Il Governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela ha annunciato che farà appello a tutti gli organismi internazionali esistenti affinché denuncino il grave crimine internazionale confessato da Donald Trump, ovvero l’attacco a una petroliera nel Mar dei Caraibi, e ha annunciato che difenderà con assoluta determinazione la sua sovranità, le sue risorse naturali e la sua dignità nazionale.

In una dichiarazione ufficiale, il Ministero degli Esteri ha condannato fermamente quello che costituisce un furto palese e un atto di pirateria internazionale, annunciato pubblicamente dal Presidente degli Stati Uniti Donald Trump.

“Non è la prima volta che lo ammette; durante la sua campagna del 2024, ha dichiarato apertamente che il suo obiettivo è sempre stato quello di mantenere il petrolio venezuelano senza pagare alcun compenso in cambio, chiarendo che la politica di aggressione contro il nostro Paese fa parte di un piano deliberato per saccheggiare le nostre risorse energetiche” – si legge nel testo – Questo nuovo atto criminale si aggiunge al furto di Citgo, un bene importante del patrimonio strategico di tutti i venezuelani, sequestrato attraverso meccanismi giudiziari fraudolenti e al di fuori di ogni norma”.

CITGO Petroleum Corporation è la storica raffineria statunitense controllata dalla statale venezuelana PDVSA tramite la holding PDV Holding. Si tratta di un’importante raffineria, trasportatrice e commerciante di carburanti, lubrificanti e prodotti petrolchimici venezuelana negli Stati Uniti, nota per le sue stazioni di servizio che presentano un logo a forma di tre stelle e una fiamma, operando tre raffinerie e una vasta rete di oleodotti e terminali, con una forte enfasi sulla sicurezza e la sostenibilità. 

Per sua iniziativa, tra il 2007 e il 2010, lo Stato venezuelano ha destinato 1 milione di dollari ogni anno, per mezzo dell’impresa Citgo, filiale di Petróleos de Venezuela S.A. (Pdvsa), per appoggiare lo sviluppo dei progetti sociali nel Bronx. L’organizzazione PetroBronx è stata incaricata di mettere in atto 30 progetti rivolti alle scuole, alle cooperative alimentari e di pulizia del fiume Bronx. Invitato dal deputato democratico statunitense José Serrano, il Comandante Hugo Chávez aveva visitato il Bronx nel settembre 2005, quando ha partecipato alla 60esima Assemblea Generale delle Nazioni Unite (Onu). In quell’occasione, Chavez invitò i giovani del quartiere a lottare e a non considerarsi «vinti perché poveri». Tra il 2005 e il 2013, quasi 2 milioni di nordamericani hanno usufruito del programma di fornitura gratuita di combustibile rivolto alle famiglie bisognose.

Questo programma, sviluppato con la organizzazione statunitense Citizens Energy Corporation ha raggiunto gli abitanti di 25 stati della nazione nordamericana, compresi i membri di 240 comunità indigene e ha rifornito oltre 200 rifugi per indigenti. Un esempio di cooperazione umanitaria che il governo chavista fece in un territorio che gli è sempre stato ostile economicamente e politicamente, ma che fece grazie agli introiti di Citgo, impresa statale petrolifera venezuelana.

I governi federali USA succedutisi in questi anni, mai hanno ringraziato il governo venezuelano che si è adoperato per sopperire ad una mancanza sistematica di piani sociali nella “più grande democrazia occidentale”, ripagandolo sempre con tentativi di regime-change, di golpe blando, di “rivoluzioni colorate“, di colpe di Stato fascisti ed aggressioni mercenarie, oltre che all’imponente bloqueo economico e commerciale arricchito di sanzioni ai funzionari bolivariani.

Anzi, nel 2011, il governo USA ha imposto sanzioni all’impresa petrolifera di stato Pdvsa attraverso la Citgo, la società di raffinazione con sede negli Usa, controllata dalla compagnia venezuelana: per via delle relazioni tra Caracas e Tehran. E nel settembre dello stesso anno ha sanzionato tre funzionari dell’allora governo di Hugo Chavez, accusati di appoggiare la guerriglia marxista colombiana delle Farc. «La realtà è che vogliono il nostro petrolio», reagì  all’epoca il presidente venezuelano Nicolas Maduro.

Nel maggio 2023, gli Stati Uniti decisero di mettere all’asta le azioni della società madre della raffineria Citgo Petroleum Corp, la PDV Holding, il principale bene all’estero della Repubblica Bolivariana. Un percorso che aprì la strada alla confisca dell’impresa da parte dei creditori, previ “negoziati” con coloro che gli Stati Uniti riconoscevano come “rappresentanti”: l’opposizione della destra venezuelana “Piattaforma Unitaria”, guidata dal golpista Juan Guaidó, a cui l’amministrazione nordamericana aveva consentito l’accesso ai fondi bloccati dalle misure coercitive unilaterali illegali imposte al Venezuela.

Il Dipartimento del Tesoro Usa fino a quel momento aveva “protetto” Citgo dai creditori, ma per stringere di più il cappio alla Rivoluzione Bolivariana, entrò a gamba tesa sulla possibilità di un cambio di indirizzo prospettato dalla Conferenza Internazionale di Bogotá, che ha avuto per tema il Venezuela.

Guaidó si recò alla conferenza in Colombia, senza essere invitato, e  venne accompagnato all’aeroporto per poi recarsi a Miami. Il suo obiettivo era quello di coordinare il furto dell’Impresa Citgo, formalizzato con la Licenza Generale 42, emessa dall’Ufficio di Controllo degli Attivi Stranieri (Ofac), che autorizza un settore dell’estrema destra venezuelana a disporre o ad accordare processi relativi ai debiti della Repubblica Bolivariana e dell’impresa statale Petróleos de Venezuela (Pdvsa).

Con documento datato 7 aprile 2023, l’amministrazione Biden consegnò tutti gli attivi dell’impresa Citgo, tutto il denaro del Venezuela all’estero, a un gruppo dell’opposizione di destra venezuelana appartenente a “Piattaforma Unitaria”, perché potessero venderli o negoziare. Washington ha compiuto uno dei saccheggi più grandi che si siano avuti contro qualunque paese al mondo e Biden pugnalò alle spalle la Conferenza di Bogotá.

Ora il repubblicano Trump prosegue sulla linea del suo predecessore democratico Biden: gli USA vogliono il petrolio venezuelano.

Il governo della Repubblica Bolivariana del Venezuela ha reagito con fermezza alla recente decisione di un tribunale statunitense che ha autorizzato la vendita forzata di Citgo definendo quella sentenza come un “saccheggio volgare e barbaro” di un bene strategico del popolo venezuelano.

La notizia arriva dopo che un giudice del Delaware, Leonard Stark, ha autorizzato la vendita delle azioni di PDV Holding a una società affiliata all’hedge fund Elliott Investment Management — precisamente la sua controllata Amber Energy — sulla base di un’offerta da 5,9 miliardi di dollari. Dopo la decisione del tribunale, il governo venezuelano, assieme a Citgo e altre entità controllate, ha fatto ricorso presso la U.S. Court of Appeals for the Third Circuit tentando di bloccare la vendita. Nel frattempo, l’eventuale acquirente — Amber Energy — ha dichiarato di voler mantenere le raffinerie, i terminali e le altre infrastrutture di Citgo, se l’operazione fosse conclusa.

Ad esprimersi recentemente sulla vicenda di Citgo è stato Ramón Augusto Lobo Moreno deputato del PSUV, economista, professore e diplomatico venezuelano che ha ricoperto la carica di presidente della Banca centrale del Venezuela tra il 2017 e il 2018, di vicepresidente settoriale dell’Economia e Ministro del Potere Popolare per l’Economia e le Finanze (con responsabilità per l’Industria, il Commercio e il Commercio estero) durante il 2017; in seguito di diplomatico della Repubblica Bolivariana del Venezuela presso il Regno dell’Arabia Saudita ed attualmente è deputato dell’Assemblea Nazionale per il distretto 1 dello Stato di Mérida.

Ramón Augusto Lobo Moreno ha scritto:

La sentenza del tribunale del Delaware che autorizza la vendita forzata di CITGO a un fondo di investimento noto come vulture funds, per soli 5,9 miliardi di dollari, costituisce una prova inconfutabile del saccheggio in corso e dell’aggressione economica multiforme perpetrata dal governo degli Stati Uniti in alleanza con l’estrema destra venezuelana guidata da Juan Guaidó e María Corina Machado.

Questo atto, compiuto contro un asset strategico del valore di circa 12 miliardi di dollari, trascende qualsiasi controversia commerciale, diventando un furto palese contro il patrimonio nazionale e contro il presente e il futuro di tutti i venezuelani. L’approvazione di una vendita – contro la volontà del suo legittimo proprietario – per una somma irrisoria è un attacco diretto con un chiaro obiettivo geopolitico: strangolare l’economia venezuelana, indebolire la capacità dello Stato e punire il popolo per aver difeso la propria sovranità. Ogni dollaro rubato a CITGO è un dollaro in meno per i programmi sociali, l’assistenza sanitaria, le infrastrutture, l’importazione di beni essenziali e il progresso verso un salario equo per i lavoratori.

Questa espropriazione non può essere compresa separatamente dalla rete di misure coercitive unilaterali, sanzioni finanziarie e blocco petrolifero che, dal 2015, hanno cercato di distruggere la capacità produttiva di PDVSA e di impedire al Venezuela di esercitare la propria difesa legale a parità di condizioni. L’assedio contro CITGO fa parte di un’architettura di pressione economica progettata per derubare il Paese dei suoi asset strategici.

La manovra di saccheggio è stata orchestrata attraverso la farsa del “governo ad interim” di Juan Guaidó, una finzione politica creata a Washington per prendere il controllo della nostra principale filiale all’estero. Agendo come un vero e proprio agente liquidatore, la Giunta ad Hoc – imposta dall’opposizione che mantiene artificialmente la validità dell’Assemblea Nazionale del 2015 – non solo non ha adempiuto al suo presunto mandato di proteggere i beni nazionali, ma ha anche costruito il quadro giuridico che ha permesso il furto. È stata questa struttura parallela ad approvare accordi e a nominare il finto “Procuratore Generale” Ignacio Hernández, responsabile di aver promosso la tesi che equiparava la Repubblica a PDVSA, consentendo così l’esecuzione dei debiti sovrani contro CITGO e violando l’immunità sovrana riconosciuta dal diritto internazionale.

Le conseguenze di questa manipolazione legale sono state immediatamente evidenti nei tribunali. Queste decisioni sono state decisive nelle cause intentate da aziende come Crystallex e ConocoPhillips, originariamente estranee a CITGO, ma ammesse a partecipare grazie alla manipolazione legale promossa dalla struttura parallela. L’intero processo ha avuto l’esplicito sostegno dell’OFAC, che ha rilasciato licenze specifiche per consentire lo svolgimento dell’asta, confermando così il coordinamento diretto tra operatori politici di destra e agenzie governative statunitensi.

Anche la gestione del Consiglio di Amministrazione ad hoc è stata caratterizzata da un’assoluta opacità finanziaria. Si stima che CITGO abbia generato oltre 25 miliardi di dollari in dividendi dal 2019, con una media annua di circa 4 miliardi di dollari. Tuttavia, il popolo venezuelano ignora la destinazione di queste risorse. Non esiste alcun rapporto pubblico, audit indipendente o dichiarazione trasparente che consenta di sapere come questi fondi siano stati gestiti, il che rappresenta un’ulteriore prova del fatto che l’obiettivo non è mai stato quello di difendere il patrimonio nazionale, ma piuttosto quello di aprire la strada alla sua graduale cessione.

Il processo di vendita di CITGO costituisce un precedente estremamente pericoloso per tutte le nazioni del mondo. Se si consente che i beni strategici di uno Stato vengano confiscati attraverso artifici politici e manipolazioni giurisdizionali, qualsiasi Paese con beni all’estero sarà esposto a decisioni giudiziarie dettate da interessi geopolitici. Questo caso dimostra come l’arroganza del governo degli Stati Uniti possa essere sfruttata per violare la sovranità delle nazioni e ignorare i principi essenziali del diritto internazionale.

Il Governo Bolivariano ha fermamente respinto questo atto di banditismo. Il Venezuela non riconoscerà questa espropriazione e attiverà tutte le vie legali internazionali per recuperare CITGO e chiedere conto penale e politico agli attori nazionali e stranieri che hanno partecipato a questo furto. Il popolo venezuelano non permetterà che l’assalto imperialista e i suoi agenti interni continuino a derubare la nazione del suo patrimonio.”

Il caso evidenzia una questione più ampia: può un’entità estera – un tribunale americano – disporre in modo definitivo di un asset strategico di un paese sovrano, anche se quel paese contesta la legittimità del processo e non è stato ammesso a difendersi? Per Caracas, la risposta è no. Ma da Washington e dalle corti statunitensi, finora, la risposta sembra essere affermativa.

Per il governo venezuelano, la vendita di Citgo non è solo una perdita economica — è percepita come un colpo alla sovranità del Paese: Una violazione del diritto internazionale, una violazione dell’autodeterminazione dei popoli, un’espropriazione di risorse nazionali condotta con metodi giudiziari che ignorano la volontà di uno Stato sovrano.

 

Ulteriori informazioni sulla querelle sul furto di Citgo da parte degli USA:

Gli USA si prende Citgo. Maduro: “È il furto del secolo”. Dov’è il diritto internazionale?

Il governo del Venezuela denuncia come “saccheggio” la vendita forzata di Citgo Petroleum (Irina Smirnova)