Caro Giuseppe,

ho letto quanto hai scritto nel tuo intervento su Pressenza di oggi 18 dicembre 2025 che, d’altronde, rispecchia una posizione già emersa, a dire il vero non solo da parte tua, durante la Local School March for Gaza dello scorso ottobre.

Il fulcro della vostra posizione è riassumibile nella legittimità di esporre la bandiera israeliana insieme a quella palestinese.

A mio parere il sostenerlo confonde il capo con la coda, la causa e la conseguenza.

La coda è la necessità di una soluzione pacifica del conflitto che, come hanno iniziato a fare minoranze palestinesi e israeliane, attivi un processo di riconoscimento dei crimini e, attraverso questo, venga ricercata una soluzione di coesistenza e di giustizia.

“Posso dire che non importa la formula, non dobbiamo cercare la frase giusta: due popoli uno Stato, due Stati un popolo. Bisogna capire che lì c’è solo un’unica terra e un unico essere umano, può essere ebreo, cristiano, musulmano. Su quella terra ci stanno tutti, così da duemila anni e possono starci per altri duemila anni. In pace.”

Queste sono le parole del nostro amico Muin Masri, palestinese che abita a Ivrea, scrittore e nostro compagno di passi; sono parole che ha pronunciato durante la prima Local March for Gaza e che sono sul video che la racconta.

Tutti noi le sottoscriviamo. Se però le leggi bene, secondo Muin la soluzione di coesistenza deve essere riportata a prima del fatidico 1948, anno in cui venne fondato lo Stato d’Israele; per i palestinesi fu la Nakba (termine arabo che significa “catastrofe”), che ha segnato il loro esodo forzato.

E questo è il capo.

Lo Stato di Israele nacque dal convergere del sionismo, ideologia colonialista che vuole uno stato nazionale per il popolo ebraico, e la decolonizzazione del Medio Oriente, che voleva mantenere un presidio forte occidentale nell’area all’interno della prospettiva della guerra fredda.

E poco importa che esistessero dei Kibbuz d’ispirazione socialista. E’ proprio l’impostazione nazionalista del sionismo che li ha resi complici.

Insomma tra capo e coda mi pare che la confusione sia tanta sotto il cielo e anche sulla terra.

Di certo non può giustificare l’esposizione della bandiera israeliana che, effettivamente, è un pugno nello stomaco per tutti quelli che in Palestina lottano per la sopravvivenza e per noi che solidarizziamo con loro.