Una cerimonia davvero bellissima, sentita, partecipata quella che il piccolo comune di Mondovì in Piemonte ha allestito ieri pomeriggio (25 ottobre) nella magnifica Chiesa della Missione per l’VIII Edizione del Premio Res Publica.

Ideato e diretto dall’economista e scrittore Antonio Maria Costa, (ex sottosegretario generale delle Nazioni Unite e direttore dell’Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine) il riconoscimento ha premiato anche quest’anno alcune situazioni di eccezionale valore nel segno della ‘circolarità del bene’, come ben rappresentato dalla scultura bronzea di Riccardo Cordero.

E nella categoria “Pace e Giustizia” ecco premiate le ‘nostre’ Eszter Koranyi e Rana Salman, co-direttrici del movimento di liberazione collettiva Combattenti per Pace, che da tempo seguiamo e sosteniamo su questa testata.

Qui di seguito il discorso che hanno pronunciato a due voci, lungamente applaudito alla fine dai presenti.

Cari membri della Fondazione Res Publica, amici e ospiti…

A nome dei Combattenti per la Pace, siamo profondamente onorati di ricevere il Premio Res Publica, un premio nato dalla convinzione che la pace e la dignità appartengano al bene pubblico, non al potere. Questo riconoscimento è sia un onore che una profonda responsabilità.

Combattenti per la Pace è stata fondata da ex combattenti israeliani e palestinesi che un tempo si consideravano solo nemici. Insieme, hanno fatto la coraggiosa scelta di deporre le armi e intraprendere una lotta non meno dura e difficile: la lotta nonviolenta per la pace e la liberazione collettiva. Il nostro movimento è nato da un atto di coraggio: il coraggio di ascoltare, di vedere l’umanità l’uno nell’altro e di immaginare un futuro diverso.

Negli ultimi giorni, il cessate il fuoco e il ritorno di ostaggi Israeliani e prigionieri Palestinesi hanno portato un certo sollievo in Israele e Palestina. Come tanti altri, abbiamo provato una profonda gioia per le famiglie che hanno sofferto un dolore inimmaginabile e ora possono riabbracciare i loro cari. Ma accanto a questa gioia resta il dolore per coloro che non sono stati restituiti, per coloro che hanno perso la vita e per le famiglie che non saranno mai più intere.

Momenti come questo ci ricordano le motivazioni che ci sostengono nel nostro lavoro. Ci ricordano che la pace non è una parola da pronunciare in momenti di calma, ma una realtà che deve essere costruita ogni giorno con coraggio, compassione e umanità condivisa.

La pace non può significare un ritorno allo status quo che ci ha portato a questa realtá di fragile calma mantenuta con la forza, né un accordo politico plasmato dal potere e dalla convenienza. La vera pace deve essere radicata nell’uguaglianza, nella libertà e nella sicurezza per tutti. Per raggiungere questa pace, deve esserci una leadership coraggiosa, sia palestinese che israeliana, impegnata per la giustizia e i diritti umani per tutti coloro che vivono nella nostra terra. Sappiamo che qualsiasi vera risoluzione deve essere radicata nel riconoscimento reciproco, nella responsabilità e nell’impegno a porre fine all’occupazione.

Sin dal momento della nostra fondazione, Combattenti per la Pace ha lavorato per costruire una comunità condivisa, per trasmettere i principi della nonviolenza e per creare spazi in cui il dialogo sostituisca la divisione. Oggi, il nostro movimento è orgogliosamente guidato da noi due, due donne, offrendo una voce alternativa alle tipiche narrazioni di conflitto e potere e investendo nella prossima generazione di leader palestinesi e israeliani in grado di garantire la piena inclusione delle donne nella creazione della pace.

Questo Premio ci ricorda che non siamo sole. In tutto il mondo, ci sono persone che credono, come noi, che la nostra comune umanità sia più forte della paura e che la nonviolenza non sia debolezza, ma un potente strumento di cambiamento, per resistere all’ingiustizia e all’oppressione senza odio o crudeltà.

La speranza, in questo momento, è fragile. Ma è anche viva. E non deve essere sprecata. Insieme, con i nostri fedeli partner, possiamo garantire che questo momento, questo fragile cessate il fuoco, questo raggio di sollievo, possano diventare il fondamento per un cambiamento reale e duraturo.

Immaginiamo un futuro in cui palestinesi e israeliani vivano fianco a fianco in uguaglianza, dignità, giustizia e libertà. Questo non è un sogno. È una necessità pratica. E sappiamo che è possibile, perché noi di Combattenti per la Pace stiamo già incarnando quel futuro nel presente.

Grazie per questo riconoscimento e grazie per la vostra solidarietà.