Lunedì 21 settembre ore 6:

Mi sveglio presto. Eccitato e arrabbiato contro l’ingiustizia che ha colpito questo popolo.  Stanotte tutto tranquillo e stamane pure.   Le solite donnine che spazzano la strada, i soliti carretti trascinati da asini, i soliti motorini che ronzano.   Ma come? Dopo quello che è successo ieri come è possibile che tutto taccia? Le mie coinquiline si alzano, sorridono, mi chiedono come sto, come ho dormito e cosa voglio per colazione. La gentilezza di sempre. Ma come, dopo tutto quello che è successo?   E capisco subito una cosa di me, o forse di noi occidentali, della nostra “cultura”. Noi abbiamo fretta, dobbiamo correre. Verso dove non si sa. Ma dobbiamo avere tutto e subito. Usiamo tanta testa e poco cuore. Siamo distratti dalla nostra corsa. Dobbiamo imparare ad apprezzare le “piccole” cose della vita. Un gesto, un sorriso, un semplice saluto.   Da qui parte la rivoluzione: dobbiamo voler bene e volerci bene.

Cominciano lenti i commenti su quello che è successo. Migliaia di messaggi invadono la rete, per fortuna ancora funzionante. La maggior parte delle persone dice che si vergogna di essere burkinabé. Proprio così, si vergognano per atti che non hanno commesso, si vergognano per i loro fratelli criminali. Qui tutto è “sociale”: l’orgoglio, la responsabilità, la vergogna….

In questo momento la rabbia lascia spazio alla voglia di capire e di assorbire il colpo. I burkinabé sono un popolo studioso. Si leggono e rileggono i 13 punti, parola per parola. E si scoprono i trucchi di una diplomazia fradicia di ipocrisia.

Il primo punto (se letto completamente) ad esempio può essere interpretato così: la liberazione di tutte le personalità detenute, comprese quelle dell’ex maggioranza ( responsabili di affari illeciti, danni al patrimonio e arricchimento personale).

Alle 11 ancora è tutto calmo, ma per strada soprattutto i giovani stanno costantemente al telefono. La sensazione è che sia in corso un enorme passaparola. Qualcosa di grosso si sta preparando. Ma con calma e col sorriso. Non c’è fretta. NAN LARA AN SARA è la frase più ascoltata.

Il Professor Marius Ibriga, padre della Costituzione, manda il suo messaggio: “La Costituzione burkinabé dice che è il Presidente che propone l’amnistia ed è il Consiglio di Transizione che deve votarla. E adesso dite che bisogna fare un’amnistia per persone che hanno ucciso per farsi iscrivere sulle liste elettorali. Ma questo vuol dire che la vita umana non vale più niente e che possiamo uccidere la gente per poter essere eleggibili. E’ inaccettabile!”

Il sindacato dell’Onatel (società nazionale delle telecomunicazione) denuncia che gruppi dell’RSP sono penetrati con la forza in numerose sedi per cercare di tagliare le comunicazioni, telefoni e internet.

Da Mondafrique filtra la notizia: “Il colpo di stato perpetrato dall’RSP e diretto dal Generale Dienderé è stato interamente preparato ad Abidjan, luogo d’esilio dell’anziano presidente Blaise Compaoré. Le autorità ivoriane sono state perfettamente informate, grazie ai loro servizi segreti, di numerosi viaggi tra Ouaga e Abidjan di uomini vicini all’ex presidente. Da molti mesi i meglio informati temevano una destabilizzazione orchestrata dall’ex presidente dal suo esilio. Loro affermano che Campaoré ha anche organizzato un ufficio nel quartiere Plateau d’Abidjan per meglio sorvegliare gli sviluppi della transizione e preparare la riconquista del potere. Il colpo di stato ha confermato questi timori.”

Ore 14.

Qualcosa si muove. Truppe di militari regolari sono partiti da varie città per marciare su Ouaga. In tutte le città la folla accompagna i militari. Così vedremo se oseranno dire che c’è stato un altro colpo si stato.  E’ importante ! Non può assolutamente passare che sono militari contro militari. Non è vero! Qui c’è un popolo che si vuole liberare e dei fratelli militari che rispettano questo mandato, come l’hanno rispettato un anno fa. Qui c’è un popolo contro alcuni golpisti terroristi appoggiati da tutti gli interessi, locali e internazionali, dei potenti.

Ore 15.

Cari connazionali,
nel corso della giornata odierna rischiano di prodursi gravi avvenimenti.
In considerazione di ciò, raccomandiamo di non allontanarvi assolutamente dalle vostre abitazioni a partire da questo momento.
L’Ambasciata rimane raggiungibile h24 ai numeri 00225 07077343 e 00225 75410888.
Ambasciata d’Italia
Abidjan

Ore 16.30.

La città è deserta, il silenzio tombale. Le RSP si sono schierate ai confini della città. Si aspetta l’ordine di mobilitazione generale.

Si prepara una serata e una nottata storica.

Ore 18.00.

Come una bomba arriva una notizia. Dienderé si è recato alla televisione per registrare un messaggio. Poi si è recato dal Moro Naaba (il re), che ha rifiutato di incontrarlo. Sembra si voglia arrendere, ma nessuno si fida del serpente.

Arrivano voci che parecchi membri dell’RSP stiano fuggendo nei cofani delle macchine.

Radio Omega rilascia una dichiarazione di Smokey: “Il generale Dienderé domanda ai suoi uomini di deporre le armi e di recarsi al Camp Lamizana (campo dei militari regolari)”.   Interpretiamo che sta forzando la situazione per destabilizzare l’RSP.”

Dienderè appare in tv e fa una dichiarazione piena di ambiguità. Chiede perdono più volte per i morti, ma cita più volte l’accordo CEDEAO come base di discussione. Registriamo e ascoltiamo più volte il messaggio: è veramente ambiguo ed indecifrabile.   La sensazione che non sia finita è grande, la speranza che finisca anche.   Qualche motorino suona il clacson per la strada in segno di vittoria.