Tante rappresentazioni, in particolare le scenografie, coreografie e sceneggiature del presepe ‘inventato’ da Francesco d’Assisi nel 1223 e il ‘copione’ del corteo dei re magi che il 6 gennaio sfila a Milano dal 1336, sono vivide espressioni dell’auspicio che nel mondo regnino la pace e la giustizia e che l’umanità riesca a debellare la guerra.
L’anelito per la pace infatti è un’aspirazione umana infusa nelle fedi religiose che, oltre che nella volontà divina, confidano nella capacità delle persone a ripudiare la violenza ed ‘estromettere’ la guerra dalle civiltà. Ed è lo ‘spirito’ che ‘anima’ le celebrazioni del Natale, una festa cristiana e universale, che ha origini e analogie con i rituali di molti altri culti, in particolare nel Natale Sol Invictus degli antichi romani, e dell’Epifania indicate nella mappa di manifestazioni pacifiste periodicamente svolte in numerose città e località italiane.
Verso una pace disarmata e disarmante
Citando Isaia, che nell’VIII secolo a. C. “profetizzava un futuro in cui le armi fossero abolite e gli esseri umani abbandonassero la cultura della guerra, il preparare i giovani a combattere: «Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazione non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra» (Isaia 2, 4)”, e il messaggio di Leone XIV per la LIX Giornata della Pace / La pace sia con tutti voi. Verso una pace disarmata e disarmante, ieri – 21 dicembre – Pierpaolo Loi si è rivolto al capo dello Stato italiano per ricordare “i pronunciamenti della Chiesa, a partire dall’Enciclica Pacem in terris di Giovanni XXIII e da quando Papa Paolo VI indisse la Giornata della Pace (1968), da celebrare ogni 1° Gennaio” – Si vis pacem para pacem: non c’è altra via.
Nella rilevazione elaborata quest’anno, online nel repertorio di produzioni di PRESSENZA dal giugno scorso e continuamente aggiornata con le informazioni man mano fornite e raccolte, da qualche giorno sono incluse due iniziative molto particolari.

CASALE MONFERRATO, AL
La mezz’ora di silenzio per la pace che nel periodo dell’Avvento, nella data precedente la vigilia di Natale, coinvolge associazioni, gruppi e cittadini, persone di ogni età – adulti, giovani e bambini – e di varie appartenenze – comunità religiose, etniche,… e politiche – di Casale Monferrato e dintorni “tutti insieme, insieme a tutti” viene praticata dal 1987, il prossimo 23 dicembre per quasi 40 anni consecutivi.
Il tema che la contrassegna nel 2025 è una frase emblematica del pacifismo teorico e pratico che i promotori dell’iniziativa interpretano affermando:
Come da quasi 40 anni, a Casale Monferrato prima di Natale ci raduniamo nel ‘cuore’ della città addobbata a festa per fermarci per mezz’ora di silenzio. Fermarci, fare silenzio non ferma le guerre, però indica chiaramente dove vogliamo stare: NON C’È VIA PER LA PACE, LA PACE È LA VIA
Nel giardino della sede a New York delle Nazioni Unite c’è il monumento La pace è la via dedicato al mahatma Gandhi (Mohāndās Karamchand Gāndhī, 1869-1948) con incisa la frase Non esiste una via per la pace, la pace è la via … pronunciata per la prima volta da un americano, A.J. Muste (Abraham Johannes Muste, 1885–1967), la cui vita è stata documentata da Leilah Danielson nel libro edito nel 2014 con un titolo emblematico: American Gandhi: AJ Muste and the History of Radicalism in the Twentieth Century … Dal reverendo Martin Luther King nel 1967 candidato all’assegnazione del Premio Nobel per la pace, Thích Nhất Hạnh ha spesso citato e scritto la frase Non c’è via per la pace, la pace è la via … il libro edito nel 2024, intitolato La pace è l’unica strada, raccoglie una serie di saggi e articoli dell’israeliano ebreo David Grossman [23 DICEMBRE 2025, come l’anno scorso e ogni anno dal 1987].
MILANO
Il corteo dei re magi che dal 1336, oltre sei secoli, il 6 gennaio attraversa il centro di Milano, da piazza Duomo fino alla basilica di Sant’Eustorgio, è una manifestazione a cui partecipano le rappresentanze della popolazione e di tutti i ‘popoli’ che abitano nella metropoli e una tradizione locale rievocativa delle vicende storiche narrate nei Vangeli in funzione della loro valenza come avvenimenti religiosi ed epocali e con esplicito riferimento alla storia e alla ‘identità’ della città, in particolare alla venerazione delle reliquie che vi sono custodite e anche all’Editto di tolleranza che nel 313 venne siglato nel palazzo imperiale (sito dove ora si ergono le colonne di San Lorenzo) di Milano, che allora era la capitale dell’Impero Romano d’Occidente.
Firmato da Costantino e Licinio, rispettivamente sovrani degli imperi romani d’Occidente e d’Oriente, l’Editto di tolleranza sancì la libertà di professione dei culti religiosi e, soprattutto, che in ogni territorio soggetto alla loro giurisdizione, cioè al diritto romano, i titoli dei cittadini riconosciuti validi erano inalienabili, quindi che i cristiani avevano diritto a disporre delle eredità e proprietà che gli erano state sottratte durante la loro persecuzione.
E nella stessa epoca in cui Milano era la capitale dell’Impero Romano d’Occidente, verso la metà del IV secolo, vescovo della diocesi ambrosiana venne nominato il greco Eustorgio, che si trasferì nella città portando con sé le reliquie dei re magi:
Nel corso del viaggio, a Villetta, nel cuore dell’Abruzzo, un lupo avrebbe attaccato e ucciso uno dei buoi che trascinavano il pesante sarcofago. Il santo vescovo, allora, riuscì ad aggiogare la belva al posto del bue, giungendo a Milano alla testa di un così ben particolare corteo. Ma all’altezza di Porta Ticinese, nei pressi del fonte detto di san Barnaba, sacro ai milanesi per il battesimo dei primi cristiani, improvvisamente l’arca divenne così pesante da non poter più essere rimossa. Eustorgio, scorgendo in ciò un disegno della provvidenza, ordinò che sul posto venisse eretta la Basilica dei Magi.
Il 17 giugno 1164 le reliquie dei magi furono sottratte a Milano e portate in Germania, a Colonia, dove sono state conservate per quasi un millennio, fino all’inizio del XX secolo, “quando l’arcivescovo della città tedesca fece dono al cardinal Ferrari [vescovo di Milano] di parte delle venerate reliquie, subito ricollocate all’interno della basilica di Sant’Eustorgio, dove ancor oggi le vediamo e veneriamo”.
Un emblema del Natale e dell’Epifania raffigurato anche nel presepe, la stella cometa è il simbolo apposto sul sarcofago dei tre magi e sul campanile della basilica.

Nella basilica di Sant’Eustorgio sono conservate anche le spoglie di Pietro da Verona, il cataro veronese Pietro Rosini (1205-1252) convertito all’ortodossia che ‘militò’ nell’Ordine dei Predicatori a quell’epoca fondato e guidato da Domenico da Guzmán, nel convento domenicano di Sant’Eustorgio a Milano formò la Società della Fede o dei Fedeli, fu priore delle comunità della congregazione ad Asti e Piacenza, predicatore a Firenze, nella chiesa di Santa Maria Novella, paciere fra le città di Faenza, Cervia e Rimini e inquisitore a Piacenza, Como e Milano. Le spoglie sono custodite nell’arca sita al centro della cappella la cui cupola è decorata con lo spettacolare affresco che illustra il paradiso e l’armonia dei cori angelici mediante un simbolico arcobaleno che oggi è emblematico della bandiera della pace con cui nel 1961 Aldo Capitini ha ‘inaugurato’ la Marcia Perugia-Assisi.
Nell’opuscolo dedicato alle gesta di Azzone Visconti, il cronista Galvano Fiamma descrive la rappresentazione messa in scena a Milano nel 1336 e documenta la prima celebrazione dell’Epifania e della festa dei tre Re:
In quel tempo fu introdotta la festa dei tre Re nel giorno dell’Epifania nel convento dei frati Predicatori [la basilica di Sant’Eustorgio]…
… tre re su grandi cavalli, circondati da scudieri, vestiti, con molti svariati giumenti e con un seguito veramente grande …
… una stella d’oro che percorreva l’aria e precedeva questi tre re.
Giunsero alle colonne di San Lorenzo [vestigia del palazzo imperiale d’epoca romana] … Il copione prevedeva che [i tre re] chiedessero a re Erode dove fosse nato il Cristo …
… tenendo in mano scrigni dorati con oro, incenso e mirra, con i giumenti e uno straordinario seguito di servi, preceduti dalla stella in aria, annunciati dal suono squillante delle trombe, con scimmie, babbuini e diversi generi di animali, con un meraviglioso tumultuare di popoli, giunsero alla chiesa di Sant’Eustorgio, dove al lato dell’altare maggiore vi era un presepio con il bue e l’asino e nel presepio vi era il piccolo Gesù fra le braccia della Vergine Madre.
E questi re offrirono a Cristo i loro doni; poi finsero di dormire e un angelo alato disse loro di non tornare per la contrada di San Lorenzo ma per Porta Romana: e così fecero.
E vi fu così grande concorso di popolo, di soldati, di signore e di chierici che uno simile quasi non lo si vide mai.
E fu emanato l’ordine che ogni anno fosse celebrata questa festa.
Come il primo, ogni corteo dei re magi che da oltre sei secoli sfila a Milano il 6 gennaio è composto dai figuranti che interpretano i protagonisti delle cronache scritte nei Vangeli (Matteo / II, 1-16 e Luca / 2-17).

Ci sono i leggendari Gasparre, Melchiorre e Baldassarre che, giunti “da oriente a Gerusalemme, e domandavano: «Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella, e siamo venuti per adorarlo»”.
Ci sono il re Erode, i sacerdoti e gli scribi (i dotti) che ai magi “risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scrittoper mezzo del profeta»” e chiesero di tornare a riferire se avessero lo trovato, ma “avvertiti in sogno di non tornare da Erode, fecero ritorno al loro paese per un’altra strada”.
Ci sono Gesù bambino, Maria e Giuseppe, a cui “un angelo del Signore apparve in sogno e gli disse: «Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo»” e lui, “destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto, dove rimase fino alla morte di Erode”.
E ci sono i pastori delle tribù che a quell’epoca popolavano “quella regione”, la Palestina, destati da un “esercito celeste che lodava Dio e diceva «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama»”.
Con riferimento alla persecuzione dei cristiani cessata con la promulgazione dell’Editto di tolleranza, la celebrazione milanese evoca anche l’aberrante strage degli innocenti a cui il piccolo Nazareno era scampato.
Oltre che dai figuranti, la moltitudine delle popolazioni umane è impersonata dai partecipanti all’evento: i milanesi che formano e seguono il corteo e, a rappresentanza dei popoli che abitano a Milano, i referenti delle associazioni etniche regionali italiane e nazionali e, fin a qualche anno fa, di consolati e ambasciate che hanno sede nella città, nell’occasione un’ambiente urbano simbolicamente cosmopolita e le cui piazze e chiese rappresentano i luoghi della Terra Santa all’epoca e, precisamente, nell’anno ‘Zero’ che la storiografia ha stabilito come quello della nascita di Gesù e a ‘spartiacque’ della storia umana.

Tra le rappresentazioni sacre e profane della Natività mediante le quali, insieme alla memoria del passato, si sono tramandate la conoscenza delle idee sulla realtà e visioni del mondo, delle concezioni della vita, della prosperità e della pace, dei valori etici e dei principi morali condivisi da tanti popoli e molte generazioni, spicca la Divòta Cumédia il cui protagonista principale è il pastore Gelindo.
Un racconto fantastico della tradizione popolare monferrina, la cui ‘narrazione’ mediante la sua costante messa in scena in sagrati e piazze delle città piemontesi ha permesso la scrittura del copione medievale in testi compilati dal XIX secolo, nella sua versione più autentica è lo spettacolo rappresentato al Teatro San Francesco di Alessandria da 101 anni e tra i cui interpreti ha annoverato Umberto Eco, che ha dedicato all’opera teatrale un saggio fondamentale dell’etnografia italiana:
Da bambino aveva conosciuto il Gelindo osservandolo dalle spalle del padre che lo portava alle rappresentazioni in un teatro ancora antico, dove spesso le persone si dovevano portare le sedie da casa per poter assistere… nel primo dopoguerra è uno dei principali autori di rappresentazioni goliardico-studentesche, in forma di teatro di rivista, che gli faranno anche poi scrivere: “il teatro San Francesco è Broadway” … Egli stesso nella prefazione del libro commemorativo del 75esimo anniversario della commedia alessandrina, ci racconta il percorso tortuoso nella scelta dei ruoli da poter ricoprire. [Umberto Eco e Gelindo]

Analogamente al burbero e impacciato pastore monferrino che nel medioevo viene trasportato a Betlemme mentre Maria e Giuseppe cercano un riparo per la notte e, assistendo la coppia a cercare un rifugio, assiste ai prodigi della Natività, i maldestri diavoletti – evocativi dei tre spiriti protagonisti di A Christmas Carol scritto da Charles Dickens a Londra nel 1843 – nel 2002 inventati dal napoletano Enzo D’Alò si avventurano a Napoli, ‘capitale italiana’ del presepe, per tentare di impedire il miracolo conducendo due bambini del XXI secolo in Terra Santa nella notte di Natale [Opopomoz].
Nella ‘puntata’ della serie Robba archeloggica trasmessa ieri – 21 dicembre 2025 – Pubble (Paola Ceccantoni) spiega: «Come ogni anno è tradizione di Natale la polemica sul presepe, scandalo divisioni, quasi risse tutto al grido di ” tradizioneeee!”, ma più si scava e più ci si accorge che quasi nessuno conosce veramente i simboli di cui tanto qualcuno si riempie la bocca. Perchè tradizione significa tramandare e di conseguenza conoscere e preservare. E oggi parleremo di una figura specifica, quella degli zampognari, figure immancabili nel presepe che raccontano qualcosa di molto profondo e che pochissimi conoscono: un ponte tra sacro e profano, tra oriente e occidente, tra culto e mito…».











