Esplorare “le suture più delicate dei sentimenti” rappresenta l’inizio di una rivoluzione, come scriveva Pier Paolo Pasolini, quando volavano sassi e proiettili. La violenza politica era considerata una possibilità razionale, ma fu l’inizio della fine.

Nel 1982 comparve sul grande schermo un capolavoro che raccontava l’esperienza gandhiana: con la pratica e la teoria nonviolenta il popolo indiano si liberò dal giogo imperiale dei britannici. Ne rimasi incantato, anche se alle provocazioni dei fascistelli rispondevo ancora con le mani.

Poi con la maggiore età ho rinunciato del tutto alla violenza, semplicemente perché mi sono reso conto che un pugno ben assestato può fare male, molto male. Sembra banale, eppure io non ho mai odiato nessuno a tal punto da desiderare la sua morte.

Ho scoperto Greenpeace, l’attivismo politico e infine nel 2023 Ultima Generazione.

Trent’anni fa la prima conferenza internazionale a Rio de Janeiro parlava dei cambiamenti climatici prodotti dalle attività umane. Siamo ancora fermi lì o abbiamo acquisito la consapevolezza dell’urgenza del problema? Nel 2015 con gli accordi di Parigi si raggiunse un consenso scientifico e istituzionale globale, messo poi in discussione da Trump nel 2016. Ormai i mass media sono inquinati da un dibattito surreale, che lascia spazio alla negazione dell’evidenza scientifica ben chiara da decenni. Trent’anni fa scrivevo di Rio, oggi devo descrivere la mia rabbia per la lentezza con cui i governi affrontano la mitigazione necessaria e urgente per fermare il collasso climatico. Nella COP30 a Belem non è maturata nessuna scelta decisiva, sembra anzi una rinuncia a qualsiasi possibilità di mitigazione.

Non mollare mai. Una rivista della resistenza fiorentina contro il fascismo si chiamava proprio così: non mollare. Non mi voglio arrendere. Non possiamo rinunciare al futuro e a mio modestissimo avviso, la strada per lottare deve essere nonviolenta. Un mese fa ero in presidio a Roma e sono stato portato via di peso con altre persone nonviolente. Ci hanno trattenuto per ore in cella. Si chiama resistenza civile nonviolenta. Una scelta radicale. Faccio fatica a parlarne, perché voglio evitare una retorica vittimistica, ma voglio anche affermare con chiarezza che non era necessario un fermo di polizia così brutale e sproporzionato. Ci sono abusi di potere che devono essere stigmatizzati senza stancarsi mai di ripeterlo: sono abusi di potere.

Anche i giudici condannano queste procedure non giustificate da motivi di ordine pubblico. Sono invece modalità repressive  e oppressive, per non dire intimidatorie e punitive. La resistenza civile nonviolenta di Ultima Generazione va avanti da anni. Non molliamo.

La mobilitazione umana, la marea di umanità, milioni di persone scese per strada in tutto il mondo contro il genocidio israeliano a Gaza hanno dimostrato che l’opinione pubblica conta. Il giornalista Lucio Caracciolo ha riconosciuto l’impatto determinante di queste manifestazioni pacifiche per arrivare a una fragile tregua. Non è finita. Non molliamo. Sono stato in Sicilia dal 29 agosto 2025 al 16 settembre per dare una mano alla Global Sumud Flotilla. Ho vissuto l’entusiasmo e le preoccupazioni umane, non politiche, meramente umane di questo grande movimento. Non molliamo. Il genocidio non si è fermato, ha solo cambiato modalità, ed è passato in secondo piano sui mass media. Non credo che si siano attenuati lo sdegno e la rabbia per la crudeltà degli israeliani. Si è visto pochi giorni fa che ci sono ancora milioni di persone in tutto il mondo che scendono per strada chiedendo di fermare il genocidio. Il governo italiano è complice. Come altri governi. Come si può pensare che la pace proclamata dagli USA e fotografata dalla risoluzione 2803 del consiglio di sicurezza ONU sia una vera pace? Non molliamo. Noi vogliamo la pace per i palestinesi martirizzati e per tutti i popoli martoriati dalle guerre.

Non bisogna aver paura di far sentire la propria voce. Non insegno niente, ma metto il mio corpo in piazza e peso quasi cento chili. La questura è preavvisata.