione  e  a  tutti  coloro  che  con  coraggio cercano ogni  giorno  di  raccontare  al  mondo  le  atrocità  che si  stanno  verificando  a  Gaza.

 

Riportiamo  di  seguito  le  testimonianze  dirette  raccolte  da  Gaza.

 

Gli  attacchi  sulla  gente,  per  le  strade.

 

19/11,  Yousef  da  Gaza  City:  “Non  si  dorme  per  niente.  Anche  stanotte  dalle  3  alle  7  del  mattino,  hanno intensificato  gli  attacchi,  hanno  bombardato  in  continuazione.  Non  si  può uscire  di  casa.  Colpiscono  la  gente per strada.  Ieri  hanno  colpito  molte  persone  che  camminavano.  A  Tel  El  Hawa  hanno  ucciso  un  ragazzo  mentre stava  prendendo  un  taxi”.

A  Tel  Al  Hawa,  Sud  di  Gaza  City,  alle  9.42  gli  aerei  israeliani  hanno  colpito  un  taxi  con su  la  scritta  ”Press”  a Tel  Al  Haua,  per  fortuna  vuoto.  Poco  dopo  alle  10:55  hanno  bombardato  un’altro  taxi  su  cui  viaggiava Mohammed Shamlak,  23  anni,  che  è  rimasto ucciso.  (Maan  News  Agency)

 

La  distruzione  delle  case,  il  massacro  dei  civili  e  dei  bambini.

19/11,  ore  10:30.  Da  Beit  Hanoun  Sharif  ci  racconta:  “Hanno  completamente  raso  al  suolo  la  casa  di  mia sorella.  Un  drone  ha  colpito  con  un  missile  il  loro  giardino.  Le  6  famiglie, 50  persone,  che  stavano  nell’edificio sono  subito  scappate  via.  Neanche  10  minuti  dopo  che  sono  scappati  hanno  bombardato  la  casa  di  tre  piani,  distruggendola  completamente.  Sono qui  sul  posto  e  non  so  come  descrivere  quello  che  vedo.  Dovreste  essere qui per  vedere, per poter  capire.  Altre  2  case  sono  state  distrutte  dalle  bombe.  Altre  15  case  sono  state danneggiate gravemente”.

19/11  ­-  Lidia  De  Leeuw,  un’attivista  per  i  diritti  umani,  ha  visitato  una  delle  tante  case  colpite  dai  bombardamenti:  “Oggi  abbiamo  visitato  la  famiglia  Nasser  a  Beit  Lahia.  La  loro  casa  di  tre  piani  è  stata bombardata.  Ieri  sera  non  usciva  l’acqua  dal  rubinetto,  allora verso  le  2  di  notte,  il  padre,  Jalal  Nasser  è andato  sul  tetto  a  controllare  la  cisterna dell’acqua.  Il  figlio,  Hussein  Nasser,  di  8  anni  è  andato  con  lui.   Mentre  erano  sul  tetto un drone  li  ha  colpiti  con  un  missile  uccidendoli  entrambi.  Il  missile  dal  tetto  ha attraversato  i tre  piani della  casa  distruggendo  l’interno.  La  madre  del  bambino  era  sotto  shock,  non riusciva  a parlare.  Quando  siamo arrivati  dalla  famiglia  circa  200  uomini  erano  in  coda  per  strada  davanti  alla  tenda  del  lutto,  aspettavano  il  proprio  turno  per  porgere  le condoglianze.  Cinque  minuti  dopo  il  nostro  arrivo  hanno bombardato  la  strada  da cui eravamo  arrivati”.

 

 

20/11,  Ore  9:00  ­-  Munir  da  Beit  Lahia:  “Grazie  a  dio  noi  tutti  stiamo  bene.  Ieri  hanno bombardato  a  60  metri da casa  mia,  verso  le  8  di  sera.  Qui  a  casa  abbiamo  urlato  dalla paura,soprattutto  i  bambini,   la  casa  si  è scossa  così forte  come  se  ci  fosse  un  terremoto,  eravamo  terrorizzati.  Hanno  colpito  la  famiglia  Hejazi,  erano  dentro  alla casa.  Sono  morti il padre  e  due  bambini.  Ci  sono  18  persone  ferite  anche  tra  i  vicini.  La  madre  è  in ospedale, è in condizioni  critiche,  non  sappiamo  se  ce  la  farà.  E’  un  situazione  veramente  difficile,  è come  la guerra  di tre anni fa. La  notte  è  impossibile  dormire.  Stanotte  cercavo  di  dormire  per  quaranta  minuti,  un’ora  e  poi  un  bombardamento,  poi  provavo  a  stendermi  un  attimo  e di  nuovo  un  boato.  I  miei  bambini  riescono  a dormire solo  un  po’  di  giorno.  Mio  figlio Uasim  (3  anni)  mi  ha  detto:  ”Papà,  papà  ti  prego  andiamocene  da  qui, andiamo  in  un posto  sicuro”.  E  io  gli  ho  risposto:  ”Amore  non  è  possible  muoverci,  non  possiamo  andare da nessuna  parte”.

Dove  possiamo  scappare?  Stanno  bombardando  a  Rafah,  a  Deir  el  baalh,  a  Gaza  city,  ovunque,  nessun posto  è sicuro.  Non  possiamo  muoverci,  non  possiamo  andare  da  nessuna parte.  Abbiamo  fatto  delle  scorte  di  cibo,  ho  riempito  la  cucina.  Ho  comprato  due  sacchi  di  farina  per  fare  il  pane  e abbiamo  riempito  10  taniche  di  acqua da  bere.  Ci  stiamo preparando  perchè  abbiamo  paura  che  inizi  l’invasione via  terra,  dobbiamo  essere  pronti.

I  tagli  dell’elettricità  sono  sempre  uguali,  abbiamo  avuto  l’elettricità  di  notte  e  alle  6  del mattino  è  andata  via. Forse  tornerrà  nel  pomeriggio  verso  le  due,  tre”.

Sami,  giornalista  che  ha  intervistato  la  famiglia  Hijazi:  “Hanno  colpito  la  casa  della  famiglia  Hijazi  ieri  sera  alle  20,  racconta  il  nonno,  sopravvissuto  insieme  agli  altri  5  figli  della  famiglia,  al  brutale  bombardamento  della casa.  Anche  la  mamma  e’  in  ospedale  ferita gravemente.  Il  padre   52  anni,  bidello  della  scuola,  e’  stato ritrovato seppellito  in  una   buca;   e  stessa  sorte  hanno  avuto  i  2  bambini  di  2  e  4  anni  che  sono  rimasti  uccisi. La casa  si  trova  nel  campo  profughi  tra  Beit  lahya  e  Jabalia.  Vicino  non  c’erano  obiettivi  militari  da  dove  si  lanciavano missili”.

Abbiamo  purtroppo  appreso  alle  22:38  del  19/11  che  è  morta  anche  Amna  Hijazi,  la  madre che  era  rimasta  gravemente  ferita  durante  il  bombardamento  che  ha  distrutto  la  loro  casa  provocando  la  morte  del  marito Foad  e  dei  loro  figli  Mohammed  e  Suhaib.  (Maan  News Agency)

19/11  ­-  Inas,  da  Deir  Al  Balah:  “E’  terrificante.  Sto  cercando  di  allontanare  dalla  mia testa  il  pensiero  che  i miei figli  possano  morire  bruciati  come  è  accaduto  ai  bambini  della famiglia  Al  Dalou”. 

La  famiglia  Al  Dalou

Domenica  un  attacco  aereo  israeliano  a  Sheikh  Radwan  ha  ucciso  12  civili  palestinesi,  tra cui  10  membri  di una stessa  famiglia,  la  famiglia  Al  Dalou,  tra  cui  4  bambini  e  4  donne. L’  intera  famiglia  è  rimasta  uccisa  quando  un  missile  israeliano  ha  colpito  la  sua  abitazione  di  3  piani,  radendola  al  suolo.  Anche  due  vicini,  una  donna  di  83 anni  e  un ragazzo  di  19,  sono  rimasti  uccisi.  E  ’stato  il  maggior  numero  di  morti  causati  da  un  singolo  attacco  dall’inizio  dell’offensiva  israeliana  lo  scorso Mercoledì.  Le  squadre  di soccorso  per  ore  hanno  cercato  di  tirare fuori  i  corpi  dalle  macerie.  I  corpi  di  Yara al­-Dalou,  17  anni,  e  Mohammed  al­-Dalou,  29  anni,  non  sono  ancora stati  trovati. Quattro  donne  della  famiglia  al­-Dalou,  Samah,  Tahani,  Suhaila  e  Ranim  e  quattro  bambini  Jamal,  di  6  anni, Yousef  di   4,  Sarah  di  7,  e  Ibrahim  di  1  anno  sono  stati  sepolti  a  Gaza  City  Lunedi.

 

19/11,  Ore  18:00  ­-  Yazan  dal  campo  rifugiati  di  Burej:  “Hanno  appena  bombardato  a  50  metri  da  casa  mia. Hanno  ucciso  due  ragazzi,  due  miei  vicini  di  casa,  uno  di  23  e  uno  di 25  anni.  Sono  stati  feriti  anche  due bambini. Uno  si  trovava  vicino  ad  una  finestra,  che  si è rotta,  e  i  vetri  gli  hanno  tagliato  la  gola”.

Ore  17:48  ­-  Due  persone  sono  state  uccise  in  un  attacco  aereo  israeliano  nel  campo profughi  di  Bureij,  nel centro di  Gaza.  Le  vittime  sono  state  identificate  come  Arkan  Abu Kmayel  e  Ibrahim  Al­-Hawajri.  (Nena  News Agency)

Le  famiglie  in  fuga  dalla  buffer  zone.

19/11  ­-  Sami,  da  Khan  Younis:  “Ieri  è  stata  una  giornata  molto  difficile.  Hanno bombardato  con  gli  F16  e  tirato cannonate  senza  mai  fermarsi  in  tutta  l’area  della  buffer zone  al  sud  di  Khan  Younis:   Abasan,  Khuza’a,  Faraheen,  Al  Foukhari.  Molte  famiglie  che abitano  al  confine  si  sono  spostate  e  hanno  cercato  rifugio  presso altre  famiglie;  anche  qui da  noi  a  Bani  Sohaila,  perchè  non  siamo  nella  buffer  zone.  Qualcuno  anche  dei beneficiari del  progetto  di  emergenza  della  cooperazione  italiana  è  venuto  qui  dove  è  più  protetto. Oggi l’UNRWA  sta  aprendo  le  scuole  per  accogliere  le  famiglie  che  stanno  cominciando  ad evacuare  la  buffer  zone,  i carri  armati  stanno  scaldando  i  motori  per  cominciare.  Questa volta  se  entrano  fanno  un  disastro”.

Gli  attacchi  contro  le  moschee.

20/11  ­-  Testimonianza  di  Mahmoud  Al­-Ashqar,  un  sopravvissuto  dal  raid  che  ha  colpito  la moschea  di  Al­-Rahman,  (campo  di  Bureij):  Al  4°  giorno  dell’operazione  militare l’aviazione   israeliana   ha  deciso  di  colpire  le  moschee  e  ha  iniziato  con  questa.  Al Rahman mosque.  La  moschea  era  vuota  e  chiusa  cosi  l’aviazione  ha  cominciato  ad  avvisare  il vicinato  che  avrebbe  colpito  la  moschea. I  velivoli  di  ricognizione  delle  forze  aeree dell’esercito  israeliano  hanno  lanciato  due  missili  di  allarme  su  ogni  casa,  come  un segnale di  allarme,  per informare  gli  abitanti  nei  pressi  della  moschea  dell’attacco  in  arrivo.  Io  e  l mia  famiglia  così  come  tutti  gli altri,  non  avevamo  altre  opzioni  se  non  fuggire  da  casa.

Le  persone  più  sfortunate  non  hanno  avuto  neanche  il  tempo  di  prendere  i  beni  necessari. Sono  fuggiti  solo  con i  loro  vestiti.  Dopo  2  minuti  dal  bombardamento  dei  missili  di allarme,  un  aereo  da  guerra  F16  ha  bombardato la  moschea  di  3  piani,  radendola completamente  al  suolo.  Il  bombardamento  ha  provocato  anche  l’emissione  di schegge  che hanno  causato  il  ferimento  delle  persone  che  cercavano  di  fuggire.  Una  scena  d’orrore  che ha  terrorizzato  i  bambini”.  

17.11.2012  ­-  Anche  una  moschea  ed  una  casa  nel  campo  profughi  di  al­-Bureij  sono  state bombardate causando  cinque  feriti  (Maan  News  Agency)

20/11,  ore  17   AGGIORNAMENTO  DELL’ULTIMO  MINUTO

Ci  sono  appena  giunte  telefonate  da  Beit  Lahia  e  da  Beit  Hanoun  di  amici  che  con  la voce  allarmata  ci  hanno  comunicato  che  nel  pomeriggio  di  oggi  l’aviazione  israeliana stanno  iniziando a far  piovere  i  volantini  per  allertare  la  gente.  I  volantini  stanno intimando  tutte  le  famiglie  di abbandonare  le  loro  case  in  tutto  il  Nord  della  Striscia  e le  aree  intorno  a  Gaza  City  di  Shujaia, Shujaia  Jdida,  Sheikhajlin,  Tel  Al  Hawa, Remal,  Janub,  Zeitun,  Turkman.

La  gente  è  terrorizzata,  non  sa  dove  scappare  e  teme  questo  sia  il  preannuncio  dell’invasione  via terra.  

Report  realizzato  dai  cooperanti  italiani  che  lavorano  a  Gaza  di  EducAid,  OVERSEAS, CISS,  ACS, CRIC. Secondo  il protocollo  di  sicurezza  della  Cooperazione  italiana  per  cui lavoriamo  siamo  dovuti uscire  da  Gaza  al  sesto  giorno dell’attacco.  Abbiamo  già  fatto presente  alla  Cooperazione  che  è necessario  rientrare  ed  attivarsi  per  la popolazione  civile. E’ fondamentale  continuare  a  raccontare  al  mondo  della  terribile  situazione  di  Gaza  dando voce alla  gente  di  Gaza,  ad  amici  e  colleghi  con  cui  siamo  in  costante  contatto  e  di  cui  riportiamo  qui  le testimonianze dirette.

Articolo ripreso da:

http://znetitaly.altervista.org/art/8657