Davanti al reportage di Laura Silvia Battaglia da Taiz in Yemen, pubblicato ieri su Avvenire, non si riesce a trattenere le lacrime del cuore. Parliamo di un conflitto che, secondo le agenzie internazionali conta 377.000 vittime in otto anni e, di queste, l’Undp sostiene che il 70% sono bambini al di sotto dei 5 anni. Anche in questo spicchio di mondo germogliano i segni della speranza.

“Il maestro Adel Al Shuraihi ha fondato cinque anni fa la scuola al-Nahda, per salvare i bambini da morte certa, mentre attraversavano la front-line al mattino. La scuola nasce, infatti, dalla necessità di creare una struttura al di qua della linea del fronte, in un quartiere di Taiz letteralmente diviso a metà tra le forze lealiste e gli Houthi. ‘Una volta iniziata la guerra, la scuola storica del quartiere diventava inaccessibile, perché i bambini avrebbero dovuto attraversare la front-line per recarvisi – spiega il maestro.

E i genitori hanno iniziato a non mandarli più a scuola. Come dare loro torto? Meglio avere un figlio illetterato ma vivo che un figlio morto, crivellato dai colpi di una mitragliatrice’. Così al-Shuraihi arrangia una scuola dentro una sua proprietà privata in costruzione e, con l’apporto didattico dei genitori degli stessi allievi, al-Nahda è diventata una scuola vera: dai duecento allievi iniziali è arrivata ad avere migliaia di studenti”.

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