Gaza ci ha cambiati. E adesso? Questo era il tema dell’incontro che sabato 15 novembre scorso ha visto riuniti nella sala consiliare del piccolo Comune di Ardenno, in alta Lombardia, i portavoce di Global Movement to Gaza, Calp (i camalli) di Genova, BDS, Comunità palestinese di Lombardia, Maiindifferenti – Voci ebraiche per la pace, Terra e verità (Rassegna stampa in italiano di Haaretz) e Generazioni Future.
Giada Caracristi di Terra e verità ha presentato l’incontro, frutto di una semplice iniziativa nata la scorsa estate in seguito a una lettera aperta da lei scritta ai vari consiglieri comunali e presidenti dei Comuni della Valtellina sulla tragica situazione di Gaza. La lettera aveva raccolto mille firme nel giro di una settimana, segno che le condizioni erano mature per una proposta che coinvolgesse più soggetti e in cui si prendessero decisioni condivise.
L’incontro di Ardenno prevedeva una tavola rotonda nel pomeriggio fra gli esponenti delle varie associazioni e un’assemblea serale aperta al pubblico. Dalla tavola rotonda e dall’incontro della sera sono emerse tematiche e proposte interessanti.
Il presidente della Comunità palestinese di Lombardia ha sottolineato come i palestinesi abbiano una capacità di resistenza collaudata in secoli di invasioni e occupazioni. La loro terra è sempre stata oggetto delle mire dei potenti per la sua collocazione spaziale, terra di passaggio e congiunzione fra Oriente e Occidente. Oggi la congiuntura è particolarmente drammatica e pericolosa. Per questo è necessario ricorrere a tutte le forze e gli strumenti disponibili per scongiurare il peggio.
L’esponente di Mai Indifferenti ha invece proposto un’analisi più approfondita della società israeliana per cercare di capire come sia stato possibile arrivare alla spirale di violenza e vendicatività da cui è travolta. La rappresentante del Bds ha additato e denunciato le complicità delle tante società occidentali che collaborano con Israele e hanno sede nei territori palestinesi occupati, invitando a scegliere prodotti alternativi. Ha ricordato come il boicottaggio del Sudafrica abbia impiegato oltre trent’anni per raggiungere il suo obiettivo, anche se non fu il solo strumento a determinare la sconfitta dell’apartheid. Infatti a questa concorsero le mutate condizioni e rapporti di forza regionali, che convinsero le potenze occidentali ad appoggiare il boicottaggio.
Infine è emersa l’esigenza di muoversi in rete: è diventato palese il ruolo dei lavoratori per cercare di fermare la carneficina in atto. Ne consegue perciò la necessità di sostenere scioperi non meramente episodici di alcun settori chiave come quello dei trasporti, marittimi e aeroportuali, ma anche dell’industria delle armi. E a questo scopo bisognerebbe progettare, per esempio, la creazione di una sorta di cassa di mutuo soccorso perché lo slogan “Blocchiamo tutto” possa davvero diventare realtà.
Tra gli argomenti trattati, vogliamo evidenziarne uno che ci sta particolarmente a cuore: la solidarietà con gli agricoltori palestinesi, in particolare verso la Banca dei semi dell’Unione palestinese dei Comitati di lavoro agricolo (UAWC), le cui unità di moltiplicazione dei semi antichi sono state distrutte lo scorso 31 luglio. Sara Manisera ne ha scritto nell’articolo Ecocidio in Palestina: perché custodire i semi è un atto politico pubblicato su Pressenza e poi ripreso da varie altre testate web.
L’UAWC è nella lista nera del Ministero della Difesa israeliano da anni; la giornalista Amira Hass ne scrisse su Haaretz già nel 2021: “Nel mio incubo a occhi aperti, vedo una compagnia di soldati israeliani carichi di adrenalina irrompere nella banca dei semi istituita dall’Unione palestinese dei Comitati di lavoro agricolo. Li vedo distruggere le attrezzature in laboratorio e prendere a calci le piante di sabra sui gradini. E tutto ciò che non distruggono, lo rubano”.
L’incubo di Amira si è avverato quest’anno.
Ricapitolando: Gaza ci ha cambiati. Sì. Perché come spettatori di un genocidio ci siamo sentiti profondamente colpevoli e allora ci siamo attivati, abbiamo manifestato come non facevamo da anni o da una vita intera. E adesso? Adesso a Gaza si continua a morire e a fare la fame, si patisce il freddo mentre la pioggia allaga le poche tende che resistono; l’unica differenza è che i media ne parlano meno, quindi siamo un po’ meno spettatori, un po’ meno coinvolti.
Nel frattempo la Cisgiordania brucia, in senso metaforico e letterale: la violenza dei coloni, protetti dalle IDF rende impossibile ai palestinesi vivere. Secondo l’ufficio ONU per gli affari umanitari, a Gaza solo il 4% dei terreni agricoli è intatto o accessibile, seppur contaminato dai residui tossici delle esplosioni.
Sostenere la resistenza agricola palestinese è un atto politico, ma anche necessario. Chi nutrirà i palestinesi sfollati in Cisgiordania e i sopravvissuti a Gaza? Israele, o quegli Stati che continuano a permettere che la fame, il controllo della terra e dell’acqua vengano usati come armi?
L’UAWC sta salvando i semi antichi palestinesi (baladi – cimeli) dall’estinzione e rilanciando una tradizione agricola autoctona sostenibile. Ed è qui che l’azione ci chiama per supportare il diritto e la pratica di autodeterminazione del popolo palestinese e di tutti noi che non vogliamo essere complici, che non vogliamo che l’infestazione coloniale proliferi, né in Palestina né altrove. La nozione di sovranità alimentare funge da contrappunto all’autodeterminazione dei popoli. I semi antichi racchiudono la mappa genetica dei luoghi e delle popolazioni, trasmettono alle piante e a chi se ne ciba le sostanze nutritive necessarie a vivere in salute il proprio territorio. I semi baladi palestinesi contengono la storia di quella terra da prima dell’occupazione, la memoria di com’era prima. Nutrire i figli con i frutti dei baladi, per i palestinesi significa nutrire il corpo fisico del futuro con la sostanza dell’identità del passato.
Ecco perché quel gruppo di attivisti riuniti nel cuore delle Alpi si è appassionato all’argomento, perché se Gaza ci ha cambiati, adesso è tempo di coltivare gli entusiasmi e radicare il cambiamento sostenendo la resistenza che coltiva, facendola moltiplicare, come le piantine baladi che si lasciano impollinare dal vento e dalle api, prosperando nonostante le asperità. Come? Sicuramente un primo passo è diffondere la conoscenza, portare nelle scuole e nella società civile l’argomento, boicottare e denunciare, seguire i progetti di UAWC in tempo reale e rispondere alle richieste di supporto diretto attraverso il sito https://uawc-pal.org/ e la pagina https://www.instagram.com/uawcpal/.
Giada Caracristi, artista, scrittrice e attivista.
Susanna Sinigaglia, pubblicista e attivista di Maiindifferenti – Voci ebraiche per la pace










