Sono 157 le città intermedie individuate nel Rapporto ricomponendo la geografia territoriale del nostro Paese – 73 nel Nord Italia, 44 nel Mezzogiorno e 40 nelle regioni del Centro –. È il primo dato tra i tanti raccolti nel secondo volume “L’Italia Policentrica. Il fermento delle città intermedie”, curato da Mecenate 90 in collaborazione con il Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne. Si tratta di città che producono un valore aggiunto pro-capite più alto del 16% rispetto al resto d’Italia (34.154 contro 29.534 euro nel 2022); resistono in prospettiva meglio all’inverno demografico contenendo il calo della popolazione al 4,5% tra il 2024 e il 2050 a fronte di una contrazione prevista del 7,3% della media italiana; presentano un indice di qualità della vita superiore del 7,3% rispetto alle città metropolitane e di ben il 27% più alto delle altre città del Paese. Sono città che ospitano imprese di eccellenza del Made in Italy e ad alto contenuto innovativo, città che esprimono dinamismo sociale, culturale ed economico e creano opportunità concrete per contrastare lo spopolamento e l’insufficiente dotazione di infrastrutture fisiche e digitali.
Le città intermedie accolgono 10.690.518 residenti, il 18,1% della popolazione italiana (dati al 2024); 95 Comuni capoluogo non metropolitani; 33 Comuni non metropolitani con presenza o accessibilità ai servizi essenziali e un indice di offerta turistica maggiore o uguale a 4,6 posti letto ogni 100 abitanti; 29 Comuni non metropolitani, con presenza o accessibilità ai servizi essenziali, Centri di un Sistema Locale del Lavoro con specializzazione produttiva prevalentemente manifatturiera. Oltre la metà (83 Comuni) ha una dimensione demografica che va dai 50mila residenti e oltre. La città più grande è Verona con 255.298 residenti; seguono le città di Padova (207.502 residenti), Trieste (198.843 residenti), Brescia (198.259 residenti) e Parma (198.121 residenti). In termini di superficie la città più grande è Ravenna con un’estensione di 651,85 chilometri quadrati di territorio, mentre Riccione è la città con la minore superficie territoriale, pari a 17,9 chilometri quadrati. La città più densamente popolata è Monza, con 3.758 abitanti per chilometro quadrato, mentre Enna è la città che registra la minore densità abitativa, con 71 abitanti per chilometro quadrato. Dal 2010 a oggi la classifica dei tassi di crescita delle imprese ha sempre visto primeggiare le aree metropolitane, così come le città intermedie. Prendendo in considerazione le 12 regioni che presentano all’interno dei propri confini almeno un’area metropolitana si nota come in ben 8 (Piemonte, Veneto, Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Calabria, Sicilia e Sardegna) le città intermedie fanno registrare un tasso di crescita superiore alle aree metropolitane.
Oltre che per la qualità della vita queste realtà si distinguono per una produzione di valore aggiunto pro-capite superiore alla media nazionale del 16% – 34.154 euro contro 29.534 euro, dati del 2022 – e per una capacità di resistere meglio, in prospettiva, all’inverno demografico. Si stima, infatti, che nelle città intermedie tra il 2024 e il 2050 la popolazione diminuirà del 4,5%, mentre nel resto d’Italia questa contrazione raggiungerà quota 7,3%. Gli esiti del Primo Rapporto, realizzato prima della pandemia, restituirono profili di città determinate a fare futuro, con un ben definito progetto di città e percorsi necessari per realizzarlo, con modi e forme differenti nel delineare gli obiettivi e nell’attivare azioni condivise tra Istituzioni, imprese e cittadini. Gli esiti di questo Secondo Rapporto ci consegnano profili di città determinate a creare opportunità per contrastare le vulnerabilità dovute al progressivo invecchiamento della popolazione, allo spopolamento, all’insufficiente dotazione di infrastrutture fisiche e digitali.
“Pur facendo la tara della mia passione per i processi di autopropulsione della nostra società, scrive il Presidente del Comitato Scientifico di Mecenate 90, Giuseppe De Rita, devo riconoscere che, atterrando ancora una volta sulla realtà (nelle dieci città di Caltagirone, Catanzaro, Chieti, Lecco, Livorno, Macerata, Novara, Padova, Salerno, Taranto) trovo certo delle fragilità antiche e nuove, ma trovo specialmente una forte tensione a crescere e una forte “soggettualità” di sviluppo collettivo”. E il Presidente di Mecenate 90 Daniele Pitteri aggiunge: “Rispetto alle dinamiche di sviluppo dell’ultimo Novecento e del primo decennio di questo secolo, le città intermedie tendono a disegnarsi e a definirsi per differenziazione, definendo una propria ‘dimensione immateriale’ attraverso l’esaltazione dei caratteri di unicità e di tipicità, tuttavia pensando e definendo il proprio posizionamento in una dimensione internazionale che valorizza, armonizzandoli, la tensione allo sviluppo economico e la qualità della vita sociale”.
Qui per scaricare la sintesi del Rapporto “L’Italia policentrica. Il fermento delle città intermedie”: https://www.tagliacarne.it/files/251127/sintesi_italia_policentrica_mecenate90.pdf










