Lo scorso giovedì 18 dicembre le socie della Biblioteca delle donne di Palermo, presso la sede di via Lincon 121, hanno ascoltato il racconto di Nunzia La Rosa, che ha portato una luce di speranza a questo Natale segnato dai colori cupi delle guerre e dal genocidio a Gaza. Sembrerebbe, infatti, che anche in Italia sia «necessario alzare le spese militari» per la difesa a fronte della popolazione sempre più povera, della sanità alla deriva e della riduzione a lumicino dei finanziamenti per l’istruzione.  

La storia di Nunzia, docente di lettere in pensione, prende avvio sei anni fa dalla malattia di due giovani allieve in chemioterapia: Eleonora portava la parrucca e Miriana indossava «un turbante grigio molto triste». «Perché porti quel brutto colore!» – chiese un giorno durante la lezione, «non riesco a trovare turbanti di colori pastello» – rispose l’alunna.

Si fece strada in Nunzia la considerazione che cura è anche colore nella malattia, cura è anche adornarsi nelle sofferenze. Così, tornata a casa, riprese l’arte del cucire che sua nonna aveva tramandato a lei e alle sue sorelle. Con un mela e un tovagliolo realizzò il prototipo di un turbante, che poi ripropose in un tessuto di fibre naturali e soprattutto colorato. «Ho deciso che il mio turbante dovesse essere un dono di amore che partendo dal mio cuore giungesse al cuore della donna che lo avrebbe ricevuto» – spiega Nunzia. Un dono senza passaggio di denaro, da offrire alle singole malate che lo richiedono e alle strutture ospedaliere che la contattano, perché non può esserci speculazione nella malattia, un turbante di buona fattura costa oltre 80 euro. Il dono, in queste circostanze, non ha prezzo e l’atto del donare senza secondi fini può essere contagioso. Come quando i consuoceri di Nunzia che vivono a Prato, Antonella e Fabrizio, venendo a conoscenza della sua iniziativa, si rivolsero a due loro amici, Maria e Alessandro, produttori e distributori di tessuti pregiati che da allora periodicamente inviano a Palermo le stoffe con cui realizzare «turbanti coloratissimi e confortevoli». 

Ma la produzione di manufatti non si è fermata ai turbanti perché  Maria, dell’Associazione Aurora di Prato, un giorno chiese se si potessero confezionare per i pazienti in chemioterapia anche «le borsette porta drenaggio che tanta dignità danno al malato e che sono diventate preziose da quando Elena», anche lei insegnante, propose a Nunzia di farle decorare ai suoi ragazzi diversamente abili, idea condivisa da altre due docenti, Katia e Luigia. In seguito, Sara, un’alunna di Nunzia, si offrì di realizzare a filet e all’uncinetto «gli orecchini da donare in corredo al turbante», iniziativa che oggi porta avanti con Silvia, Mariolina, Ignazia, Elena e Lilly mentre altre amiche, Anna e Antonella, eseguono cappellini in lana che durante l’inverno scaldano più del turbante e che vengono utilizzati anche dagli uomini in chemioterapia .

Insomma Trama solidale, questo è il nome del gruppo di volontarie, può contare sull’apporto di molte donne accomunate dalla gioia di donare tempo, maestria e competenze per «portare il sorriso a chi voglia di sorridere non ne ha». Nunzia ci tiene a nominarle tutte: «Lucia, Rosa Maria, Anna, Elena, Laura, realizzano le borsette porta drenaggio; io, Giusy e Laura realizziamo i turbanti; Giusy porta le macchine per cucire alla manutenzione; Michela impacchetta tutto ciò che produciamo; Marianna cura la pagina Instagram e le altre amiche che collaborano a diverso titolo Nerina, Cetty, Cettina, Francesca»; mentre rileva il contributo anche di amici e familiari. E qui entrano in campo gli uomini, Elio che provvede alla distribuzione e spedizione dei manufatti e Fabrizio che si occupa dell’invio del tessuto per le borsette porta drenaggio.

Le volontarie di Trama solidale regalano mensilmente circa 200 turbanti, 300 borsette porta drenaggio, decine di orecchini e cappellini, che distribuiscono in Sicilia e in Toscana a ospedali, associazioni di donne in chemioterapia, medici, psicologi e singole malate che ne facciano richiesta. In una società corrotta dalla logica del profitto dove anche la malattia è soggetta alla legge di mercato del sistema imprenditoriale che lucra sulla sofferenza e in cui i più pensano che con il denaro si possa acquistare salute eterna e felicità, Nunzia afferma: «nel donare riceviamo tantissimo e ciò ci rende felici e appagate».