In 10 anni i conti correnti sono incrementati del 23%, nel contempo sono aumentati i costi per la loro gestione e sul miglioramento delle finanze di famiglie e imprese gravano gli effetti della ‘desertificazione bancaria’, alla cui avanzata conseguono molti problemi economici e sociali, tra cui l’incentivazione delle attività crimininali come usura e riciclaggio di danaro ‘sporco’.
I dati della recente indagine della Banca d’Italia condotta su 12˙053 conti correnti bancari riferibili a 604 sportelli, 1˙490 conti online non riferibili a sportelli e 998 conti correnti postali selezionati presso 50 sportelli postali mostrano che nel 2024 la spesa di gestione di un conto corrente bancario è stata pari a 101,1 euro, quindi 0,4 euro in più rispetto al 2023, anno in cui era diminuita di 3,3 euro. Parallelamente la spesa di gestione di un conto online nell’anno scorso è stata pari a 30,6 euro e rispetto all’anno precedente, quindi è incrementata di 1,7 euro, e per i conti postali invece sono aumentati sia le commissioni unitarie sia l’operatività, comportando un aumento della spesa media di gestione da 67,3 a 71,6 euro.
Il Codacons denuncia:
In 10 anni la spesa per la gestione di un conto corrente è cresciuta del +23%, con i rincari dei costi per i prelievi Atm che hanno fatto impennare i costi variabili legati alla gestione del conto. Nel 2024 la spesa per il conto corrente è cresciuta raggiungendo l’importo medio di 101,1 euro e, secondo i dati della stessa Bankitalia, nel 2014 la spesa di gestione di un conto si attestava a 82,2 euro: questo significa che in 10 anni i costi in capo ai correntisti sono saliti in media del +23%, con la spesa cresciuta in totale di +18,9 euro a utente. Ma se le spese fisse passano dai 55,6 euro del 2014 ai 65,4 euro del 2024, con un incremento del +17,6%, sono le spese variabili a registrare una vera e propria impennata, salendo in 10 anni da 26,6 a 35,7 euro, con un rincaro del +34,2%. Questo a causa sia della costante crescita dei costi dei prelievi agli sportelli Atm applicati dalle banche ai propri clienti, sia all’aumento del numero di operazioni come i bonifici istantanei, sempre più utilizzati dagli italiani per i propri pagamenti – CONTI CORRENTI: IN 10 ANNI COSTI AUMENTATI DEL +23% / CODACONS, 15.12.2025
E, pur rilevandone la crescita, un report del Centro studi di Unimpresa evidenzia alcuni aspetti critici delle riserve finanziarie detenute da famiglie e imprese italiane.
Nel corso di un anno, da ottobre 2024 a ottobre 2025, la liquidità complessiva è salita da 1˙988,6 a 2˙046,5 miliardi di euro, con un incremento di 57,9 miliardi (+2,9%).
Il recupero è trainato soprattutto dai conti correnti, risaliti di 60 miliardi (+4,5%) nell’ultimo anno, e dai pronti contro termine, aumentati di 14,6 miliardi (+16%). Sono incrementati anche i depositi rimborsabili con preavviso (+5,6 miliardi, +1,8%), e invece calati i depositi vincolati, scesi di 22,3 miliardi (-8,6%).
Ma nell’arco di tempo di un triennio, cioè da dicembre 2022 a ottobre 2025, la liquidità totale è diminuita di 19 miliardi (-0,9%), soprattutto a causa del forte arretramento dei conti correnti, scesi di 78,4 miliardi (-5,4%).
Tale contrazione è attribuibile in buona parte all’inflazione, che nei mesi più critici ha superato il 10%, costringendo famiglie e imprese ad attingere ai risparmi per fronteggiare il rialzo dei prezzi di energia, beni alimentari, servizi e tassi sui mutui.
E mentre le riserve finanziarie crescono e aumentano i costi dei conti correnti, avanza inesorabilmente il deserto bancario: negli ultimi 10 anni sono stati chiusi 11˙500 sportelli bancari e un terzo di tali chiusure si rinvengono nelle zone meridionali, innescando esclusione sociale e difficoltà nell’accesso al credito e all’assistenza bancaria.
Il gruppo di lavoro del CNEL ha analizzato gli effetti della “desertificazione della rete dei servizi sul territorio alle famiglie e alle imprese a partire dalle filiali bancarie” nei “processi di inclusione e resilienza del tessuto produttivo e valorizzazione del capitale umano nelle aree interne e nei piccoli comuni”.
La desertificazione bancaria rappresenta un problema sotto molteplici aspetti: economico, perché non favorisce lo sviluppo dei territori e delle comunità; sociale, perché non tutela le fasce più deboli e fragili della popolazione; di legalità perché, se mancano soggetti legali e regolati per erogare credito e gestire le risorse economiche, si rischia di lasciare spazio all’illegalità, alla criminalità, all’usura ed al riciclaggio di danaro sporco.
Le filiali rappresentano un vero e proprio presidio di sostegno per i territori e per le comunità di riferimento, di sviluppo per l’economia locale e di vicinanza alla clientela.
Un buon sistema del credito può contribuire a creare un buon sistema economico e a dare vita a una nuova e buona occupazione.
E tra le azioni individuate dal gruppo di lavoro del CNEL, soprattutto in favore dei piccoli e piccolissimi comuni, c’è quella di “avviare una riflessione sulle normative di assegnazione delle tesorerie degli enti locali che per l’operatività necessitano di strutture fisiche locali, al contempo ripensando alla norma che ha sottratto alle pubbliche gare l’attribuzione delle tesorerie, che possono essere assegnate a trattativa privata anche a soggetti non bancari togliendo in tal maniera attività e interessi economici utili per la presenza di sportelli bancari nei comuni di minor popolazione”.
Infatti, per contrastare il processo di disimpegno dai territori delle banche italiane, ovvero la cosiddetta desertificazione bancaria, il CNEL ha presentato un disegno di legge proponendo che i servizi di tesoreria operanti nei piccoli comuni possano, a seguito di esito negativo della procedura a evidenza pubblica, essere affidati alla società Poste Italiane Spa.










