Dal 1990 al 2020, l’Italia è il fanalino di coda dei Paesi OCSE e l’unico Paese con un valore negativo (-2,9%) di variazione dei salari reali medi. La percentuale di lavoratori a basso salario è passata da 25,9 punti percentuali nel 1990 a 32,2 punti percentuali nel 2017. A essere colpiti sono soprattutto donne, giovani nella fascia 16-34 anni e residenti al Sud, ed in generale quanti hanno un contratto di lavoro part-time. Nel 2023, ogni italiana o italiano deteneva in media circa 190.000 euro di patrimonio. Il patrimonio medio dei 50,000 adulti più ricchi del paese è più che raddoppiato rispetto agli anni Novanta, mentre i 25 milioni di italiani più poveri hanno visto la propria ricchezza media ridursi di più di tre volte e oggi detengono un patrimonio medio di circa 7 mila euro pro-capite. Si stima che almeno 10 milioni di adulti abbiano risparmi liquidi inferiori ai 2.000 euro, decisamente insufficienti per far fronte a uno shock di reddito come quello inflitto dalla perdita del lavoro o da una malattia. La povertà assoluta nel nostro Paese coinvolge oggi una quota sempre più ampia della popolazione. Secondo i dati diffusi da Istat il 14 ottobre, il 9,8% degli italiani – oltre 5,7 milioni di persone e 2,2 milioni di famiglie (8,4% dei nuclei) – vive in condizioni di indigenza. Negli ultimi dieci anni il fenomeno è cresciuto in modo significativo: il numero di famiglie in povertà assoluta ha registrato un + 43,3%, segno di un processo di radicamento che ha reso la povertà una componente strutturale del tessuto sociale nazionale. E’ quanto si legge nel Rapporto 2025 su povertà ed esclusione sociale in Italia della Caritas, dal titolo “Fuori Campo. Lo sguardo della prossimità”. Due capitoli del Rapporto Caritas 2025 sono dedicati alla deriva nazionale dell’azzardo industriale di massa e alle sue conseguenze e alla povertà energetica.

Il capitolo 3 si occupa della deriva dell’azzardo, sottolineando come a partire dalla fine degli anni 90, l’offerta dell’azzardo si sua arricchita di oltre una cinquantina di modalità di gioco, sia online che in presenza (oltre 150mila locali, disseminati in tutte le province italiane). “Il volume monetario del gioco d’azzardo, si legge nel Rapporto, mostra una crescita inarrestabile: dai 35 miliardi di euro giocati nel 2006 siamo giunti ai 157 miliardi giocati nel 2024 (+349%). A fronte di tale incremento, l’incasso dell’erario è aumentato solamente dell’’83% (da 6 a 11 miliardi), a tutto favore delle grandi società produttrici. Solo per le slot, si stimano 38 milioni di ore impegnate nel gioco. Oltre 22 milioni di ore impegnate per 1 miliardo e 358 mila giocate”. Ma sono soprattutto le modalità tradizionali ad impegnare tempo di vita: oltre 388 milioni di ore impegnate dalla popolazione per lotto, scommesse, superenalotto. In totale, le giornate lavorative assorbite dal gioco sono oltre 104 milioni. L’altra faccia della medaglia è costituita dalle perdite: nel 2024, il totale delle perdite è stato pari a 20 miliardi di euro. I dati mostrano una correlazione inversa tra reddito medio per contribuente e perdita media al gioco, con un peso percentuale più alto nelle regioni più povere. Dieci regioni sono sopra la soglia della media nazionale (493 euro) e di esse, cinque sono meridionali e isole, due del centro-sud (Abruzzo e Molise) seguite da Lazio e Lombardia. “L’azzardo – si sottolinea nel Rapporto –  costa di più a chi ha meno: non solo perché perde più euro, ma perché quegli euro valgono di più nel bilancio familiare. È il punto da cui far partire qualunque discussione seria su prevenzione, regolazione e responsabilità pubblica”. Il capitolo 5 si occupa, invece, della povertà energetica, quel fenomeno che interessa coloro che non possono usufruire di forniture adeguate e affidabili di energia elettrica e gas per indisponibilità di sufficienti risorse economiche. È la punta di un iceberg, la cui massa sommersa è costituita dalla complessità delle connessioni tra questioni ambientali, climatiche e sociali. È una “nuova” povertà sulla quale pesano gli effetti della crisi climatica che ha creato nuovi rischi ambientali e sociali, che incrementano le disuguaglianze e producono nuove forme di povertà. Secondo l’OIPE nel 2023 le famiglie in povertà energetica in Italia erano 2,36 milioni, pari al 9% del totale, in crescita rispetto all’anno precedente (+1,3 punti percentuali, pari a 340 mila famiglie in più), il valore più alto dall’inizio della serie storica. “Le famiglie più povere, si legge nel Rapporto,  impegnano l’8,7% della loro spesa per beni e servizi energetici, contro il 3,3% delle famiglie più ricche. I poveri sono anche coloro che, per effetto della riduzione progressiva delle risorse stanziate per i bonus (meno 1 miliardo tra il 2022 e il 2023), hanno ridotto più della media le spese per consumi energetici”. Dall’incrocio tra la posizione nel mercato energetico e l’inserimento nelle reti di protezione o possibilità di accesso alle politiche per la transizione energetica, il capitolo identifica e approfondisce tre tipi di poveri: i vulnerabili energetici, gli assistiti energetici e gli esclusi energetici. “Dal punto di vista delle risposte possibili, non si tratta più – propone la Caritas di affrontare una povertà tradizionale con strumenti assistenziali tradizionali, ma di ripensare il welfare in una logica di sistema che integri sostenibilità ambientale e giustizia sociale, con politiche che intervengano prima che la vulnerabilità si trasformi in esclusione, affinché ogni cittadino, nella transizione energetica, abbia diritto a fruire di energia prodotta da fonti rinnovabili, accessibile a un prezzo equo e fruibile grazie a dispositivi efficienti”. 

Come scrive il direttore della Caritas italiana, don Marco Pagniello, il “fuori campo” del titolo del Rapporto è ciò che non si vede, è la parte invisibile che sfugge allo sguardo immediato. La povertà oggi non è sempre visibile, spesso è silenziosa, frammentata, trasversale e multidimensionale. È la povertà di quei lavoratori che non riescono a vivere dignitosamente, di chi cade nella trappola dell’azzardo, di chi subisce violenza nel silenzio, di chi rinuncia al riscaldamento o alla luce, di chi non riesce ad assicurare un tetto alla propria famiglia, di chi vive perennemente connesso, ma senza relazioni significative. La povertà oggi è educativa, sanitaria, abitativa, energetica, affettiva. “Non basta guardarla da lontano o analizzarla con categorie vecchie, ammonisce il direttore della Caritas italiana. Bisogna abitarla, entrarci dentro, sporcarsi le mani, lasciarsi coinvolgere, assumere lo sguardo della prossimità per consentire alla conoscenza di diventare compassione e, di conseguenza, alla compassione di tradursi in azione davvero incisiva”.

Qui il Rapporto Caritas: https://www.caritas.it/wp-content/uploads/sites/2/2025/11/Rapproto-Poverta-2025-Versione-integrale.pdf