Il 25 febbraio 2025, in occasione del terzo anniversario dell’invasione russa in Ucraina, il Centro Pace di Forlì ha ospitato un incontro per approfondire il futuro della guerra in Ucraina all’alba della seconda presidenza Trump. Attraverso le parole di chi opera direttamente sul campo, abbiamo potuto riflettere su quelle che sono le conseguenze della guerra, ma abbiamo anche potuto vedere la forza di chi, nonostante tutto, sceglie di restare umano. I volontari di Operazione Colomba e Project Mean ci hanno portato la testimonianza della loro esperienza personale sul campo e di quella della popolazione ucraina.

Dal marzo 2022, i volontari di Operazione Colomba vivono fianco a fianco con la popolazione ucraina, condividendo sofferenze e speranze. Non sono lì come semplici osservatori, ma basano la loro permanenza sull’ascolto, sulla conoscenza delle persone che incontrano. “Per usare le armi non è necessario conoscere le persone, raccontano, ma per ricostruire una pace duratura è fondamentale entrare nel cuore di chi soffre”. E’ questo il loro grande impegno e obiettivo: tessere relazioni oltre la paura, offrire momenti di normalità e calore umano ai giovani e alle famiglie che non vogliono arrendersi alla violenza.

Project Mean, il Movimento Europeo di Azione Nonviolenta, è la risposta di chi crede che la pace non sia un sogno, ma una costruzione quotidiana. La resistenza civile nonviolenta è possibile solo con la solidarietà popolare, caratteristica del popolo ucraino che, a distanza di tre anni, rifiuta di piegarsi alla distruzione. In un paese dove il freddo si insinua nelle case, i volontari portano conforto e offrono spazi in cui incontrarsi e ritrovare la propria umanità. Perché la pace non si aspetta: si costruisce, con gesti concreti, con la forza della presenza, con la convinzione che ogni vita meriti di essere protetta e ogni speranza meriti di essere alimentata.

Durante la serata si è parlato anche dei corpi civili di pace, per l’istituzione dei quali si sta lottando da anni ma di cui, ancora oggi, si fatica a definire chiaramente l’identità. A livello europeo è stato proposto un Corpo Civile Europeo di Pace per fornire un’alternativa nonviolenta nella gestione dei conflitti. Tuttavia, la realizzazione pratica di tale corpo a livello dell’Unione Europea richiede ancora consenso politico e strutture operative adeguate. Per quanto riguarda l’Italia lo sforzo è stato minimo da parte delle istituzioni: è vero è stato creato un progetto per coinvolgere i giovani in missioni di pace non governative in aree di conflitto, ma l’intervento dei volontari è limitato in quanto non possono essere mandati in zone dove lo scontro è ancora attivo.

Costruire la pace è impresa difficile, ostacolata spesso da scelte miopi e da interessi che vanno ben oltre la volontà popolare. Oggi si investe poco sui metodi di azione nonviolenta, la stragrande maggioranza delle risorse è destinata all’industria bellica.

Ci dobbiamo chiedere allora in che cosa la comunità internazionale abbia fallito. Ma soprattutto, come possiamo assicurarci che non si ripresentino le stesse condizioni che l’hanno resa possibile. Quanto è disposto ognuno di noi a impegnarsi per una pace vera e duratura? Perché la pace non è solo un’utopia: è una responsabilità che riguarda tutti noi.