Negli ultimi dodici anni il tessuto commerciale italiano ha subito una contrazione profonda: più di 140mila attività al dettaglio, tra negozi e ambulanti, hanno cessato l’attività. Il fenomeno è particolarmente visibile nei centri storici e nei piccoli comuni, dove la perdita di imprese incide non solo sull’economia locale ma anche sulla vivibilità degli spazi urbani. E’ quanto emerge dal rapporto dell’Ufficio Studi di Confcommercio, presentato durante l’iniziativa “inCittà – Spazi che cambiano, economie urbane che crescono”, che si è svolta a Bologna il 20 e 21 novembre scorsi. Un ulteriore elemento critico riguarda i circa 105mila locali commerciali oggi sfitti, un quarto dei quali inutilizzati da oltre un anno. Senza interventi mirati, la situazione rischia di peggiorare. Le stime indicano che entro il 2035 potrebbero chiudere altre 114mila imprese del settore, pari a oltre un quinto di quelle ancora attive. Per molte città medio-grandi del Centro-Nord, dove la densità commerciale sta diminuendo rapidamente, l’impatto sarebbe particolarmente severo. In alcune aree del Mezzogiorno il calo appare meno marcato, complice la riduzione dei residenti e una minore diffusione degli acquisti online. Confcommercio propone di affrontare questa fase critica con un’Agenda Urbana Nazionale da costruire insieme a Governo, Regioni e Comuni. L’obiettivo è rafforzare le economie di prossimità, coordinare gli interventi dei Distretti Urbani dello Sviluppo Economico e introdurre strumenti condivisi contro la desertificazione commerciale. Tra le priorità anche una logistica urbana più efficiente e sostenibile. In Italia si stimano per il 2025 circa 105 mila negozi sfitti, un quarto dei quali inutilizzati da oltre un anno. La cifra deriva dall’ipotesi di un saldo netto negativo di 7.500 attività all’anno, assumendo che tra il 2023 e il 2025 la rete commerciale abbia continuato a ridursi con lo stesso ritmo registrato nel periodo 2011-2022. L’analisi dei dati mostra che le Regioni più colpite, in valore assoluto, sono quelle con la struttura commerciale più estesa: quasi 9.500 negozi vuoti in Lombardia, oltre 9.100 in Veneto e poco meno di 9.000 in Piemonte. Se invece si considera il peso dei locali sfitti rispetto al totale della rete distributiva, l’impatto maggiore riguarda le Regioni più piccole. In Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia e Liguria risulta sfitto più di un quarto delle attività censite.
E mentre i negozi chiudono, si assiste ad un vero e proprio boom nell’utilizzo dei servizi digitali da parte dei consumatori, che siano acquisti online o abbonamenti alle pay-tv, passando per la fruizione di contenuti on demand, al punto che la spesa dei cittadini solo per tali voci ha raggiunto la ragguardevole cifra di 66 miliardi di euro nell’ultimo anno. Al tempo stesso, però, è cresciuto lo strapotere delle piattaforme che offrono servizi digitali al pubblico, e con esso le pratiche scorrette a danno dei consumatori e del mercato. Lo svela una ricerca condotta da Consumers’ Forum – ente indipendente di cui fanno parte associazioni di consumatori, imprese industriali e di servizi e le loro associazioni di categoria. Nel 2015 gli italiani che ricorrevano all’e-commerce per l’acquisto di beni e servizi erano 17,7 milioni, oggi il numero è raddoppiato, e si contano 35,2 milioni di connazionali che usano il web per shopping, prenotazioni turistiche, acquisto di servizi vari. In 10 anni la spesa dei cittadini è così passata dai 16,6 miliardi di euro (di cui 10 miliardi per servizi, 6,6 miliardi per beni) agli attuali 62 miliardi di euro (di cui 22 miliardi per servizi, 40 miliardi per beni), con una crescita del +273%. L’incidenza dell’e-commerce sulle vendite retail sale così da una quota del 4% del 2015 a oltre l’11% del 2025. Se elettronica, abbigliamento e turismo rimangono le voci che concentrano la maggior parte degli acquisti online degli italiani, una impennata si registra per il comparto “Food&Grocery” (ristorazione, alimentare, cura della persona), la cui spesa online passa da 377 milioni di euro del 2015 ai 4,9 miliardi del 2025, +1.200%, grazie soprattutto al Food Delivery che, da solo, vale in Italia quasi la metà degli acquisti alimentari sul web. Assieme alla spesa degli italiani per i servizi digitali, è aumentato anche il potere delle piattaforme che dominano il mercato, e che spesso realizzano pratiche scorrette a danno dei consumatori o comportamenti lesivi della concorrenza. Basti pensare che solo tra il 2022 e il 2025 le principali big tech – Google, Meta, Apple e Amazon – hanno accumulato tutte insieme sanzioni per oltre 22,5 miliardi di dollari (circa 19,4 miliardi di euro) da parte delle autorità di controllo di tutto il mondo per violazione della privacy degli utenti, ostacoli alla concorrenza, posizioni dominanti, pratiche sleali o ingannevoli, ecc.. A guidare la classifica delle sanzioni è Google, chiamata a pagare 13,1 miliardi di dollari negli ultimi 4 anni, seguita da Apple (4,2 miliardi) e Meta (circa 4 miliardi).
Qui la ricerca di Confcommercio: https://www.confcommercio.it/-/indagine-futuro-commercio-dettaglio.
Qui la ricerca di Consumers’ Forum: https://www.consumersforum.it/news/5982-in-italia-e-boom-per-e-commerce-pay-tv-e-contenuti-on-demand-in-10-anni-acquisti-sul-web-saliti-del-273-abbonamenti-a-tv-200-nel-2025-spesa-italiani-vola-a-66-miliardi-di-euro.html.










