Con lo slogan “Salviamo la Rai di Milano”, martedì 16 dicembre alle ore 15 si è tenuta all’esterno della sede Rai di Milano in Corso Sempione 27, un’assemblea dei lavoratori aperta alla città.
L’iniziativa, promossa dai sindacati dei dipendenti, compresi il Cdr del TGR Lombardia, i fiduciari Rai Sport e Tg3, aveva come oggetto la (s)vendita del palazzo storico di Giò Ponti, attuale sede, prima della fine della realizzazione della nuova sede del Portello.
Si è discusso conseguentemente del trasferimento/ridimensionamento di circa 900 dipendenti, verso la sede Rai di via Mecenate, in grado di ospitarne solo 200.
Si tratterebbe quindi di un doppio trasloco, di uno spreco enorme di risorse, di locali finali inadeguati e insufficienti e di un possibile ridimensionamento del personale.
Alcuni cartelli riportavano la scritta: “Rai Milano memoria storica d’Italia”, “I nostri valori la nostra storia non sono in (s)vendita”.
Al microfono si sono alternati dipendenti, rappresentanti sindacali ed esponenti politici. Il segretario dell’Usigrai, Daniele Macheda, ha evidenziato come Milano sia fondamentale per la Rai. “Non ci può essere nessun trasferimento in via Mecenate, nemmeno nel 2029, pena ridimensionamento e perdita di produzioni radio e tv. La sede di Corso Sempione rappresenta la storia del Servizio Pubblico e va valorizzata dalle istituzioni”.


I rappresentanti della politica si sono espressi unanimi sulla necessità di tutelare il centro di produzione Rai di Milano.
I dipendenti Rai hanno chiesto ai sindacati e alla politica un sostegno alle loro istanze di tutela del luogo e del posto di lavoro, ma non è stata forse la politica che ha ridotto la Rai nello stato attuale? Non sono forse i politici, i vari governi, che non mollano le redini della gestione del servizio pubblico, nonostante sia già entrato in vigore l’8 agosto 2025 il “Media Freedom Act”?
Il regolamento dell’Unione Europea (approvato nell’aprile 2024) è nato per proteggere da interferenze politiche la libertà e il pluralismo dell’informazione, l’indipendenza editoriale e le fonti giornalistiche. Di fatto la richiesta è quella di sganciare la politica dal servizio pubblico radio-televisivo. La mancata attuazione di questo regolamento produce già pesanti sanzioni a carico dello Stato inadempiente.
Non si sarebbe dovuto fare uno sciopero anche per questo?
E i cittadini che ruolo hanno? Non dovremmo essere noi il principale punto di riferimento? “La Rai è dei cittadini“ recitava uno dei tanti volantini distribuiti dal Comitato CLN Resistenza davanti alla sede Rai nel lungo e ininterrotto presidio durato nove mesi, dove si rivendicava un servizio pubblico al servizio del pluralismo, del confronto e della libera informazione e una collaborazione fra cittadini, giornalisti e dipendenti RAI per riprendere insieme il governo di questa istituzione.
Sfrattati senza appello ormai da tanto tempo e senza possibilità di replica, i cittadini non sono mai stati coinvolti per difendere insieme il servizio pubblico radio televisivo.
Il pastore Martin Niemöller in un suo celebre sermone disse: “Prima vennero a prendere gli zingari e fui contento…poi vennero a prendere i comunisti e io non dissi nulla…poi vennero per me e non restò nessuno a protestare.”
Fortunatamente qualcuno ancora protesta e forse non tutto è perduto!










