Il 27 aprile 1937 si spegneva Antonio Gramsci, un esempio per tutt* noi, esempio di coraggio, coerenza, lucidità, solidarietà.
Lo ricordiamo con un suo monito che in qualche modo ci riguarda, nel nostro quotidiano lavoro per questa testata.
“Creare una nuova cultura non significa solo fare individualmente delle scoperte ‘originali’, significa anche e specialmente diffondere criticamente delle verità già scoperte, ‘socializzarle’ per così dire e pertanto farle diventare base di azioni vitali, elemento di coordinamento e di ordine intellettuale e morale.
[…] Si tratta di saper guardare alle funzioni ‘organizzative’ e ‘connettive’ degli intellettuali, vale a dire alle funzioni che essi svolgono, in forme di volta in volta peculiari e storicamente determinate, nei processi di produzione dell’egemonia” (dai Quaderni dal Carcere)
“Io ho della cultura un concetto socratico: credo sia un pensar bene, qualsiasi cosa si pensi, e quindi un operar bene, qualsiasi cosa si faccia. E siccome so che la cultura è anch’essa un concetto basilare del socialismo, perché integra e concreta il concetto vago di libertà di pensiero, vorrei che esso sia vivificato dall’altro, dal concetto di organizzazione. Organizziamo la cultura, così come cerchiamo di organizzare ogni attività pratica. […]
Non è la conferenza che ci deve importare, ma il lavoro minuto di discussione e di investigazione dei problemi, al quale tutti partecipano, tutti danno un contributo, nel quale tutti sono contemporaneamente maestri e discepoli. […]
Essa [la cultura] deve interpretare un bisogno. […]Niente è più efficace pedagogicamente dell’esempio attivo a rivelare agi altri i bisogni, farli sentire pungentemente. (in Avanti!, 24 dicembre 1917)
Fonte: Angelo D’Orsi, Gramsci Una nuova biografia, Feltrinelli 2021










