Silvia Romano libera. Finalmente una bella notizia, almeno per tutti coloro che pongono la vita umana al di sopra del vil denaro.

Quindi non certo per un Feltri, ad esempio, o per qualcun altro che libero dal benché minimo freno, non si è fermato solo a mostrarci la sua anima a forma di portafoglio ma, scatenandosi sui social, è andato giù senza tentar almeno di nascondere o smussare razzismo e sessismo che gli circolano nelle vene.

Noi invece siamo felici che Silvia sia stata liberata anche se siamo certi che sia stato pagato un riscatto e anche se ci chiediamo con una certa angoscia se ci saranno – e quante saranno – le vite che grazie a quel riscatto verranno stroncate dai terroristi i quali, nascosti dietro fanatismi religiosi, sono spesso criminali a servizio di altri criminali che non vivono nelle tende e che le armi non le usano direttamente, ma le vendono senza soffrire di alcuna crisi.

 

Per la liberazione di Silvia sono intervenuti i “servizi” di Paesi che di sangue sulle mani ne hanno assai e questo non li fa diventare immediatamente belli, buoni e democratici, né ci fa dimenticare che in quei paesi, ad esempio la Turchia, si muore solo per chiedere il rispetto dei diritti umani.
Avranno avuto il loro tornaconto e non sarà stato certo un ravvedimento morale a farli intervenire. Lo sappiamo bene, ma questo non ci impedisce di gioire per il ritorno di Silvia, quella che per qualcuno se l’è andata a cercare perché si sa, se si ha la “deformazione mentale” di sentire il dolore degli altri sulla propria pelle e voler mettere la propria goccia per lenire almeno un po’ quel dolore, per la parte peggiore, ma abbastanza diffusa, del genere umano questo è considerato un “andarsele a cercare” o una “deformazione mentale”.

Intanto, giornali più o meno per bene hanno iniziato il gossip, per cui non sappiamo ancora e forse non sapremo mai cose essenziali come gli interessi combinati tra il gruppo terrorista cui è andato il riscatto e i servizi segreti intervenuti a liberare la ragazza, ma sappiamo che forse Silvia si è convertita all’Islam, forse si è sposata con un suo carceriere, e sappiamo perfino che appena liberata ha mangiato una pizza.
Tutte cosucce che distrarranno un po’ dall’incubo della Covid-19 e che faranno dire a tanta Italia che questo governo sa fare i miracoli.

Sappiamo quanta complessità e quanto liquame gira per il mondo degli interessi politici, ciò nonostante ribadiamo il nostro essere felici per il ritorno di una volontaria che viene dileggiata con le più vergognose ingiurie razziste e sessiste come “la puttana che se la fa coi negri” di cui abbondavano i social dei soliti stupratori da tastiera (quando restano alla tastiera) e con ingiurie vagamente meno rozze ma altrettanto disgustose come quelle che in questi giorni abbonderanno.

 

Ma una cosa ci ha colpito. Il silenzio bipartisan circa l’informale annuncio della bella notizia da parte del presidente del Consiglio e, successivamente, della riconferma, con lo stesso mezzo, del ministro degli Esteri.

Abbiamo scoperto che non c’era stata neanche l’accortezza di inviare una comunicazione -formale o informale – alla famiglia, poiché il Presidente Conte, con l’indifferenza che gli è propria verso ogni forma del diritto cui, dato il suo ruolo istituzionale, dovrebbe invece portare rispetto, ha scelto il twitt, proprio come un comune ragazzotto da bar, per comunicare urbi et orbi la sua gioia personale, quella di Beppe Conte, per la liberazione di Silvia Romano.

La famiglia della ragazza infatti ha saputo dai social che Silvia era finalmente libera e i genitori, intervistati dall’Ansa, non ne erano ancora sicuri perché la Farnesina non aveva mandato alcuna comunicazione. Successivamente, non la Farnesina, bensì il suo inquilino, avrebbe poi twittato che “lo Stato non lascia indietro nessuno” e poi aggiunto “orgoglioso di questo Governo”, cioè del governo di cui fa parte, come a dire “oste com’è il suo vino” sapendo che la risposta non lascerà dubbi.

 

Del resto, dopo mesi di esercitazioni ben riuscite sul calpestare il diritto con grande leggerezza ottenendo anche il plauso della maggioranza degli italiani i quali, indeboliti da tanti anni di lodi al dirigismo e al semplificazionismo (che non è certo la semplificazione) non si accorgono più che si stanno scardinando i pilastri della democrazia reale, quelli che sono il supporto irrinunciabile di uno Stato di diritto.

Non abbiamo sentito molte voci scandalizzarsi, a parte quelle dei 200 giuristi che hanno scritto una lettera alla quale né Beppe Conte, né il presidente del Consiglio dei ministri hanno risposto. Abbiamo visto fenomeni squisitamente individuali di intolleranza alle restrizioni imposte (sia a quelle assurde che a quelle sensate) ma pochi italiani si sono resi conto, per esempio, che cancellare con un tratto di penna un comma dell’art. 33 della Costituzione è un precedente gravissimo. E ci fermiamo a questo, rinviando a un altro momento la disamina di tutte le violazioni formali e sostanziali della Costituzione che in pochi mesi questo governo è stato in grado di compiere.

Ricordiamo però ancora una volta che nel Diritto la forma non è solo parte della sostanza, ma è sostanza a sua volta e questo un docente di diritto quale il presidente Conte NON può non saperlo.

Che è successo allora? Lo ha dimenticato o sta seguendo un percorso di cui gli italiani si accorgeranno solo quando sarà troppo tardi?
Beh, al momento festeggiamo il ritorno di Silvia, ma non dimentichiamo che se come semplici cittadini possiamo passarci la voce sui social e perfino dalle finestre e dai balconi, come Istituzioni della Repubblica Italiana no. Per loro ci sono forme da rispettare inequivocabilmente, a meno che non si sia deciso di mortificare le fonti primarie del diritto con i risultati conseguenti che vedremo presto e di cui non potremo davvero essere felici.