Dopo anni di tentativi per riaprire la scuola, l’organizzazione interrompe la missione. Nicolò Govoni: “Trasferiamo il progetto in un nuovo Paese. Le lezioni imparate dalla sconfitta in Turchia hanno permesso il successo delle nostre scuole nella Siria nordoccidentale, in Kenya e in R.D. Congo.

Si chiudono le operazioni di Still I Rise in Turchia, iniziate nell’ottobre 2019: avrebbero dovuto portare all’avvio di una scuola internazionale per minori profughi nel Paese. Nel corso di questi tre anni, l’organizzazione non si è mai arresa davanti alle continue difficoltà, ai conflitti con le autorità e alla corruzione dilagante.

Il 16 marzo 2020 Still I Rise aveva aperto i battenti della scuola a Gaziantep, nel sud del Paese. Tuttavia, la chiusura è avvenuta nel giro di pochi giorni a causa del lockdown nazionale per la pandemia da Covid-19. Oggi, dopo due anni dalla prima e unica apertura, l’organizzazione deve ammettere la sconfitta e iniziare a guardare al futuro, trasferendo la totalità delle risorse e dei fondi raccolti finora per avviare un’altra scuola in un altro Paese.

“Abbiamo tentato ogni singola opzione, senza mai lasciare nulla al caso, per riaprire la nostra scuola in Turchia, ma non abbiamo intenzione di girarci intorno: abbiamo fallito. Questo fallimento, però, ci ha permesso di imparare lezioni cruciali e così di aprire scuole riconosciute a livello globale, tra Nord Ovest della Siria, Kenya e Repubblica Democratica del Congo”, dichiara Nicolò Govoni, Direttore Esecutivo di Still I Rise.

L’idea di avviare un progetto in questo Paese arriva dall’esperienza diretta dell’organizzazione con i minori approdati sull’isola di Samos dalle coste turche: aprire una scuola internazionale in Turchia avrebbe risparmiato loro il trauma della traversata in mare e ripristinato il loro diritto inalienabile allo studio, garantendo un percorso di studi e un diploma tra i più prestigiosi al mondo.

Ma le cose non sono andate come da piani iniziali: prima a Istanbul e poi a Gaziantep, il progetto della scuola in Turchia ha incontrato sin dall’inizio ostacoli insormontabili e proposte di compromessi ritenuti inaccettabili da Still I Rise. Tutto questo unito all’ostilità del governo turco nei confronti delle organizzazioni umanitarie, sia nazionali che internazionali, che operano sul territorio. Il quadro legale vigente conferisce un’autorità e un’ingerenza incontrastate al Ministero dell’Interno, che può esercitare un controllo pressoché totale verso le organizzazioni non profit che operano nel Paese. In particolare, qualsiasi organizzazione operante nel settore dell’educazione è sottoposta a controlli assidui da parte del ministero competente.

TURCHIA: STORIA DI UNA SCONFITTA 

Nell’ottobre 2019 una delegazione di Still I Rise ha dato il via alla missione turca, scegliendo Istanbul come luogo in cui avviare il progetto, in quanto città con il più alto numero di profughi siriani in Turchia. Dietro consiglio di uno degli studi legali più quotati della città, sono iniziati i contatti con il municipio, che – nonostante un’iniziale accoglienza molto positiva – ha ben presto rivelato le sue reali intenzioni, ovvero quelle di appropriarsi del progetto a condizioni ritenute inaccettabili dall’organizzazione: per fornire i permessi necessari all’apertura e garantire le condizioni per portare avanti i lavori di ristrutturazione, Still I Rise avrebbe dovuto accettare l’imposizione di un’impresa edile, l’utilizzo di immobili di proprietà municipale, l’assunzione di personale e la selezione degli studenti e il contenuto dell’insegnamento a discrezione della municipalità. Tutto questo contrastava con il principio cardine di totale indipendenza rispetto agli enti governativi.

Per preservare i propri valori fondamentali e i fondi dei donatori, nel gennaio 2020 l’organizzazione ha spostato le sue operazioni a Gaziantep, nel sud del Paese, a un’ora dal confine con la Siria. Il 16 marzo 2020 è stata inaugurata la scuola Beraber, chiusa però nel giro di pochi giorni a causa del lockdown nazionale dovuto alla pandemia da Covid-19. In questa fase di stallo in Turchia, e facendo tesoro delle prime importanti lezioni già apprese, l’organizzazione si è mossa per aprire le sue scuole nel Nord Ovest della Siria e in Kenya.

Tra agosto e novembre 2020, un’altra delegazione di Still I Rise si è recata a Gaziantep per tentare di riaprire la scuola: tuttavia, dopo aver già assunto il preside e l’intero corpo docenti, il governo turco ha ordinato nuovamente la chiusura delle scuole, per contenere la seconda ondata della pandemia. I tentativi di riapertura sono continuati fino al 2022, nonostante strenue opposizioni: a Gaziantep, come a Istanbul, alla richiesta dei permessi necessari per operare in autonomia e senza alcun partner, l’organizzazione ha ricevuto la richiesta di una tangente da parte dell’ufficiale incaricato del Ministero dell’Educazione. Davanti al rifiuto, è stato negato ogni permesso di riaprire.

Still I Rise ha allora contattato oltre venti tra i migliori studi legali della Turchia, con l’obiettivo di trovare una via legittima per superare la corruzione dilagante. Nel maggio 2022, su consiglio diretto dell’Ambasciatore Italiano in Turchia, è stato ingaggiato un ultimo team di avvocati: dopo la disamina di tutti i documenti dell’organizzazione e l’analisi dei soprusi subiti, la nota legale ha suggellato l’impossibilità di avviare nel Paese una scuola internazionale in grado di offrire il percorso educativo di International Baccalaureate, senza scendere a inaccettabili compromessi.

L’organizzazione si ritira dunque dal Paese: tutti i fondi raccolti attraverso le donazioni per questo progetto saranno reindirizzati su altre scuole oppure restituiti, in piena collaborazione con i donatori.

Scarica il report completo della missione in Turchia: https://www.stillirisengo.org/site/assets/files/1290/turchia_resoconto_di_una_sconfitta_pdf-1.pdf