Il 21 novembre a Villa Piazzo di Pettinengo (BI) si è tenuto l’ interessante convegno della Società Italiana di Arboricoltura “Alberi in città: strumenti e attori per una gestione integrata”.
Dopo il saluto del presidente di Pacefuturo Stefano Zumaglini i temi affrontati da agronomi, agrotecnici e arboricoltori, come Mario Carminati, Federico Simone, Silke Battistini, Elia Galbusera, Pietro Maroè e Samuele Ratti (che ha promosso l’evento e ha anche guidato la visita al parco), sono stati molteplici e hanno raccolto a Pettinengo un centinaio di partecipanti provenienti anche da altre Regioni.
Si è spaziato dal piano urbano del verde alle alleanze necessarie tra tecnici e amministratori, dal ruolo ecologico degli alberi agli standard tecnici e certificazioni europee. Quello che sicuramente è emerso è la necessità di una sorta di rivoluzione culturale che metta al centro delle attenzioni dei Comuni il verde urbano in tutti i suoi aspetti passando da tecniche desuete e sbagliate fatte di tagli a raso dei prati, uso di pesticidi e concimi di sintesi, piantumazioni e potature fuori posto, rimozione massicce di foglie, a una gestione decisamente innovativa che faccia del verde urbano un elemento basilare dell’ecosistema città.
Il piano del verde dovrebbe essere “un invariante della pianificazione urbanistica ossia uno strumento pianificatorio e normativo per assicurare che le aree verdi, esistenti e previste, siano riconosciute come elementi fondamentali per la città, tutelate dalla trasformazione e gestite in modo efficace ed efficiente”. E qui sta in effetti il nocciolo della questione da cui dipendono le azioni che vedremo. Solo se un’amministrazione crede che il piano del verde urbano non debba essere un orpello o qualcosa di subordinato ad altri strumenti di pianificazione come i piani regolatori si potranno raggiungere obiettivi tangibili a beneficio della cittadinanza.
Parigi insegna ma anche città come Bergamo stanno seguendo, come è stato illustrato, la stessa strada. Sono quattro le aree tematiche generali: Contrastare la perdita di biodiversità, adattamento al cambiamento climatico, fruibilità delle aree verdi entro la distanza percorribile in 15 minuti a piedi, migliorare i servizi offerti dalle aree verdi e la valorizzazione paesaggistica. Si tratta di obiettivi ambiziosi che si intersecano evidentemente con quelli di Agenda 2030. Basti pensare al contrasto alle isole di calore, alla difesa della biodiversità e alla diminuzione di consumo di suolo.
C’è di mezzo anche la norma europea sul ripristino della natura di agosto 2024 che impone il ripristino del 20% di ambienti degradati entro il 2030 e il restauro totale entro il 2050. Ovviamente all’interno di questo disegno anche le amministrazioni comunali devono fare la loro parte contrastando la perdita di biodiversità, favorendo il collegamento tra ecosistemi urbani abbattendo le barriere che lo impediscono, garantendo che al 2030 ci sia almeno la stessa superficie di verde urbano che c’era nel 2024, favorendo dal 2031 un aumento delle aree verdi, diminuendo l’impermeabilizzazione del suolo urbano, favorendo processi partecipativi.
Per raggiungere tali obiettivi è indispensabile mettere in essere gruppi multidisciplinari con lo scopo di coordinare le varie istanze e assicurare che il piano si integri con l’apparato normativo e gestionale dell’Ente coinvolgendo i diversi settori comunali. In quest’ottica la città, e questo naturalmente vale anche per Biella, non è solo una macchina da far funzionare ma un ecosistema complesso le cui componenti biotiche e abiotiche contribuiscono al funzionamento complessivo. E’ quindi vitale l’adozione di politiche coerenti con tale approccio culturale. Gli spunti sono molteplici per la corretta gestione del patrimonio verde cittadino. Innanzitutto i parchi e le aree verdi cittadine è opportuno che si caratterizzino per tipologie differenti di fruizione anche all’interno della stessa area comprendendo ad esempio, oltre alle aree aperte ai cittadini, anche aree che potremmo definire di protezione integrale per permettere l’indisturbato mantenersi della biodiversità preesistente alla presenza antropica, inoltre orti urbani e possibili zone umide se esistono le condizioni.
A livello di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico e in particolare delle isole di calore presenti nelle aree urbane maggiormente caratterizzate da asfalto e cemento il verde urbano può giocare un ruolo basilare. Si possono adottare SUDS (Sistemi di Drenaggio Urbano Sostenibile), realizzare tipologie costruttive realizzate ad hoc ad esempio con pareti o tetti verdi aumentare la copertura verde con alberi, filari di siepi, pergolati, rendere permeabile il suolo asportando asfalto. I criteri di accessibilità al verde a Bergamo per riferirci a una città all’avanguardia in questo ambito prevedono distanze massime di 300 metri per raggiungere parchi e aree verdi estensive, 150 per aree verdi di vicinato e spazi di socialità. Ognuna delle varie tipologie di verde urbano ha una propria sigla distintiva. L’85% della popolazione di Bergamo ha un’area verde fruibile entro i 15 minuti a piedi, l’86% delle scuole è entro il buffer di 150 metri e il 64% entro quello dei 300 metri, tuttavia con distribuzione non omogenea a livello cittadino. Una regola a cui si dovrebbe tendere in città è quella del 3-30-300 ovvero bisognerebbe riuscire a vedere almeno 3 alberi dalla finestra, il 30% di ogni quartiere a verde, e poi come si è detto un parco a non più di 300 metri di distanza da casa o scuola. Sono molteplici i benefici del verde pubblico a livello di servizi eco sistemici: il contrasto alle isole di calore (rifugi climatici particolarmente utili in estate per la salute di anziani e fragili), aspetti ludici e sportivi, culturali, didattici, ricreativi.
Da non trascurare l’agricoltura urbana e ovviamente avendo sempre presente il criterio della equità nella distribuzione del verde sul territorio cittadino. La presenza di toelette, panchine, fontane, adeguata viabilità sostenibile interna, percorsi salute, punti di raccolta differenziata , sono fondamentali. Si è poi posta attenzione a tutta una serie di pratiche che dovrebbero entrare nelle abitudini degli addetti. Lasciare le foglie attorno alle piante come nutrimento, non tagliare a raso le aree a prato perché tagliando solo fino a una cera altezza preserva la biodiversità e fa crescere meno le piante erbacee, non usare pesticidi, avere cura del fatto che le piante si trovino attorno una fascia di terreno permeabile. A proposito di permeabilità i parcheggi ma anche altri spazi pubblici dovrebbero avere un suolo drenante da ottenere anche togliendo in alcuni casi l’asfalto esistente.
Questo accorgimento insieme alla adozione di tetti verdi permette la realizzazione della cosiddetta “città spugna” che previene esondazioni e flusso incontrollato delle precipitazioni in suoli troppo impermeabili con tutto quello che ciò comporta a livello di costi con quelli per la prevenzione come al solito ben inferiori rispetto a quelli necessari per riparare i danni.










